Lombardia
Fonti rinnovabili, Coldiretti contro Regione

"Che fine hanno fatto le regole che la Regione Lombardia aveva promesso?" si chiede Nino Andena, presidente di Coldiretti Lombardia, in riferimento alla "giungola delle bioenergie che sta divorando campi e cibo in Lombardia" e invitando l'assessore all'Ambiente Marcello Raimondi, a "limitare le speculazioni".

"All'inizio di quest'anno abbiamo chiesto l'emanazione urgente delle linee guida per la gestione delle fonti rinnovabili, ma per adesso non è stato fatto nulla".

La Coldiretti regionali sottolinea che "continua il boom degli impianti a biogas, che stanno creando le maggiori distorsioni sui valori dei terreni e sulla produzione di cibo". Secondo gli ultimi dati disponibili, in Lombardia ce ne sono 117 in funzione, 134 in programmazione e 64 in istruttoria. La provincia con la massima incidenza è Cremona (110 totali), poi ci sono Brescia (62) e Mantova (55). Fra le più piccole territorialmente è Lodi che conta il maggior numero di centrali (16 in funzione, 17 programmate e 5 in istruttoria). Pavia ne colleziona 25, Bergamo 16, Milano 7, Sondrio 2, Como e Lecco zero.

"Il problema non sono gli impianti a biogas o i fotovoltaici in quanto tali ma i maxi interventi che al posto di essere integrati nell'attività agricola diventano installazioni industriali che si mangiano suolo e produzione di cibo - spiega Andena - Anche per i pannelli fotovoltaici servono linee guida precise: invece di avere tappeti di silicio sui nostri campi, bisogna sfruttare i tetti, i magazzini, le stalle e tutte le coperture disponibili, che sono una riserva di spazio ancora sottoutilizzato. Solo così le fonti rinnovabili possono dirsi veramente sostenibili".

Non si fa attendere la replica dell'assessore Raimondi: "Stiamo lavorando come previsto alle linee guida regionali sulle fonti rinnovabili".

"Siamo anche noi - spiega l'assessore - per un giusto equilibrio tra l'esigenza di garantire una produzione di energia da fonti alternative e rinnovabili e la tutela del nostro patrimonio agricolo e paesaggistico".

Fonte: Coldiretti Lombardia e Agrapress

 

Campania
Costituito il Comitato vitivinicolo di Fedagri - Confcooperative Campania

E' stato costituito a Foglianise (Bn) il Comitato vitivinicolo di Fedagri - Confcooperative Campania, con l’obiettivo di sostenere la crescita della cooperazione vitivinicola regionale, attraverso il lavoro, il confronto e la definizione di proposte concrete per affrontare le principali sfide del settore.

“Il settore vitivinicolo - commenta Luigia Adiletta, presidente di Fedagri Campania - riveste da sempre un ruolo importante all’interno dell’agricoltura campana, con una produzione di 300 mila ettolitri di vino, per un fatturato di circa 25 milioni di euro. Per mantenere e rafforzare i risultati delle nostre aziende sul mercato, abbiamo ritenuto opportuno costituire un organismo dedicato, che abbia il compito di seguire le problematiche e le prospettive di sviluppo delle cooperative, anche alla luce delle profonde trasformazioni e dei cambiamenti che da 15 anni a questa parte stanno interessando la viticoltura a livello mondiale”.

“La crescita delle cooperative campane – ha commentato il responsabile nazionale del settore vitivinicolo di Fedagri Giuseppe Battistuzzi passa attraverso indispensabili processi di integrazione e aggregazione, che consentano di affrontare un mercato in continua evoluzione. Avere dimensioni di impresa adeguate, coniugate con competenze manageriali sono i presupposti fondamentali per rispondere al meglio alla crescente domanda di vino che arriva in modo particolare dall’estero. Di qui l’opportunità di sviluppare politiche di internazionalizzazione e di promozione verso i Paesi Terzi”. 

