"Più informazione, più formazione professionale, meno burocrazia e maggiore semplificazione, attenzione all’ambiente ma senza infierire su chi già ne ha cura quotidianamente, necessità di fare rete fra imprese e fra le stesse aree e filiere omogenee, e di confrontarsi sui mercati interno ed estero". Sono queste, in estrema sintesi, le richieste avanzate dal coordinatore degli assessori provinciali all’Agricoltura, Gianluca Pinotti, e dal mondo agricolo all’assessore regionale all’Agricoltura, Gianni Fava, nel corso della tavola rotonda sul tema "Costruiamo il Programma di sviluppo rurale 2014-2020 della Lombardia".

Il Programma di sviluppo rurale (Psr), questa volta sarà concertato con il mondo agricolo, ha assicurato l’assessore Fava, che ha invitato il presidente della VIII Commissione Agricoltura della Lombardia, Alessandro Fermi, "a convocare in audizione le rappresentanze professionali del settore, in modo da avere un quadro completo e impostare il Psr secondo le necessità del sistema".

Il presidente della Commissione Agricoltura, Fermi, dal canto suo ha posto l’attenzione su alcuni aspetti che caratterizzano lo scenario economico e che inevitabilmente influiranno sul prossimo Psr. "Rispetto a quello precedente, partito nel 2007 – ha specificato – il Psr 2014-2020 parte con un presupposto completamente diverso. Nel 2008 ha avuto inizio una grave crisi economica e le risorse ad oggi sono diminuite".
I temi sui quali le organizzazioni e la Regione Lombardia dovranno confrontarsi riguardano "la flessibilità delle risorse dal Primo al Secondo pilastro, l’eventualità di eliminare i contributi Pac ininfluenti per scopi produttivi, che permettono all’agricoltore di mangiare la pizza a Natale con la famiglia, ma anche l’affitto dei territori montani adibiti a pascolo, una pratica che oggi non ci sta più. Quanto ai contributi per i giovani, bisogna distinguere fra ricambio generazionale e nuovi imprenditori, che necessitano di maggiore attenzione", ha puntualizzato Fermi.

Le posizioni del mondo agricolo
Punta l’attenzione sulla definizione di "agricoltore attivo" Ettore Prandini, presidente di Coldiretti Lombardia. "Bisogna fare in modo che le risorse disponibili ricadano su chi svolge realmente attività agricola, togliendo dai beneficiari i soggetti economici come i campi da golf, gli aeroporti o anche i grandi proprietari terrieri che poco hanno a che fare con chi svolge l’attività direttamente – ha affermato -. Quanto alla possibilità di spostamento delle risorse, vorremmo fosse premiato di più il Secondo pilastro, senza dimenticare di dare attenzione alla biodiversità, al principio assicurativo per la tutela dei rischi in agricoltura, alle razze autoctone in tema di zootecnia. Quanto alla gestione delle risorse idriche, ritengo che debba essere stilato in Piano nazionale, riconoscendo comunque quello che le Regioni hanno già fatto in questi anni. Il nodo da sciogliere riguarda però il bilancio comunitario, se prima non viene definito rischiamo di fare una programmazione senza avere le risorse economiche per poi metterlo in campo".

Il presidente di Confagricoltura Lombardia, Antonio Boselli, ribadisce la richiesta di avere "Programmi di sviluppo rurale condivisi con altre regioni del Nord, per la difesa delle produzioni e dei redditi delle imprese. Va benissimo guardare al 220, ma non perdiamo di vista altre tappe intermedie fondamentali, come la fine del regime delle quote latte nel 2015. Siamo sicuri di essere pronti?", ha chiesto Boselli. E ancora: "Multifunzionalità per cercare nuovi sbocchi di mercato, formazione, internazionalizzazione e assistenza tecnica sono gli elementi sui quali concentrare gli sforzi", secondo il numero uno di Confagri Lombardia.

Roberto Cavaliere, presidente di Copagri Lombardia, ha messo in luce uno scenario positivo in termini di attenzione all’agricoltura, "con un aumento degli studenti delle Facoltà di Agraria. Ora bisogna correggere le politiche del passato, non sempre efficienti. Parlo ad esempio del disaccoppiamento, che ha avuto riflessi negativi sul prezzo del latte. Poi la capacità di spesa non è stata omogenea a livello territoriale. Servono progetti concreti che servano come motore di sviluppo del comparto agricolo".

Fabio Perini, presidente di Fedagri Confcooperative, è intervenuto anche in rappresentanza anche di Legacoop Agroalimentare e Agci Agrital e ha sollecitato interventi indirizzati a sostenere lo scenario dell’agricoltura nel 2020. "Per la cooperazione – ha spiegato Perini - il Psr dovrà essere infine lo strumento delle filiere agroalimentari lombarde, per una più trasparente distribuzione del valore aggiunto, affinché gli imprenditori agricoli lombardi diventino veramente e sempre più i protagonisti delle proprie rispettive filiere".

Dal presidente di Cia Lombardia, Mario Lanzi, è arrivato l’invito a "non abbandonare il sistema agricolo lombardo nel suo complesso. Abbiamo realtà differenti e dobbiamo accompagnare tanto le aziende di pianure quanto le aree svantaggiate, le grandi come le piccole aziende, in ogni indirizzo produttivo, perché nessuno deve rimanere indietro. Sarà inoltre necessario valutare su quali settori investire con la regionalizzazione e capire se la formula dei distretti è la soluzione ideale che ci può accompagnare di qui al 2020".