Il Go, le cui attività si sono appena concluse, ha realizzato un modello prototipale che preleva l'aria delle sale delle porcilaie rimuovendone l'ammoniaca e recuperandola come soluzione di solfato d'ammonio.
Il dispositivo sperimentale di lavaggio dell'aria (da qui il nome Ammonia washing machine che tradotto significa lavatrice per l'ammonica) è stato la risposta alla necessità di ridurre le emissioni di due importanti allevamenti suinicoli di Formigine, in provincia di Modena. Il comune ha il triste primato per le criticità della qualità dell'aria in Emilia Romagna, con decine di superamenti l'anno del limite giornaliero di PM10 e per il valore limite della media annuale di NO2 (biossido di azoto), causati dalla concentrazione di varie attività produttive e industriali.
Il prototipo realizzato dal progetto è stato testato nei due allevamenti partner del Go, in due differenti condizioni operative di porcilaie da ingrasso:
- prelevando l’aria da sopra il fessurato;
- aspirando l'aria dal sotto fessurato.
Nel primo caso, il prototipo è stato in grado di recuperare, sotto forma di soluzione di solfato d'ammonio, 6,5 chilogrammi di azoto per tonnellata di peso vivo presente in sala per anno, con un risparmio di emissioni ammoniacali in atmosfera pari a 0,7 chilogrammi NH3/anno per posto animale.
Nei test condotti aspirando l'aria da sotto il fessurato, il prototipo è stato in grado di recuperare 23,1 chilogrammi di azoto per tonnellata di peso vivo per anno, che significa aver evitato emissioni pari a 2,4 chilogrammi NH3/anno per posto animale.
La seconda modalità operativa ha permesso non solo di abbattere l'ammoniaca presente nella sala, ma anche di intercettare e recuperare le emissioni ammoniacali dal liquame presente nella fossa sottostante al pavimento fessurato.
Dispositivo sperimentale di lavaggio dell'aria
Da questi dati, se rapportati ai valori limite di riferimento delle BAT Conclusions relativi alle emissioni ammoniacali da ricoveri per suini da ingrasso già esistenti (Bref 2017), risulta che c'è stata una riduzione delle emissioni quantificabile tra il 20 e il 66%, in base alle condizioni operative del prototipo sperimentale.
Nell'ottica del nutrient recovery, inoltre, il piano ha previsto la valorizzazione della sospensione di solfato di ammonio prodotta. Le prove hanno previsto la sua stabilizzazione attraverso la miscelazione con la frazione solida del liquame; ciò ha permesso di ridurre le emissioni durante lo stoccaggio e incrementare il contenuto di azoto della frazione solida aumentandone le proprietà fertilizzanti.
Questi risultati hanno dimostrato che è possibile ridurre i danni derivanti dal rilascio di ammoniaca in atmosfera, recuperando azoto da destinare a fini fertilizzanti. Nel corso dei test è stato possibile produrre 394 litri di soluzione di solfato d'ammonio per tonnellata di peso vivo per anno con un titolo in azoto pari a 3,5% (di cui il 99% in forma ammoniacale) e un bassissimo tenore di solidi sospesi.
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Fonte: Agronotizie