Una delle pratiche più comuni svolte in campo è il diserbo. Lo scopo è quello di gestire e/o controllare la presenza di piante dette infestanti che ostacolano la produzione agricola con la competizione o la parassitizzazione delle piante coltivate.

Per quanto comune possa essere, il diserbo, che sia di tipo fisico, chimico o biologico, non è una pratica da sottovalutare. Molte sono le informazioni da conoscere relative alla biologia delle piante infestanti per imparare a gestirle in maniera sostenibile.

Inoltre, non dobbiamo dimenticarci che diverse pratiche agronomiche possono favorire la selezione di comunità di malerbe resistenti al controllo, ad esempio le continue monosuccessioni e l'elevata frequenza e le alte dosi nell'uso degli erbicidi.


Che cos'è una malerba?

Per cominciare, nessuna pianta è infestante. Il concetto alla base è relativo e deriva da una visione puramente antropocentrica: una pianta infestante, detta anche malerba (herba mala) è una pianta ritenuta dall'uomo non utile perché vive dove non dovrebbe danneggiando la sua attività (produttiva e/o ricreativa), limitando il valore funzionale ed estetico delle sue opere, come ad esempio un campo coltivato, una strada, un tappeto erboso o un'area archeologica.

Una pianta infestante possiede generalmente una serie di caratteristiche vantaggiose che le permettono di svilupparsi velocemente e in gran numero. Queste sono:

  • maggiore capacità germinativa;
  • minore velocità di germinazione;
  • maggiore capacità di prelievo dei nutrienti;
  • minore taglia dei semi e della piantina;
  • maggiore tasso riproduttivo;
  • maggiore longevità dei semi nel terreno;
  • maggiore tolleranza agli stress.

Non tutte le malerbe però "vengono per nuocere". Una pianta potenzialmente infestante fornisce comunque diversi ed importanti benefici ecologici: protegge il terreno dall'erosione, può aumentare la fertilità del suolo (fissando l'azoto atmosferico e apportando sostanza organica al terreno), può rappresentare un habitat per diversi organismi utili e può aumentare la biodiversità. È evidente quindi che gestire la loro presenza in campo in maniera razionale è molto importante.


Classificazione delle piante infestanti

In base alla forma delle loro foglie, le malerbe sono distinte in piante a foglia larga (dicotiledoni, ad esempio il Solanum nigrum) e piante a foglia stretta (monocotiledoni, Lolium spp.).

Invece, in funzione di come queste superano i momenti sfavorevoli dell'anno, sono classificate in:

  • piante terofite o annuali. Si riproducono solo per seme e il loro ciclo di vita dura meno di 12 mesi a partire dall'emergenza (Conyza canadensis);
  • piante biennali. Si riproducono solo per seme, il loro ciclo di vita interessa due anni solari e hanno una durata di 15-16 mesi (Lactuca serriola);
  • piante emicriptofite o pluriennali. Queste si riproducono per seme e per gemme portate da organi di moltiplicazione sotterranei (rizomi, bulbi, tuberi, ecc.). Il loro ciclo di vita dura un anno ma l'organo vegetativo dal quale si sviluppano può sopravvivere per 6-8 anni (Bellis perennis);
  • piante a ciclo biologico adattativo. Si comportano da piante annuali quando si pratica la rotazione delle colture e da pluriennali negli ambienti naturali o poco disturbati, adattandosi alle diverse situazioni agronomiche (Plantago major);
  • piante geofite o vivaci. Anche queste si riproducono per seme e per gemme ma in questo caso il loro ciclo può prolungarsi indefinitivamente (Cirsium arvense);
  • piante camefite. Sono piante vivaci che rappresentano il passaggio dalle piante erbacee a quelle arbustive (Hedera helix);
  • piante nanerofite. Sono piante arbustive che possono formare cespugli dai cinquanta ai duecento centimetri di altezza (Ailanthus altissima).

In sintesi, le piante terofite sono tipiche di terreni lavorati e molto disturbati dall'uomo, mentre quelle biennali compaiono in terreni non disturbati almeno da due anni e sono generalmente le prime ad insediarsi in un terreno abbandonato. Le piante pluriennali e vivaci sono piante da terreni stabili, non arati, mentre le camefite segnalano il completo abbandono delle lavorazioni e la riconquista del terreno da parte delle specie ruderali.

Infine, a seconda della stagione di emergenza le infestanti si dividono in indifferenti, capaci di emergere in qualsiasi stagione dell'anno (Poa annua), piante autunnali che cominciano ad emergere a fine estate (Avena sterilis), piante invernali che emergono tra fine autunno e inizio inverno (Papaver rhoeas), piante primaverili che hanno bisogno di temperature superiori ai 10°C (Chenopodium album) e piante estive che cominciano ad emergere da fine primavera (Solanum nigrum).

Tutte queste informazioni sono fondamentali per effettuare un controllo selettivo ed efficace.
 

