Per ribadire quanto è importante il mercato comunitario - e, fra gli altri, quello italiano -, la Ahdb Beef & Lamb (la divisione di Agriculture and horticulture development board, ente britannico non governativo per il sostegno e lo sviluppo dell'industria agroalimentare), che rappresenta 110mila allevamenti bovini e ovini nella sola Inghilterra, ha fatto cucinare manzo e agnello da un gran maestro della cucina come Carlo Cracco, nel suo ristorante in Galleria a Milano. Carne di qualità preparata da un master chef.

Forse, molto probabilmente, non basterà per scongiurare una hard Brexit, un addio da parte del Regno Unito dal clan degli Stati membri dell'Unione europea e dalla quale i sudditi di sua maestà la Regina Elisabetta II hanno deciso di uscire con il referendum dello scorso 23 giugno 2016. Però è un segnale forte di attenzione verso un mercato più che strategico: vitale.

Carlo Cracco che cucina

"Il comparto bovino e ovino, che noi rappresentiamo insieme a quello dell'orticoltura, sono in particolare i settori che potenzialmente potrebbero essere più colpiti da una Brexit senza accordo", commenta Jeff Martin, responsabile Ahdb Beef & Lamb per il mercato italiano.

Il mercato europeo per la Gran Bretagna è fondamentale. Quando il Regno Unito aderì alla Comunità europea del 1973, già il 35% del suo commercio si sviluppava con gli allora dodici paesi che ne facevano parte. Nel 2014 la quota giunse al 45%.

Oggi il comparto agricolo britannico esporta i due terzi della sua produzione nel vecchio continente, importando dall'Unione europea quasi il 70% tra frutta, verdura, carne e altri generi alimentari.

Tra il 2013 e il 2017 l'Inghilterra ha esportato una media di oltre 84mila tonnellate all'anno di carne bovina fresca, pare un valore medio di 373 milioni di sterline. Durante questo periodo, l'export verso l'Unione europea ha rappresentato in media l'82% del totale. Irlanda, Olanda, Francia e Germania sono i principali paesi che hanno acquistato manzo britannico.

Sul fronte ovino, nello stesso quinquennio, la media delle esportazioni è stata di quasi 100mila tonnellate annue, pari a un valore medio di 392 milioni di sterline. Ancora una volta l'Europa è stata la principale destinazione, con una media dell'89% delle esportazioni britanniche complessive. Francia e Germania sono i principali paesi di destinazione, mentre l'Italia importa tagli anatomici già porzionati e confezionati, a differenza di Francia e Germania, che prediligono carcasse intere.

"Se sulle carni di provenienza britannica venissero applicati dazi doganali di un paese terzo, come avverrebbe in caso di una hard Brexit - afferma Jeff Martin - le esportazioni subirebbero una battuta d'arresto molto seria, con un crollo di competitività del settore e andrebbero persi 32mila posti di lavoro in un comparto che vanta una delle industrie di macellazione e lavorazione più all'avanguardia del mondo".


I numeri della zootecnia bovina e ovina del Regno Unito

Il Regno Unito conta 31 milioni di ovini, con 73.400 allevamenti e una storia che vanta 3mila anni di esperienza. Nel Regno Unito esistono 106 razze ovine: di montagna, da lana, per la produzione di carne, primitive e perfino "di palude". Nell'isola di North Ronaldsay, infatti, esiste una razza ovina che si nutre di sole alghe.

Nella sola Inghilterra sono allevati 5,5 milioni di bovini, che salgono a 9,9 milioni in tutta la Gran Bretagna. Gli allevamenti sono 97mila.
Il Regno Unito produce circa 900mila tonnellate di carni bovine (il 58% delle quali proviene dalla sola Inghilterra) ed è il terzo produttore di carne bovina in Europa.
Esistono molte razze di bovini quali Hereford, Aberdeen Angus, Red Devon, South Devon, Sussex, Galloway, Longhorn, Shorthorn, ma sono allevate anche razze continentali come Limousine, Charolais, Simmental e Blonde d'Aquitaine.


La strada verso l'uscita

Che cosa succederà lo si proverà faticosamente a capire già da oggi, lunedì primo aprile. Quando i deputati voteranno alcune delle opzioni alternative. Si prevede che ci sarà una maggioranza per indire un secondo referendum o per restare nell'unione doganale. Queste sono le due opzioni che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze durante la prima votazione, ma che comunque non ha raggiunto i numeri necessari. Di conseguenza, la premier Theresa May dovrà decidere come comportarsi, tenendo inevitabilmente conto però delle decisioni emerse in Parlamento.

"Il Regno Unito è oggettivamente diviso in due, c'è grande incertezza - analizza Maria Silvia Sacchi, giornalista del Corriere della Sera, che ha vissuto due anni a Londra -. Se anche si dovesse indire un nuovo referendum, i sondaggi indicano una percentuale in bilico tra il 49 e il 51 sul Remain".