Prima un convegno, a Roma il 5 novembre, sui temi del made in Italy e poi, dal 10 al 15 novembre via libera ad “Apertamente”, spalancando i cancelli delle imprese per dare la possibilità  ai consumatori di conoscere da vicino le realtà che operano nel mondo dell'agroalimentare. Questi i momenti clou scelti da Federalimentare per sottolineare il traguardo dei 25 anni di questa associazione che riunisce le aziende italiane impegnate nella produzione di alimenti. “Abbiamo deciso di celebrare i 25 anni – ha detto il presidente di Federalimentare, Gian Domenico Auricchio – raccontando ai consumatori quanta responsabilità c'è nel “gusto” dei prodotti che si consumano ogni giorno sulle nostre tavole. Responsabilità intesa come attenzione alla sicurezza dei prodotti, alla trasparenza nei processi produttivi, alla ricerca costante della qualità.”

 

I numeri del settore

Una realtà, quella del settore agroalimentare, che poggia le sue basi su 6500 imprese il cui fatturato raggiunge quota 120 miliardi, che a fine anno farà registrare un significativo più 10% rispetto al 2007. Una conferma della capacità della industria alimentare di mantenere i ritmi di crescita anche nelle fasi economiche più critiche e turbolente. Aiuta a completare il quadro sul settore agroalimentare il dato relativo al  numero di addetti, che raggiunge quota 400mila e che sfiora i 2,5 milioni se si tiene conto di tutta la filiera.  Una filiera che tra i suoi punti di forza può anche annoverare la fiducia dei consumatori. Lo afferma un'indagine affidata a Monitor Doxa i cui risultati, presentati in occasione del 25° di Federalimentare, indicano che il 71% degli italiani dichiara di avere fiducia nei confronti della qualità dei prodotti alimentari.

 

Produzione e distribuzione

Quelli che abbiamo citato sono risultati importanti che le industrie del settore alimentare condividono con il mondo agricolo, cui spetta il compito di fornire una materia prima la cui eccellente qualità è poi valorizzata dalle trasformazioni industriali. E' merito invece delle industrie l'aver saputo seguire la profonda evoluzione delle preferenze dei consumatori avvenuta durante i 25 anni di attività di Federalimentare. Come messo in evidenza dalla relazione presentata da Roberto Ravazzoni dell'Università di Modena e Reggio Emilia, si è assistito ad una radicale trasformazione dei modelli di consumo. Se nel 1984 la spesa per la carne assommava al 33,8% del totale, nel 2007 questa voce della spesa è scesa al 23,6%, mentre per pane e cereali si è saliti dal 10,6% di 25 anni fa all'attuale 19,3%. Stabile invece il consumo di frutta, poco al di sopra del 18% del valore totale della spesa in generi alimentari.

Ancor più significativa l'evoluzione del sistema distributivo, con il crollo dei punti vendita tradizionali (il classico negozio sotto casa) e l'esplosione di super ed ipermercati che dai soli 402 punti vendita del 1970 sono “schizzati” a quota 8881 unità nel 2007. Una vera e propria rivoluzione che ha modificato il modo di fare la spesa degli italiani, tanto che oggi oltre l'80% degli acquisti di generi alimentari avviene a “libero servizio” (in pratica i supermercati) e solo il 17% transita attraverso il circuito della vendita assistita (il classico negozio al dettaglio). Una rivoluzione anche per gli equilibri di  mercato, che vedono la Gdo (grande distribuzione organizzata) giocare un ruolo di primo piano, come dimostra il  recente caso della crisi del Parmigiano Reggiano, della quale si è parlato anche su Agronotizie.

 

Industrie e agricoltura

Produzione, trasformazione, distribuzione e consumi dei prodotti alimentari sono dunque al centro di forti tendenze evolutive che vanno interpretate e se possibile anticipate per modulare la produzione in funzione dei nuovi equilibri di mercato. Le industrie agroalimentari hanno dimostrato in questi 25 anni di saper cogliere queste trasformazioni, tanto che mentre nel 1983 la struttura delle vendite vedeva  l'alimentare classico primeggiare con l'85%, nel 2008 questa percentuale è scesa al 66% per dare spazio ai nuovi prodotti e a quelli tradizionali ma evoluti e poi al segmento dei prodotti tipici e del biologico, inesistenti 25 anni fa e oggi con un peso significativo (10%). Un'evoluzione profonda, sospinta non solo dagli eventi del mercato, ma messa in atto anche con importanti investimenti nei segmenti della ricerca e dello sviluppo ai quali l'industria alimentare italiana dedica ogni anno circa 2 miliardi di euro, poco meno del 2% del fatturato del settore. Ulteriore dimostrazione, semmai ce ne fosse stato bisogno, di quanto sia importante affrontare il mercato con strumenti adeguati, anticipandone le richieste e le trasformazioni e non subendole passivamente. Una lezione che le industrie del settore sembrano avere appreso con profitto. Non altrettanto si può dire per il mondo agricolo. Ma si è sempre in tempo per recuperare, magari con una più stretta alleanza fra i protagonisti della filiera,  che devono essere partner di un identico progetto e non solo parti contrapposte di uno stesso mercato.