Solanum nigrum
Solanum nigrum, dicotiledone a ciclo estivo
(Fonte foto: Juulijs-Adobe Stock)

 

Danno da malerba

Le malerbe possono interferire con lo sviluppo di una pianta coltivata in modo diretto o indiretto. Se nel primo caso è necessario che le due specie siano vicine tra di loro, nel secondo la pianta infestante può influenzare l'altra attraverso l'intervento di una terza specie. Questo meccanismo è, per esempio, osservabile nelle piante infestanti Convolvulus arvensis (convolvolo) e Urtica dioica (ortica) che ospitano la cicalina della vite, Scaphoideus titanus, a sua volta vettore della flavescenza dorata.

Quando si parla di azioni dirette si fa riferimento principalmente a tre fenomeni: quello del parassitismo, dell'allelopatia e della competizione. Con il parassitismo una specie si sviluppa solo a spese di un'altra: le orobanche, ad esempio, sono piante parassite che non possiedono clorofilla e sopravvivono nutrendosi della linfa di altre piante, come le leguminose.

L'allelopatia fa interagire chimicamente le piante tra loro attraverso dei composti detti sostanze allelopatiche. Rilasciando queste nell'ambiente, una malerba inibisce lo sviluppo di una pianta coltivata. Non è sempre un fenomeno dannoso. Le sostanze allelopatiche possono essere prodotte anche dalle stesse piante coltivate e di conseguenza inibire lo sviluppo delle antagoniste. Seminando delle cultivar o delle cover crop allelopatiche possiamo sfruttare questo fenomeno a nostro vantaggio per controllare le infestanti in maniera naturale.

La competizione è un'interazione sfavorevole per entrambe le specie che si ritroveranno a lottare tra di loro per luce, acqua ed elementi nutritivi. Ne verrà minata la sopravvivenza, la crescita e la riproduzione delle piante. L'intensità dipende dalle caratteristiche morfologiche e fisiologiche dei due competitori, dalla densità degli individui e dal livello delle risorse disponibili.


Che cos'è lo stock di semi

I semi di un'infestante possono sopravvivere nel terreno per diversi anni e superare condizioni ambientali sfavorevoli grazie alla loro capacità di entrare in dormienza. Questa è determinata sia da fattori interni al seme (ad esempio il livello di ormoni e le caratteristiche del tegumento) che da fattori esterni o ambientali.

La conoscenza di tali fattori è molto importante per gestire lo stock di semi del terreno, cioè l'insieme di tutti i propaguli (semi e gemme) potenzialmente capaci di infestare il campo. Un bersaglio complesso e difficile da controllare.

I pochi mezzi a nostra disposizione hanno come scopo quello di aumentare le perdite di semi. Alcune pratiche agronomiche che possono aiutare in questo senso sono: la falsa semina utile a stimolare l'emergenza delle infestanti per poi eliminarle più facilmente o le lavorazioni schermate che avvengono al buio e servono ad inibire la germinazione dei semi.


Introduzione di specie esotiche

Particolare attenzione bisogna dedicare alle così dette specie esotiche o aliene. La facilità con cui scambiamo merci e viaggiamo in giro per il mondo spesso comporta l'introduzione intenzionale o accidentale di specie animali e vegetali in nuovi luoghi. Qui una pianta può diventare una malerba, priva degli ostacoli naturali capaci di contenere il suo sviluppo come nell'areale di origine. Così riesce a riprodursi e ad affermarsi facilmente nello spazio. Queste sono sicuramente le specie più difficili da gestire.

La Phytolacca decandra fitolacca americana), per esempio, è una pianta originaria dell'America, dell'Asia e della Nuova Zelanda. E' stata introdotta in Europa intenzionalmente per uso ornamentale e oggi è considerata una pianta infestante invasiva.


Phytolacca decandra
Phytolacca decandra, originaria dell'America, dell'Asia e della Nuova Zelanda, diventata invasiva in Europa
(Fonte foto: Sergiogen-Adobe Stock)


Il controllo delle piante infestanti

Nonostante il mezzo di controllo più utilizzato ad oggi sia quello chimico, una serie di accortezze e buone pratiche agronomiche possono permettere un controllo preventivo della flora infestante.

Per una corretta gestione integrata dell'azienda agricola è bene monitorare e riconoscere le malerbe presenti in campo. Lo scouting (il monitoraggio in campo) permette di valutare qualitativamente e quantitativamente le malerbe presenti. L'obiettivo è ottenere dati sulla densità (malerbe/mq) di tutte le specie trovate suddivise in base allo stadio di sviluppo e sull'uniformità dell'infestazione nello spazio. Con questi dati e attraverso una serie di calcoli si può stimare la soglia di danno e la perdita di produzione e soprattutto decidere quando e come intervenire.

Tra i vari mezzi di controllo preventivi, fisici e biologici ci sono: l'acquisto di sementi certificate e libera da semi estranei, l'avvicendamento colturale, la pulizia delle macchine operatrici, la falsa semina, la pacciamatura, la scelta di colture e/o varietà più competitive, concimazione e irrigazione localizzate, lo sfruttamento dei fenomeni di allelopatia, la sarchiatura, l'erpicatura e la rincalzatura.