Ci sono degli alimenti che l'uomo è abituato a mangiare ma che per loro natura possono anche giovare alla salute delle piante: è il caso, per esempio, del saccarosio che è un elicitore in grado di indurre nelle piante la biosintesi di metaboliti implicati nelle risposte difensive. Come lo zucchero, ci sono tantissimi altri alimenti comuni nelle nostre diete che possono proteggere le piante dalle malattie e dai patogeni. La birra per esempio è un molluschicida e il latte può uccidere funghi e virus.
Queste sono dette sostanze di base e sono prodotti di uso comune, solitamente approvati per utilizzo alimentare, che trovano utilità nella protezione delle colture. Sono state introdotte per la prima volta nel Regolamento 1107/2009 sui prodotti fitosanitari; ad oggi sono ormai 24 i prodotti approvati che rientrano in questa categoria.
Di queste sostanze e dei loro impieghi se ne è parlato durante la lezione del corso di alta formazione Biosolution Academy tenuta da Gianfranco Romanazzi dell'Università Politecnica delle Marche e da Daniele Pederzoli di Ibma Italia.
Le sostanze di base: prodotti e impieghi
È necessario fare una premessa quando si parla di sostanze di base: si tratta di prodotti che integrano e non sostituiscono gli agrofarmaci. Il loro utilizzo, se applicate in modo corretto, può portare ad una riduzione nell'impiego di prodotti di sintesi.
Le sostanze di base sono vantaggiose anche perché sono quasi tutte impiegabili in agricoltura biologica, non lasciano residui e possono essere utilizzate anche in ambito domestico, hobbistico e di giardinaggio.
Uno stato membro o qualsiasi soggetto interessato può presentare la domanda per l'approvazione di una sostanza di base alla Commissione Ue e il relativo dossier. A seconda degli usi proposti potrebbe non richiedere integrazioni per dimostrarne la sicurezza ambientale, visto che quella per l'uomo è già assicurata dalla sua approvazione per uso alimentare. L'approvazione richiede un timing di circa 12-18 mesi e la domanda viene valutata anche dall'Efsa, Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare.
Ci sono ben 22 sostanze di base ad oggi autorizzate per l'agricoltura biologica e sono quelle riportate nella tabella 1, dove manca, però, il chitosano di origine fungina approvato in data 11/04/2022. A queste si aggiungono 2 sostanze di base ad oggi autorizzate ma non ammesse in agricoltura biologica: il talco con funzione fungicida e insettifuga e il carbone argilloso con funzione di protettore.
Tabella 1 - Sostanze di base ammesse in agricoltura biologica
(Fonte foto: Agronotizie®)
Per fare un esempio, la sostanza di base Salix spp. cortex, cioè la corteccia di salice, è generalmente utilizzata per uso medicale, tuttavia sono autorizzati gli usi come sostanza di base in qualità di fungicida. La modalità d'uso è quella del decotto che viene preparato portando a 80 °C 30 litri di acqua e aggiungendo 200 grammi di corteccia di salice per 2 ore.
Si può usare su pesco (Prunus persica) e melo (Malus spp.) con l'obiettivo di controllare la bolla del pesco (Taphirinia deformas), la ticchiolatura del melo (Venturia inaequalis) e l'oidio (Podosphaera leucotricha).
L'impiego delle sostanze di base ha comunque delle criticità. In primis il costo e la purezza delle materie prime che limitano ancora il loro utilizzo in campo, ma anche la difficoltà nella produzione dei preparati e, generalmente, un'efficacia contenuta.
L'esempio del chitosano
Lo si trova in farmacia o al supermercato nei prodotti per le diete dimagranti. Ma che cos'è nello specifico il chitosano? Si tratta di un polisaccaride ad alto peso molecolare che si ottiene dalla deacetilazione della chitina presente nelle pareti delle cellule fungine e negli esoscheletri degli artropodi, come insetti e crostacei.
Sono molteplici gli usi del chitosano. È contenuto in alcuni shampoo, viene impiegato in ambito industriale per purificare le acque marine dai composti oleosi, è un integratore alimentare e per le sue proprietà filmogeniche, è un rivestimento conservante ideale per frutta e verdura fresca, in quanto prolunga la durata di conservazione e controlla la decomposizione di fragole, litchi e mele.
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In campo agricolo è classificato come sostanza di base perché agisce come elicitore, cioè induce nelle piante la biosintesi di metaboliti e varie sostanze, come per esempio le fitoalessine, che sono alla base delle risposte difensive delle colture verso diversi patogeni.
Tra le criticità il costo: un trattamento antiperonosporico con chitosano (volumi di 300-600 litri ad ettaro e concentrazione dello 0,5% di principio attivo), costa circa 150-300 euro ad ettaro, contro i 12-15 euro ad ettaro di trattamento con prodotti a base di rame.
A questo proposito, il progetto Vitinnova dell'Università Politecnica delle Marche ha dimostrato che il chitosano cloridrato è in grado di contenere la peronospora della vite più o meno allo stesso livello del rame. L'obiettivo del progetto è stato proprio quello di innovare le strategie di protezione antiperonosporica delle viti in biologico attraverso l'uso di sostanze alternative al rame, come il chitosano, per ottenere la produzione di vini con un uso ridotto o assente del metallo pesante, che è noto accumularsi nei terreni vitati ed il cui apporto è soggetto a restrizioni, con limiti di utilizzo probabilmente destinati a ridursi ulteriormente.
I risultati del progetto hanno evidenziato la possibilità di utilizzare il chitosano, da solo, alternato o combinato con il rame, nella protezione antiperonosporica della vite.
Una ricerca, invece, ha studiato l'effetto dei trattamenti pre e post raccolta con chitosano sui marciumi della fragola. Convenzionalmente, queste malattie sono gestite con trattamenti fungicidi alla fioritura e ripetuti fino al raccolto. Tuttavia, in biologico e dopo il raccolto, l'uso di fungicidi sintetici non è consentito; c'è quindi bisogno di alternative. Il chitosano riduce la muffa grigia e il marciume da Rhizopus delle fragole attraverso la riduzione della crescita del micelio e della germinazione delle spore, come pure l'induzione di alterazioni morfologiche negli organismi causali.
Uno studio ha testato anche l'efficacia dei trattamenti pre e post raccolta con chitosano per il controllo della Botrytis cinerea sulle uve da tavola. La muffa grigia provoca gravi perdite di uva da tavola in campo e costituisce un grosso ostacolo al loro trasporto e stoccaggio a lunga distanza. In Italia non sono autorizzati fungicidi di sintesi per controllare il marciume dell'uva da tavola dopo la vendemmia.
Nei trattamenti post raccolta, i grappoli immersi in soluzioni di chitosano e inoculati con il patogeno hanno mostrato una riduzione dell'incidenza, della gravità e della nidificazione della muffa grigia, rispetto al controllo. Bacche singole ferite artificialmente, trattate con il polimero e inoculate con B. cinerea hanno mostrato una percentuale ridotta di bacche infette.
Questo articolo è stato modificato dopo la pubblicazione in data 15 giugno 2023 nella parte riguardante le 23 sostanze di base approvate ai sensi del Regolamento 1107/2009. Non sono 23 ma 24 perchè è presente anche il chitosano di origine fungina approvato in data 11/04/2022.
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