Il futuro del latte oltre il 2015. Cioè quando il regime delle quote latte, dopo un’applicazione trentennale, andrà in soffitta, lasciando il campo aperto alla libertà di impresa e ad un mercato senza tetti produttivi.
Che fare, dunque? Come tutelare i produttori? Sono questi i temi al centro dell’incontro in programma a Bruxelles il prossimo martedì.

Salvo sorprese, non accadrà nulla di quanto preconizzato solo alcuni mesi fa, quando lo stesso Paolo De Castro, presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento europeo, ventilava l’ipotesi di un Pacchetto Latte 2.
Non si può escludere a priori, perché il commissario Dacian Ciolos, la cui riforma della Pac si appresta ad essere approvata in una versione annacquata rispetto alla proposta iniziale, potrebbe voler lasciare il segno anche sul comparto lattiero caseario.

Per ora, a vigilare sull’andamento del settore c’è il Pacchetto Latte, che riconosce una corsia preferenziale alle organizzazioni di produttori, consente una programmazione produttiva dei formaggi Dop, cerca di ridurre le oscillazioni troppo brusche di mercato, non sempre con successo, a quanto pare.
L’orologio gira, visto che alla liberalizzazione del settore, prevista dal 1° aprile 2015, manca un anno e mezzo.
Martedì prossimo i rappresentanti degli Stati membri, dei governi, delle associazioni di categoria ascolteranno la relazione dei sei saggi, chiamati a indicare un percorso per far sì che l’atterraggio nel grande mare del latte libero sia effettivamente morbido.

L’unica certezza, ad oggi, sembra appunto la fine delle quote latte e dei regimi protetti. Cosa accadrà dopo è difficile premonirlo, anche se appunto, a quanto pare, l’appuntamento in calendario sempre più una tappa conoscitiva che decisionale.
Sarà fondamentale, comunque, rafforzare gli strumenti di mercato, lo stoccaggio privato, gli interventi pubblici, eventuali misure specifiche nell’ambito dello sviluppo rurale.

Ma quanto accadrà non è dato sapere e nemmeno sembra essere uniforme. L’Italia al momento sta producendo nel rispetto della propria quota nazionale. Altri Paesi, invece, sono oltre il tetto assegnato. La Germania sta lavorando per esportare il prodotto dove il mercato sembra più generoso e ha un filo diretto con la Cina.

Il mercato a livello globale sembra essere positivo. La produzione di latte in Nuova Zelanda, come sottolineano anche gli esperti di Clal, è in aumento ed i volumi sono allo stesso livello o leggermente superiori ad un anno fa. La polvere di latte intero è il principale prodotto trasformato, in quanto più remunerativo.
Restando in Oceania, la produzione di latte in Australia è in progressivo aumento ed i volumi sono pressoché simili a quelli di un anno fa. Il caldo ha favorito la crescita dei pascoli e dei raccolti ed anche le vacche da latte sono in un buono stato.
Il prezzo del latte, che in Italia ha visto il record di 51,5 centesimi al litro per il prodotto in cisterna, potrebbe aumentare ancora. Una boccata d’ossigeno, almeno per ora, per i produttori. L’importante, dicono alcune fonti n vista dell’appuntamento di Bruxelles, è che non ci si faccia abbagliare dall’ottimismo, perché potrebbe essere fatale alla prima folata di vento.