Della crisi del settore suinicolo se ne parla da tempo. Ancora non si sono smaltite le conseguenze del 2008, anno in cui le difficoltà di mercato hanno raggiunto il loro picco più alto, e già si ripropone una stagione non meno complicata. A iniziare dai prezzi che anche nella prima settimana di marzo vedono penalizzati i suini pesanti. Le quotazioni si sono fermate a 1,17 euro al chilo per gli animali di peso sino a
I prezzi medi del 2009 (fonte Anas) | |||
Categoria | Piazza | Prezzo | Variazione su 2008 (%) |
Suinetti | Modena | 2,903 | 13,6 |
90-115 kg | Modena | 1,344 | -5,4 |
156-176 kg | Mantova | 1,220 | -7,5 |
Dal Cun, lo ricordiamo, dipende il mercato unico per il settore suinicolo istituito dal ministero dell'Agricoltura per rispondere alla crisi del settore. Anche questo è il segnale del “braccio di ferro” che da tempo vede contrapposti allevamenti e industrie di trasformazione. I primi legittimamente fermi sulle loro richieste di un prezzo capace di dare un margine, i secondi alle prese con la necessità di tenere prezzi bassi nel timore di perdere fasce di consumo.
Il caso Italia
Sul difficile equilibrio fra allevamenti e industrie di trasformazione si gioca il destino della nostra suinicoltura, unica in tutta Europa ad essere specializzata nella produzione del suino pesante (rappresenta gran parte della produzione italiana), l'unico dal quale si possono ottenere, ad esempio, i prosciutti a marchio Dop.
Il patrimonio suinicolo in alcuni Stati europei (000 capi - elaborazioni Ismea su dati Eurostat) | ||
Nazione | Anno 2009 | variazione (% su 2008) |
Germania | 26887 | 0,7 |
Francia | 14341 | -2,1 |
Danimarca | 12436 | 0,7 |
Italia | 9234 | -0,6 |
Belgio | 6304 | 0,7 |
Romania | 4805 | -5,6 |
Regno Unito | 4636 | -1,7 |
Un settore che vale 2,3 miliardi di euro e che occupa almeno 130mila persone, il cui futuro professionale è messo in forse da questa crisi, difficile da sconfiggere. Non è stato sufficiente istituire il mercato unico nazionale e nemmeno spingere sulle carni del Gran Suino Padano
Difficile programmare
Fra i punti del “piano suinicolo” rientrava anche la programmazione della produzione, mirata ad evitare eccessi produttivi. A limitare la produzione, non solo in Italia ma in tutta la Ue, ci ha pensato la crisi, con una riduzione del numero dei capi allevati (-0,6% in Italia, - 5,6% in Romania) e una flessione del 6% della quantità di carne suina prodotta nei primi sei mesi del 2009.
Il patrimonio suinicolo italiano (stime Anas su 2009) | ||
000 capi | Variazione (% su 2008) | |
Suini | 12930 | -0,8 |
Suini certificati per Dop | 8600 | -5,7 |
Import (suini vivi) | 647 | 10,4 |
Una situazione dalla quale ci si aspettavano benefici per il prezzo di mercato, annullati invece dal contemporaneo aumento delle importazioni extra-Ue e in particolare dal Cile (+16%). Il calo delle esportazioni comunitarie, specie verso gli Usa, ha complicato ulteriormente lo scenario, accentuando la stagnazione o il calo dei prezzi.
Meno Dop
Per l'Italia il 2009 si è chiuso con un significativo calo del numero di suini certificati per i circuiti dei principali Dop. Nei primi otto mesi dello scorso anno Ismea segnala una riduzione consistente dei cosci avviati alla salatura sia per il San Daniele sia per il Parma, tra i principali prosciutti Dop italiani. E' il segnale dell'orientamento verso la produzione di prosciutti non certificati e di basso prezzo. Un orientamento che i Consorzi di tutela dovrebbero cercare di arginare. E che gli allevatori dovrebbero contrastare con ogni strumento. Ma i Consorzi hanno poche risorse e gli allevatori sono “disarmati” di fronte al mercato, deboli come sono sotto il profilo organizzativo e schiacciati fra la necessità di riempire gli stalli per ammortizzare gli impianti e costretti a vendere gli animali giunti a fine ciclo, non importa a quale prezzo. Una spirale dalla quale è difficile uscire senza strutture associative forti ed efficienti. Che in pochi, però, sembrano volere.