A tal riguardo, il Commissario di Confcooperative Campania Carlo Mitra ha evidenziato la necessità di creare delle società di scopo per gestire la promozione dei fondi Ocm vino verso i Paesi Terzi: “in Campania – ha spiegato – tale opportunità è ancora poco sfruttata. Bisogna battere questa strada creando progetti cui possano partecipare le cooperative aderenti per esportare i vini di eccellenza prodotti nel territorio campano”.

La questione dell’accesso al credito nel Mezzogiorno è stata invece affrontata da Piero Mendicino, direttore di Confcooperative Calabria, per il quale si tratta di “una piaga che mina la competitività delle nostre imprese e che va sconfitta attraverso adeguate misure che accrescano la disponibilità di credito per le cooperative del settore”.

Alla guida del Comitato Vitivinicolo di Fedagri Campania è stato eletto Giuseppe Rillo, presidente della Cooperativa Viticoltori del Taburno.

Fonte: Fedagri-Confcooperative Campania

 

Piemonte
Crisi delle pesche, produttori Confagricoltura pronti a non raccogliere i frutti

"I produttori di nettarine sono al collasso": è l'allarme del direttore di Confagricoltura Cuneo Roberto Abellonio, lanciato in occasione di un incontro tenutosi il 12 luglio a Savigliano (Cn). "Visti i prezzi irrisori con cui vengono remunerate pesche e nettarine hanno deciso di sospendere la raccolta e il conferimento della produzione da industria, cercando alternative maggiormente remunerative come la fornitura di frutta agli impianti a biogas presenti sul territorio".

Una delle principali cause del drastico calo dei consumi di frutta e verdura è da ricercarsi nella psicosi dovuta al batterio E. Coli, che si è diffusa tra l'opinione pubblica. Solo nell'ultima settimana il prezzo delle pesche è calato del 14%, delle nettarine del 25%; il caldo eccezionale ha anticipato la maturazione della frutta estiva ingolfando i mercati con prodotto nazionale ed estero. Sono crollate le quotazioni all'origine, con effetti disastrosi sui redditi delle aziende agricole.

In provincia di Cuneo i produttori stanno raccogliendo pesche nettarine di prima qualità che vengono retribuite molto poco sul mercato. "I prezzi di vendita non riescono a coprire neppure i costi di produzione – dichiara il presidente di sezione Carlo Barbero - Per questo tra le altre richieste avanzate da Confagricoltura c'è lo sgravio contributivo nei confronti delle aziende che assumono manodopera per il periodo della raccolta delle pesche".

Fonte: Autorivari

 

Marche
Costi e alluvione mettono in ginocchio l'agricoltura marchigiana

"Dinanzi a situazioni in cui un solo vivaio ha avuto danni per due milioni di euro, pensare che i tre stanziati dal Mipaaf possano essere giudicati accettabili è semplicemente assurdo". A sottolinearlo è la Coldiretti Marche dopo l'annuncio della ripartizione dei fondi per far fronte ai problemi causati dalla pioggia e dalle esondazioni dei fiumi al settore agricolo. 

Nella classifica la più colpita è stata la provincia di Macerata, con 51 milioni di euro, seguita da Ascoli Piceno (25 milioni di euro), Fermo (18 milioni di euro), Ancona (15 milioni di euro) e Pesaro (14 milioni di euro). 

"E' dunque di vitale importanza rivedere le scelte sullo stanziamento delle risorse - dice la Coldiretti regionale - ma serve anche una nuova politica del territorio che metta un freno al consumo indiscriminato di paesaggio, che ha contribuito ad aggravare il rischio idrogeologico e, con esso, gli effetti devastanti dell'alluvione. Basti pensare al problema della cementificazione del suolo agricolo".

Pesa sulle aziende agricole anche il boom del prezzo della benzina e del gasolio, che, spiega Coldiretti, "ha portato nel 2011 a far spendere 45 milioni di euro in più sulle strade e nelle campagne della nostra Regione". 

