“La lotta alla mafia non può fermarsi a una sola stanza. La lotta alla mafia deve coinvolgere l’intero palazzo. All’opera del muratore deve affiancarsi quella dell’ingegnere”.
E' Giuseppe Politi, presidente Cia, a citare Giovanni Falcone in occasione della presentazione del quarto rapporto 'Cittadino agricoltore in sicurezza 2011' predisposto in collaborazione con la Fondazione Humus - centro ricerche Cia - e presentato il 10 luglio scorso nella sede del Cnel - osservatorio socio economico sulla criminalità, durante la quale sono stati resi noti i dati aggiornati al 2012.
Il 'palazzo' in questo caso è l'intera filiera agroalimentare. Se, infatti, fino a pochi anni fa, episodi quali furti di attrezzature e mezzi agricoli, usura, racket, abigeato, estorsioni e 'pizzo', discariche abusive e macellazioni clandestine, danneggiamento e incendi alle colture e molto altro ancora, erano maggiormente concentrati nelle regioni del Sud, adesso mafia, camorra, ‘ndrangheta e sacra corona unita si stanno espandendo a macchia d’olio.
Non più nel solo sud Italia
“Prima - si legge nel Rapporto - erano Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna le regioni in cui l’attività delle organizzazioni malavitose concentrava la sua azione ai danni dell’agricoltura. Ora, la malavita si sta espandendo in tutta Italia, in particolare nelle aree del nord”.
Gli oltre 250 reati commessi giornalmente – 8 all'ora – generano un business che supera i 50 miliardi di euro l'anno; le aziende agricole, rappresentano uno dei maggiori investimenti ma l'azione criminosa si spinge oltre andando ad imporre prezzi per i prodotti, pesature inferiori a quelle reali, estorsioni previo furto di mezzi agricoli, controllo del mercato fondiario e commerci illeciti.
I numeri della criminalità
Sul podio dei reati, per numero, i furti di attrezzature e mezzi agricoli con un danno economico di 4,5 miliardi di euro; seguono il raket – 3,5 miliardi di euro - e l'abigeato, un reato tanto antico quanto attuale oltre che in piena crescita tanto da far contare ogni anno centocinquantamila capi rubati tra bovini, suini ed equini, il più delle volte destinati alla macellazione clandestina.
Ai furti di bestiame si affiancano, secondo i dati diffusi nel rapporto, quelli di prodotti agricoli; parliamo di massicce sottrazioni di prodotto spesso direttamente in campo con scientifiche e organizzate operazioni di raccolta.
“La contingenza economica - spiega Cia -, alimenta oggi più che mai il fenomeno dell'usura di cui è vittima circa un terzo delle aziende agricole”. Sono oltre venticinquemila le imprese che negli ultimi cinque anni hanno dovuto chiudere per questa ragione con la diretta conseguenza di consegnare, tramite asta giudiziaria, aziende e terreni agricoli direttamente nelle mani di soggetti esterni al comparto chiudendo così un circolo vizioso.
Immancabile il dato relativo al caporalato e al lavoro nero che ricade soprattutto su extracomunitari e al quale si affianca un nuovo tipo di reato: l’assalto dei 'predoni del rame'. L'obiettivo questa volta riguarda contatori, cavi elettrici, generatori di energia, macchinari elettrici, tubi per pannelli solari e fotovoltaici, gronde per serre, pluviali di aziende e strutture con l'evidente danno immediato ma anche con il conseguente blocco di raccolti e coltivazioni in momenti cruciali per l’agricoltura.
In crescita i danni a carico di Agea e dell'Unione Europea così come l'agropirateria che nel 2011 ha portato a compiere oltre tredicimila sequestri da parte delle forze dell'ordine con conseguente danno economico – siamo oltre il miliardo di euro - ma anche al consumatore e alla sicurezza alimentare.
Perché tanto interesse?
Non c’è settore dell’economia che non sia finito tra i tentacoli della criminalità organizzata ma “l’agricoltura – scirive la Cia -, mostra maggiori e più gravi elementi di vulnerabilità legati alle inevitabili forme di isolamento geografico dei luoghi di lavoro e del livello di fragilità degli addetti. Il settore rappresenta un terreno fertile nel quale si possono sviluppare affari illeciti di grosse dimensioni; attraverso le campagne è possibile esercitare il controllo del territorio per utilizzarlo non solo come base per nascondigli, ma soprattutto come punto di partenza per ulteriori sviluppi imprenditoriali.
Il Rapporto rileva nelle campagne una criminalità autoctona; dal 2003, proprio per le dimensioni del fenomeno, è stato istituito nell’ambito della Direzione nazionale antimafia uno specifico servizio.
Che fare?
“Una ‘rete di imprese’ per contrastare la criminalità organizzata” è la proposta del presidente Cia secondo il quale è “indispensabile unire le associazioni di categoria per instaurare un rapporto continuo e costruttivo con le istituzioni, con la magistratura e con le forze dell’ordine così da debellare un ‘cancro' che sta corrodendo sempre di più l'economia, mettendo a rischio non solo la vita delle persone, ma anche la stessa sopravvivenza delle imprese'.
L'idea prevede la generazione di un rating di legalità delle imprese e l’istituzione presso l'Antitrust di un apposito albo. 'La premialità – fa sapere Politi - sarà tradotta in un accesso più facile ai finanziamenti pubblici e ai prestiti bancari”.
Non è mancata infine l'occasione per esprimere solidarietà alla cooperativa Libera in questi ultimi mesi vittima di diversi atti di “vandalismo spregevole e meschino” e con cui la Cia collabora da oltre dieci anni per un modello di sviluppo alternativo alla logica del sopruso e del ricatto e che, conclude Politi “ora ritroverà ancora più determinazione nella lotta alla criminalità”.