Due terzi degli antibiotici utilizzati al mondo non viene consumato da esseri umani, ma da animali. A maiali, mucche e polli allevati nei moderni impianti intensivi vengono somministrati antibatterici, ma solo nel 25% dei casi questo uso è terapeutico. Tre volte su quattro infatti all'animale vengono dati antibiotici di cui non ha bisogno. Il tutto si traduce in una spesa non necessaria per l'allevatore e in un impatto negativo sulla salute pubblica.

L'utilizzo massiccio e non circostanziato di antibiotici, dati spesso in via precauzionale, causa il fenomeno della resistenza. I batteri sono infatti soggetti a frequenti mutazioni alcune delle quali possono portare all'antibiotico-resistenza. Un fenomeno non controllabile, ma che viene accelerato da un uso disinvolto degli antibatterici negli allevamenti.

Nel 2016 è scoppiata una epidemia di Salmonella ed Escherichia coli in Gran Bretagna che ha avuto il suo epicentro in un allevamento di maiali che faceva un uso eccessivo di antibiotici. Secondo l'Unione europea la diffusione di ceppi di batteri resistenti è una delle minacce principali da affrontare nel breve periodo. Secondo i dati di Bruxelles le infezioni causate da batteri resistenti provocano almeno 25mila decessi all'anno nell'Unione europea.

Come individuare allora in maniera precoce gli animali malati? Oggi ci si affida ancora molto all'esperienza umana e anche se alcuni sistemi di diagnosi sono disponibili (come i collari che registrano la tosse), la mortalità dei maiali negli allevamenti del vecchio continente è del 17,5%. La tecnologia può cambiare le cose.

Serket è una startup accelerata da Startupbootcamp FoodTech che prova a dare una risposta ad una semplice domanda: è possibile allevare animali sani riducendo l'uso di antibiotici? "Assolutamente sì, grazie alla tecnologia è possibile individuare in maniera precoce un animale malato in modo da isolarlo dal gruppo e curarlo con gli antibiotici, senza dover somministrarli a tutto il gruppo", spiega ad AgroNotizie Kristof Nagy, giovane startupper ungherese che ha fondato in Olanda Serket e che ora si trova a Roma per il programma di accelerazione di Startupbootcamp FoodTech.

Serket ha messo a punto un algoritmo di riconoscimento facciale che è in grado di distinguere un maiale da un altro all'interno di un gruppo e di individuare un comportamento anomalo, spesso il sintomo di uno stato di malessere o di malattia. Ad esempio quando un maiale beve più del solito, in molti casi significa che è malato. L'algoritmo riconosce il comportamento atipico e avverte l'agricoltore che può dunque isolare il capo dal resto del gruppo e curarlo con gli antibiotici.

Ma da dove arrivano le immagini? Oggi negli allevamenti sono già installate molte telecamere per ragioni di sicurezza o per la sorveglianza del bestiame. L'Intelligenza artificiale di Serket è in grado di 'digerire' queste immagini e applicare gli algoritmi di riconoscimento. Caratteristica questa che evita di dover applicare etichette alle orecchie degli animali: una sofferenza per il bestiame e un costo per l'agricoltore.

Il sistema ha diversi vantaggi. Prima di tutto permette di abbattere i coti legati agli antibiotici utilizzati in azienda. Un minor uso significa una contrazione delle spese e un prodotto di maggiore qualità. Inoltre "grazie alla nostra piattaforma siamo in grado di diminuire drasticamente la mortalità degli animali negli allevamenti", spiega Kristof. In aggiunta si evita l'insorgere di resistenze batteriche e si migliora il benessere degli animali, che sono curati in maniera tempestiva e mirata.

L'Unione europea ha come priorità quella di ridurre l'abuso di antibiotici e anche i consumatori sono sempre più attenti davanti allo scaffale del supermercato. Senza contare che la stessa grande distribuzione sta chiedendo ai propri fornitori standard sempre più stringenti anche sull'uso dei farmaci. Coop ha introdotto una linea di polli 'antibiotic free' e sta espandendo l'esperienza anche alla carne suina e bovina.