Sulla base dei dati del ministero dello Sviluppo economico relativi ai prodotti petroliferi, Coldiretti valuta che tra automobili, camion e trattori, sul territorio marchigiano siano stati consumati, nei primi sei mesi del 2011, oltre mezzo milione di tonnellate di carburanti, di cui 380mila di gasolio, 120mila di benzina e 50mila di gasolio agricolo.

Fonte: Coldiretti Marche

 

Emilia-Romagna
Patate, non c'è ancora l'accordo sul prezzo

Per la seconda volta dopo due settimane la Borsa patate di Bologna non ha fissato il prezzo di riferimento per l'accordo regionale, nonostante la campagna sia già iniziata e le produzioni quali-quantitative siano nella media.

Con l'accordo regionale i produttori dovrebbero cedere il prodotto a commercianti e cooperative, che commercializzano e, dopo alcuni acconti durante l'annata, vengono liquidati definitivamente dopo 11 mesi dalla raccolta.

"Dalla nostra parte quindi abbiamo fatto di tutto per credere in questo sistema che deve prendere le patate, conservarle e venderle, con tutti i rischi e le opportunità del caso" afferma Massimo Pirazzoli, vicepresidente Cia Emilia-Romagna e produttore di patate.

"Ma del resto questo non è il vero lavoro del commerciante e delle coop? - continua Pirazzoli - perché tutti noi produttori che consegniamo le patate finanziamo il lavoro commerciale. Questa dovrebbe essere la vera strategia del sistema Bologna, ma perché tale sistema non è in grado di sapere a quanto si possono vender le patate, nonostante vi siano prodotti a marchio? Il prezzo deve essere definito in base all'andamento del mercato? Nonostante il prezzo minimo garantito possa essere pari all'80% del prezzo di Borsa, i produttori si accollano anche questo rischio".

Secondo la Cia non si deve bloccare tutto a causa di un importante operatore commerciale che vuole fissare un prezzo basso. "Le motivazioni sono solo sue e della sua azienda - conclude Pirazzoli - e allora che la Borsa prenda coraggio e che vada ad una votazione in tempi brevi, altrimenti che si chiuda la Borsa e tutte le speranze che abbiamo riposto in questo strumento".

Fonte: Cia Emilia-Romagna

 

Toscana
Più giovani in agricoltura: in Regione 2.700 nove aziende in 6 anni

Ricambio generazionale fondamentale per garantire un futuro all'agricoltura. E in parallelo la necessità di poter contare sugli strumenti opportuni per svolgere un'adeguata attività imprenditoriale. Fondamentale sarà poi il ruolo della nuova Politica agricola comune 2013. 

E' in sintesi quanto emerso ad AgriYou-Terra Giovane, il progetto, promosso dalla Cia, in collaborazione con l'Agia-Associazione giovani imprenditori agricoli, che ha avuto il suo battesimo a Firenze con il primo seminario dal titolo 'Dalla competitività dell'impresa alla tutela del paesaggio, del patrimonio rurale, della natura e delle biodiversità. Ricambio generazionale, affiancamento, Banca della terra'.

La presidente di Agia Toscana Chiara Innocenti si è soffermata sul tema dell'affiancamento: "Si configura come una misura in cui un imprenditore giovane si 'affianca' a uno più anziano, titolare di un impresa agricola di dimensione economica tale da far partecipare il giovane al Premio di primo insediamento. Chi accede alla misura può contare quindi sia sul supporto economico del premio del primo insediamento che su quello del prepensionamento. Oltre agli incentivi di natura economica, la misura, adeguatamente applicata e sfruttata, è sicuramente utile a trasferire al giovane agricoltore le 'competenze' dell'imprenditore anziano". 

