Mineralità è oggi una parola molto in voga nel mondo del vino, mentre fino a qualche anno fa era pressoché sconosciuta. Un vino di qualità sembra non possa fare a meno di un accenno di mineralità nel suo bouquet. Ma cosa significa veramente? Da cosa dipende? E può il solo suolo influire sulla sua comparsa? Dilemmi che hanno creato pareri discordati ma che impongono risposte, visto come la comunicazione ed il marketing bramino per questa parola. Il terreno di confronto è stata la 41esima edizione del Momevi, e l'80esima del Maf, tenutasi a Faenza (Ra) dal 24 al 26 marzo 2017.

Da una parte c'è chi dice che sia il suolo a determinarlo: soprattutto certi terreni ricchi di minerali e con alti livelli di cationi scambiabili. Altri dicono che sia la luce, che in alcuni vitigni ed in alcuni ambienti, attivi o inibisca processi biologici ed energetici che poi modificano sapori ed odori del vino. Altri ancora indicano altri aspetti come influenzanti: il metabolismo della vite, i lieviti indigeni, i batteri propri di un terreno, le pratiche di cantine.
 
Una fase del convegno sulla mineralità durante il Momevi 2017 (Fonte foto: ©AgroNotizie.it)

Un ottimo compagno di viaggio
"La mineralità coinvolge sia aspetti olfattivi che sensoriali - spiega Raffaele Guzzon, ricercatore presso la Fondazione Edmund Mach -. Ma non c'è unanimità di consenso su quali siano le sue principali caratteristiche e su quali siano i fattori scatenanti. Anche un panel di assaggiatori esperti ha una certa difficoltà nel riconoscerlo, in degustazioni comparative e svolte alla cieca.
E' ovvio che la vite per nutrirsi tragga dal suolo micro e macro elementi. Tuttavia c'è differenza tra elementi minerali (intesi come ioni) ed elementi minerali (intesi come roccia). Questi ultimi spesso hanno una capacità d'interazione con la vite pressoché nulla. Senza dimenticare che la vite è uno straordinario 'filtro' tra il suolo ed i grappoli. Infine il processo di vinificazione stravolge nuovamente il quadro compositivo.
Al di là delle applicazioni tecniche, chimiche, biologiche o di marketing il concetto di mineralità può essere un ottimo compagno di viaggio per approfondire la conoscenza delle zone vitivinicole, della loro storia e della loro natura, così come di quella degli uomini che le abitano".

 

Una fase del convegno sulla mineralità durante il Momevi 2017
(Fonte foto: © AgroNotizie.it)

Mineralità e terroir, un bel connubio
"Questo descrittore - spiega Giuseppina Paola Parpinello, ricercatrice presso Dista dell'Unibo - è spesso associato al concetto di terroir con l'obiettivo di sottolineare e giustificare l'originalità e la peculiarità del vino.
Nonostante ciò il termine mineralità trasmette uno dei concetti più controversi dal punto di vista chimico. Sono molti i riferimenti olfattivi utilizzati per descrivere questa caratteristica: dalla pietra alla grafite, dal fumo al petrolio. Ma anche il gesso, lo iodio, l'ostrica. Una tale gamma di descrittori include ovviamente composti chimici appartenenti a famiglie anche molto distanti tra loro. In questo contesto diviene difficile risalire agli elementi chimici che rendono un vino minerale. Allora la mineralità è un mito da sfatare? Diversi studi sono stati fatti per rispondere a questa domanda, ma è difficile stabilire se questa caratteristica sia attribuibile ad una sola componente o a più elementi che agiscono in sinergia".

 

Una fase del convegno sulla mineralità durante il Momevi 2017
(Fonte foto: © AgroNotizie.it)

Diversità dei suoli italiani e caratteriszzazione dei vini
Qualità e quantità del vino sono influenzate dal terreno e questo deve essere salvaguardato.

