Svolta di Bruxelles sui biocarburanti: la Commissione europea propone di abbassare al 5% la quota di quelli ottenuti da derivati alimentari sul totale dei combustibili usati nel settore dei trasporti.
Due le ragioni: da una parte, l’impatto negativo sulla produzione alimentare, a cui i biofuels sottraggono la risorsa primaria, ovvero il suolo. E, di conseguenza, sui prezzi.
Inoltre, studi scientifici hanno dimostrato anche effetti deleteri sull’ambiente, con una produzione di emissioni di CO2 pari, se non addirittura superiore, rispetto ai combustibili fossili.

5% della quota di combustibili nei trasporti

Un contrordine che arriva inaspettatamente e che taglierà le gambe chi ha investito nei biocombustibili, secondo l’industria. Un processo inevitabile e risaputo, messo in atto non appena si sono sviluppate sufficienti conoscenze scientifiche nell’ambito, secondo l’esecutivo di Bruxelles.
Con la proposta annunciata mercoledì 17 ottobre, il target di rinnovabili nel settore del trasporto rimane fisso al 10%, ma solo per metà potranno contribuirvi i cosiddetti “biocarburanti di prima generazione”. Si tratta di quelli ottenuti da diversi tipi di coltivazioni: barbabietola, canna da zucchero, mais (bioetanoli), nonché dall’olio di piante quali colza, soia, palma etc. (biodiesel).
“Non si tratta di chiudere le imprese dall’oggi al domani – rivendica uno dei due Commissari incaricati della proposta, la danese Connie Hedegaard, responsabile al Clima, di fronte a chi parla di investimenti vanificati e posti di lavoro da tagliare – bisogna però dare un segnale chiaro all’industria: sì ai biocarburanti, ma solo se sostenibili”.
Secondo l’Esecutivo di Bruxelles, inoltre, quel 5% indicato come tetto massimo corrisponde all’incirca all’attuale produzione (che oscillerebbe intorno al 4,5%): di fatto, quindi, non si impongono drastici tagli al settore, ma si chiede che non cresca ulteriormente.

Impatto ambientale dei biocarburanti

Il target del 10% di rinnovabili nel trasporto entro il 2020 rimane fisso, ma i biocarburanti di prima generazione potranno contribuire solo per metà all’obiettivo.
Ecco che il resto del lavoro, dunque, spetterà ai biofuels “di seconda e terza generazione”, quelli che sfruttano piante non di consumo alimentare (paglia, alghe) o residui di colture (rami, foglie, rifiuti alimentari).
Questo soprattutto perché, rispetto ai loro predecessori, hanno un minore impatto ambientale.

Nel passato, infatti, anche quelli di prima generazione erano stati incentivati nell’ottica di ridurre l’uso di combustibili fossili e, quindi, l’emissione di anidride carbonica.
Ma studi più recenti hanno dimostrato che anche i biofuels producono un consistente quantitativo di CO2: sottraendo terreno alle colture, impongono la creazione di nuove superfici per coltivare, che vengono ottenute disboscando, distruggendo ecosistemi, erodendo suoli.
Un effetto noto come “cambio di destinazione agricola” (in inglese Iluc, Indirect land use change) che, se calcolato nell’impatto ambientale dei biocarburanti, li rende inquinanti tanto quanto i combustibili fossili, se non di più.

Stop agli incentivi dal 2020 per i biocarburanti di prima generazione

Nel futuro, quindi, bioetanoli e biodiesel non riceveranno più incentivi (a partire dal 2020), mentre i sussidi andranno ai carburanti che sfruttano rifiuti o piante non alimentari, proprio perché non hanno “effetti collaterali” sull’ambiente, ma anche perché non concorrenziali rispetto alla produzione di cibo.

L’ultima proposta di modifica dell’attuale normativa, infine, è l’aumento dal 35% al 60% della soglia minima di riduzione dei gas a effetto serra per i nuovi impianti, per scoraggiare ulteriori investimenti in questo tipo di combustibili che hanno dato scarsi risultati nella riduzione delle emissioni.
D’altro canto, la Commissione promette di quadruplicare il peso dei carburanti più avanzati nel computo del raggiungimento del target fissato al 10%.

“Non si può espandere una produzione non sostenibile - scandiscono la Commissaria Hedegaard e il suo collega Günther Oettinger, responsabile al portafoglio Energia - non possiamo permetterci che un problema già grande cresca ulteriormente. Stiamo dando un segnale: che i biocarburanti non sostenibili non rappresentano il futuro dell’Europa, e che bisogna guardare altrove”.