E' proficuo il dialogo che sta prendendo forma con la Regione Toscana in merito proprio a questi argomenti: attraverso lo strumento del Programma di sviluppo rurale, sono stati finanziati - nel quinquennio 2000-2006 – circa 2.700 nuovi insediamenti. Per la nuova programmazione i dati indicano altre 3.300 richieste di finanziamento, ma solo il 20% al momento gode della copertura finanziaria. 

"Dati che – ha aggiunto Innocenti – garantiscono alla Toscana un'incidenza dei giovani del 6-7% sul totale degli imprenditori agricoli, doppia rispetto al dato nazionale, ma insufficiente ad invertire la tendenza al progressivo invecchiamento medio degli addetti del comparto". 

Fonte: Cia Toscana

 

 

Umbria
Modifica al disciplinare dell'olio Dop Umbria

"Il superamento di quei vincoli che penalizzavano le imprese olivicole umbre, creando difficoltà operative per la molitura del prodotto, costituisce senz'altro un elemento positivo per la competitività del settore".

E' quanto afferma Coldiretti Umbria, in riferimento alla modifica del Disciplinare di produzione dell'olio extravergine di oliva Dop Umbria: con le variazioni apportate si potrà, tra l'altro, molire le olive delle cinque sottozone nell'ambito dell'intero territorio regionale.

"Di fronte alle tante criticità attuali del settore - afferma Coldiretti - la modifica rappresenta una risposta che va nella giusta direzione auspicata dalle tante imprese agricole del comparto".

Coldiretti invita comunque a proseguire gli sforzi per "soddisfare le legittime aspirazioni in termini reddituali delle imprese olivicole, proiettate verso un mercato sempre più attento anche alle eccellenze nostrane. In modo particolare serve privilegiare per l'olivicoltura regionale, progetti strutturati di filiera, ampliando la diffusione dell'olio Dop".

In Umbria, secondo le stime della Coldiretti, si trovano quasi 7,5 milioni di piante di olivo che coprono oltre 27.000 ettari e permettono di produrre mediamente circa 90.000 quintali di olio l'anno; mentre l'incidenza del comparto sulla Plv agricola regionale è di circa il 6%. Gli olivi sono per la maggior parte di varietà Moraiolo, che è la cultivar che simbolicamente e concretamente rappresenta l'olio umbro, di varietà comuni come Frantoio e Leccino e di cultivar autoctone, nell'areale del Trasimeno varietà Dolce Agogia, nell'areale di Giano dell'Umbria varietà San Felice e Nostrale di Rigali nell'areale di Gualdo Tadino.

La Dop dell'olio extravergine di oliva Umbria, istituita nel 1997, è l'unica denominazione italiana estesa all'intero territorio regionale, che è stato suddiviso in cinque sottozone (Colli Assisi-Spoleto, Colli Martani, Colli del Trasimeno, Colli Amerini e Colli Orvietani). Altro snodo essenziale della qualità dell'olio umbro, è il numero dei frantoi: circa 250, che, con una presenza così capillare sul territorio, permettono la frangitura immediata delle olive, senza che queste si deteriorino per una presenza troppo lunga in magazzino prima della lavorazione.

Fonte: Coldiretti Umbria

 

Veneto
Censimento agricolo, il Veneto brilla per le imprese altamente specializzate

"In dieci anni la campagna perde il 5% della superficie agricola utilizzata ma le imprese si radicano sul territorio aumentando la media aziendale e specializzandosi nelle produzioni". E' questo il bilancio di Coldiretti Veneto sui primi risultati del Censimento agricolo 2010. Nonostante si tratti ancora di dati provvisori, Coldiretti collega il calo soprattutto all'abbandono nelle zone di montagna del prato/pascolo (dei 45 mila ettari andati perduti ben 33 mila sono riferiti a questa tipologia,) mentre nelle altre aree rurali la superficie agricola è stata mantenuta dalle stesse aziende, nonostante le notevoli pressioni determinate dallo sviluppo infrastrutturale, commerciale e residenziale. 