"Lo studio delle relazioni - spiega Edoardo Costantini, direttore del Crea Agricoltura e ambiente di Firenze - fra caratteri naturali dell'ambiente di produzione e la qualità del vino evidenzia spesso l'esistenza di una specificità, generalmente indicata con il termine di vocazione viticola. L'elemento base della vocazione viticola è dunque il territiorio. E' quindi dall'interazione tra i fattori naturali e umani che nascono le peculiarità del vino.
L'elevato numero di aree vocate alla produzione vitivinicola molto diverse tra loro è pertanto da ritenersi un elemento di valore per l'Italia, insieme alla grande ricchezza dei vitigni autoctoni.
L'analisi dei diversi fattori che portano all'espressione qualitativa dei vini è stata oggetto di numerosi studi scientifici, i quali hanno evidenziato il fondamentale contributo che la geologia e la geomorfologia apportano alle peculiarità delle aree viticole. Questi fattori contribuiscono a determinare i caratteri e la qualità del suolo.
In particolare i caratteri condizionano la nutrizione idrica e minerale: capacità di ritenzione idrica, profondità e volume esplorabile dalle radici, pietrosità, colore, drenaggio superficiale e profondo, ricchezza in calcare attivo nonché macro e micro elementi".

 

Suolo e viticoltura in Emilia Romagna
La vite è sicuramente una coltura che si adatta alle più svariate condizioni ambientali. Dall'altra parte però solo certe combinazioni dei vari protagonisti (vitigno, portinnesto, suolo, clima e uomo) consentono la massima espressione qualitativa.

"In Emilia Romagna - spiega Carla Scotti, di Iter - sono stati realizzati diversi studi per definire al meglio questo equilibrio. Un esempio è costituito dal progetto 'Alla scoperta delle terre e dei tesori piacentini', promosso dal Consorzio Strada dei vini e dei sapori dei Colli Piacentini e realizzato dall Cooperativa I.Ter con la collaborazione dell'Università Cattolica di Piacenza. Tutto ciò a permesso di avvicinarci ulteriormente alle esigenze dei produttori vitivinicoli. Il risultato ha inoltre messo in evidenza come il suolo può esercitare una certa influenza su alcune importanti varietà emiliano-romagnole".
 

Sostenibilità e vini bio, trend di mercato
Con un valore vicino ai 290 milioni di euro, nel 2016 l'export di vino emiliano-romagnolo ha messo a segno una crescita di quasi il 5% rispetto all'anno scorso.
"Si tratta di un segnale positivo - commenta Denis Pantini, di Nomisma - che interrompe un biennio di cali iniziato nel 2014. Questo recupero si inserisce in un trend di sviluppo che ha visto il vino italiano, per lo stesso anno, ritoccare verso l'alto il proprio record arrivando a quasi 5,6 miliardi di euro. Queste performance fanno capire una volta di più come quello del vino sia oramai un mercato globale dove i consumi si stanno spostando da un continente all'altro, facendo nel contempo emergere nuove tendenze. La sostenibilità rappresenta una di queste, anche se permangono incertezze interpretative da parte del consumatore su cosa sia un vino 'sostenibile'".

Mercati orientali, tra mito e realtà
Se il mercato del vino è globale l'Asia rappresenta un'importante opportunità che va colta dalle aziende italiane.
"I mercati orientali sono una realtà - spiega Fabio Magnani, di PapaWine - che sta fiorendo sempre di più. Q
uello che manca ancora alle aziende italiane è la consapevolezza e la cultura verso questi mercati. Dobbiamo per prima cosa conoscerli bene ed interpretare bene gli aspetti positivi e negativi. Solo in questo modo potremo offrirgli qualche cosa adatto alle loro esigenze.
Oggi inoltre il mercato asiatico è sempre più consapevole e questo lo rende ancora più pronto. Non dobbiamo scordarci mai che per avere successo è necessario fare cultura e spiegare al meglio di che vino si tratta ed usare i corretti punti di riferimento".