"L'antibiotico resistenza è una spada di Damocle che minaccia di riportarci al Medioevo. E oggi si è fatto il maggior passo avanti per la salute pubblica".
Queste alcune delle parole che Françoise Grossetête ha detto a conclusione della riunione informale della Commisione ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare (Envi) del Parlamento europeo che si è tenuta nei giorni scorsi per dibattere questo argomento.

Ma cosa si è deciso di così importante nel contrasto al progredire dei fenomeni di antibiotico resistenza?
Semplicemente che gli antibiotici in campo animale non devono essere utilizzati per migliorare le prestazioni produttive.

Forse ci si è dimenticati che da oltre dieci anni in tutta Europa è vietato il ricorso agli antibiotici ad uso auxinico.
Si definiscono così i trattamenti a dosi minimali, in passato utilizzati per "pilotare" il microbiota digerente, favorendo il migliore utilizzo degli alimenti e impedendo al contempo la proliferazione di batteri "indesiderati".
Dunque nulla di nuovo sotto questo aspetto.
 

Indispensabile il veterinario

La risoluzione della Commissione Envi si spinge però oltre e indica quale altra strategia la limitazione all'uso degli antibiotici per la prevenzione delle malattie, cosa comunque da attuare sotto controllo veterinario.

Anche in questo caso nessuna novità. L'impiego degli antibiotici deve in ogni caso essere prescritto da un veterinario e il "fai da te" non è ammesso. Se accade, si tratta di un comportamento illecito e come tale perseguibile.
 

Antibiotici mirati

Fra gli argomenti affrontati anche l'invito a una netta divisione fra le molecole da utilizzare esclusivamente in campo veterinario e quali invece in campo umano.

Una raccomandazione che in passato le autorità sanitarie europee hanno più volte espresso.
Come pure si era già sottolineata la necessità di spronare la ricerca di nuove molecole in grado di sostituire quelle verso le quali si manifesta resistenza da parte dei batteri. Ma come dice l'antico adagio, "repetita iuvant".


Il nodo importazioni

Giusto il richiamo ai principi di reciprocità nelle importazioni da paesi terzi, tenuti a rispettare regole analoghe a quelle europee.

Un principio che è sempre utile ribadire, ma che ancora una volta non rappresenta un reale passo avanti rispetto all'esistente.


E la medicina umana?

Nessun cenno invece al ruolo e alle responsabilità della medicina umana nella comparsa di questi fenomeni di antibiotico resistenza, responsabili di migliaia di decessi ogni anno in tutta la Ue.
Episodi di antibiotico resistenza che non a caso si verificano con maggiore frequenza negli ambienti ospedalieri.

Dimenticarsi di questi aspetti contraddice il principio riassunto nella definizione "One Health", che riconosce giustamente l'importanza di lavorare su tutti i fronti, umano e animale, per garantire la salute.
 

Non solo gli animali

Attribuire il problema dell'antibiotico resistenza al solo mondo degli allevamenti non solo è sbagliato, ma rischia di compromettere il risultato finale.

Dimenticando per di più che da tempo negli allevamenti si è al lavoro per ridurre l'impiego degli antibiotici (emblematico il caso dell'avicoltura italiana, che in poco tempo li ha fortemente ridotti) e la loro sostituzione con altri antibatterici naturali.
 

Memorandum

Ora l'accordo (che non ha valore di legge) del quale si è fatta portavoce Françoise Grossetête verrà sottoposto a votazione nel Comitato Envi durante la riunione programmata per il 20 e 21 giugno.

Speriamo si ricordino di completare il quadro, evitando di colpevolizzare inutilmente gli allevamenti.