I comparti trainanti dell'agricoltura veneta non hanno subito grandi variazioni: la vite è costante (73.000 ettari), i seminativi risentono di una lieve flessione (2%).

In sintesi, l'indagine nazionale rileva che l'agricoltura veneta rappresenta un sistema strutturato, dinamico, dai grandi numeri, che fa rete, mantiene il territorio, tutela l'ambiente e presidia gli ambiti marginali.

A far la differenza con il resto dell'Italia sono le produzioni ad alto valore aggiunto zootecniche, vitivinicole e ortofrutticole che rappresentano "il carattere distintivo dell'agricoltura regionale molto diversificata e variegata".

La produzione lorda vendibile è invariata su 4,7 miliardi di euro e si realizza su una superficie di 806 mila ettari, coltivata da 122 mila aziende agricole che occupano 60.000 addetti alle dipendenze o autonomi.

In questo decennio le fattorie si sono ridotte da 178 mila a 120 mila ma, sottolinea la Coldiretti, si sono "specializzate nelle coltivazioni tipiche, aumentando la dimensione media aziendale". Le 37 mila aziende che coltivano la vite hanno raddoppiato la loro superficie media (da meno di un ettaro a quasi due ettari), le 13 mila aziende con bovini hanno aumentato del 40% la loro mandria. L'allevamento di suini ha registrato un aumento del numero di capi allevati (+ 230.000 capi), così come quello avicolo (+10 milioni di capi), anche grazie all'elevato livello di specializzazione raggiunto nelle 1.765 aziende suinicole e 2.976 aziende avicole.

Fonte: Coldiretti Veneto

 

Basilicata
Salgono a 77 i prodotti agroalimentari tradizionali della Basilicata

Con il Fagiolo rosso scritto di Pantano di Pignola, il Rappascione di Viggianello (una zuppa di cereali e legumi), il Pane di patata di San Severino Lucano e il Pastizz rtunnar (calzone ripieno di carne tipico di Rotondella) salgono a 77 i prodotti agroalimentari tradizionali della Basilicata.

L'aggiornamento dell'elenco dei prodotti tradizionali è stato pubblicato dal ministero delle Politiche agricole con l'undicesima revisione.

I prodotti agroalimentari tradizionali sono quelli che, riconosciuti dal Decreto del ministro delle Politiche agricole n. 350 del 1999, si distinguono per metodi di lavorazione, conservazione e stagionatura che seguono la tradizione del territorio da un periodo di almeno 25 anni. L'elenco nazionale viene aggiornato annualmente coi i prodotti segnalati dalle Regioni.

Fonte: Alsia

 

Campania
9° Giornata frutticola regionale: gli atti del convegno

Sono disponibili sul sito della Regione Campania le relazioni della Giornata frutticola regionale, giunta alla nona edizione e organizzata dal Cra in collaborazione con la Provincia di Caserta e la Regione stessa.

Affiancato alla mostra pomologica, il convegno è stato dedicato al tema della 'Ecosostenibilità nella frutticoltura del mezzogiorno'.

• Scarica la brochure con il programma completo (pdf 197 Kb)

• Il Sistema di qualità nazionale di Produzione integrata - G. Ciotti (pdf 283 Kb?

• Ecosostenibilità nell’agricoltura campana: obiettivi e primi risultati - M. Passari (pdf 472 Kb) 

• Le linee guida nazionali di produzione integrata e i nuovi disciplinari di produzione integrata della Campania - M.R. Ingenito (pdf 683 Kb) 

• Le linee guida nazionali di produzione integrata e i nuovi disciplinari di produzione integrata della Campania - F.G. Tropiano (pdf 141 Kb) 

• La produzione integrata nella frutticoltura lucana - C. Mennone (pdf 1.0 Mb) 

• La batteriosi del kiwi, il punto sulla situazione in Italia - M. Scortichini (pdf 6.2 Mb) 

Fonte: Regione Campania