Aumentare il fatturato producendo meno. Parrebbe la formula perfetta per ogni impresa di successo, ma così non è.

Prendiamo il caso di quanto è accaduto alle imprese mangimistiche italiane lo scorso anno.

La produzione si è contratta del 4,3% passando da 15,6 milioni di tonnellate prodotte nel 2021 ai 14,967 milioni di tonnellate del 2022.

Al contempo lo scorso anno il fatturato ha sfiorato quota 12 miliardi, con una crescita di oltre il 23% rispetto al 2021.

 

Peccato che nel frattempo chi produce mangimi ha visto erodere i propri margini, in qualche caso tendenti a zero.

Tutta colpa dell'esplosione dei costi di produzione, con l'azione concomitante dell'impennata dei prezzi dell'energia e le turbolenze sulle quotazioni delle materie prime per l'alimentazione animale, in larga parte di importazione e in balia delle tensioni geopolitiche in atto.

 

Avicoli in sofferenza

Questo, in estrema sintesi, lo scenario descritto in occasione dell'assemblea di Assalzoo, l'associazione che riunisce la gran parte dell'industria mangimistica italiana.

"Numeri" dietro ai quali si celano le sofferenze di tutto il comparto zootecnico e non solo quello dei mangimifici.

Entrando nel dettaglio si scopre infatti che la minore produzione di mangimi riguarda in particolare il settore avicolo.

Qui si registra una diminuzione del 10,5%, con la produzione che dai 6,372 milioni di tonnellate del 2021 è scesa a 5,705 milioni di tonnellate.

Segnale delle conseguenze che hanno pesato su questo comparto a causa delle ondate di influenza aviaria.

 

Peggiorano i suini

Non va meglio per il comparto suinicolo.

La produzione di mangimi destinati a questo settore ha visto un taglio dell'1,4% fra il 2021 e il 2022, fermandosi a quota 4,043 milioni di tonnellate prodotte.

In questo caso a pesare sono gli effetti combinati del minore numero di animali in produzione (gli allevamenti erano reduci da una lunga crisi di mercato) e dai crescenti timori per l'allargarsi della minaccia della peste suina africana.

 

Solo il comparto bovino ha mantenuto le posizioni, registrando un aumento del'1,3% nel consumo di mangimi.

Anche in questo caso le motivazioni si possono trovare negli andamenti di mercato, dove in particolare il latte, insieme alla carne bovina, hanno registrato lo scorso anno una stagione sostanzialmente favorevole.

 

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Produzione di mangimi composti (quantità in migliaia di tonnellate)

(Fonte: Assalzoo)

 

Stessa "barca"

La "fotografia" del settore mangimistico che Assalzoo ha presentato è una conferma di come le vicende di tutta la filiera delle produzioni animali sia interconnessa.

Una consapevolezza che dovrebbe stimolare una visione comune del futuro di questo settore, coinvolgendo allevamenti, mangimisti, industrie di trasformazione del latte e della carne. Cosa complessa e forse per questo mai realizzata.

 

Va comunque riconosciuto ai produttori di mangimi lo sforzo nel contenere gli aumenti di prezzo nella fase più acuta dell'esplosione dei costi di produzione.

Lo ha ricordato anche il presidente di Assalzoo, Silvio Ferrari, che ha definito come un "falso positivo" l'aumento del fatturato delle aziende, che al contrario hanno visto la loro marginalità in qualche caso azzerarsi per sostenere gli allevatori in grave crisi. 


Affrancarsi dall'import

"Come presidente Assalzoo­­ - ha detto Ferrari - sono davvero fiero di come il settore mangimistico e i nostri associati siano stati in grado di affrontare una congiuntura economica di così eccezionale difficoltà, mantenendo l'attività produttiva, riuscendo a garantire prodotti di qualità sempre maggiore ed assicurando continuità di rifornimento agli allevatori".

 

Ferrari ha poi puntato il dito sulla forte dipendenza dall'estero per le materie prime per le quali abbiamo speso 132 milioni di euro nel 2022, contro i 76 milioni dell'anno precedente.

Per questo si invoca l'applicazione dei risultati della ricerca scientifica (e il pensiero corre al dibattito sulle Tea, le tecnologie di evoluzione assistita) per rispondere a una richiesta di prodotti alimentari made in Italy che si fa sempre più forte, sia sul mercato interno sia su quello di esportazione.