Tre sedi, per circa 10mila metri quadrati di serre, e con una clientela che ha investito a canapa su circa 90 ettari. A Grottaglie l'azienda sviluppa il vivaismo e produce in pieno campo la biomassa di canapa per rivenderla ad aziende estrattive. Le altre sedi si trovano in provincia di Napoli, dove avviene la maggior parte della produzione delle giovani piante ed a Viareggio, luogo di laboratorio di micropropagazione e di ricerca e sviluppo.
Ecco come il titolare di Fioridoro - recentemente nominato direttore tecnico dell'associazione nazionale Canapa sativa Italia - spiega come è fatta la sua azienda e al contempo come vede il mercato della canapa.
Cosa date alle aziende agricole, semi di canapa?
"No, abbiamo puntato sulla micropropagazione: cediamo alle aziende agricole piantine di Cannabis sativa certificate, quindi a basso contenuto di Thc, e che selezioniamo tra le cultivar dioiche oggi disponibili a maggiore vocazione per quanto riguarda l'estrazione di cannabinoidi di interesse industriale, in particolare per la farmaceutica e per la cosmesi. Gli estratti principali sono particolarmente apprezzati per le proprietà lenitive, emollienti ed idratanti e come antinfiammatori naturali. Ottimi rimedi naturali contro l'insonnia, contrastano mal di testa e stress. Si tratta di un mercato nuovo, che attualmente in Italia vale circa 100 milioni di euro, ma che è in espansione".
Ma l'agricoltore come fa ad entrare in questo mercato?
"Per quanto riguarda fiore e foglie, da dove si effettua l'estrazione industriale dei cannabinoidi, i nostri contratti di cessione delle piantine prevedono la possibilità per l'agricoltore di rivendere a Fioridoro il raccolto, che poi nei nostri centri aziendali provvediamo a predisporre per l'invio verso le aziende di estrazione che si trovano all'estero. Al momento non riforniamo aziende di estrazione sul territorio italiano".
L'agricoltore che acquista le vostre piantine e che poi vi cede foglie e fiori, quanto ci guadagna in media per ettaro coltivato?
"Diciamo che il guadagno dell'agricoltore è molto legato alla qualità del prodotto che è riuscito ad ottenere in campo. Ma su una cosa voglio essere chiaro: se si coltiva per l'industria estrattiva bisogna dimenticare la fibra. Ed è presto spiegato perché: il mercato paga per una tonnellata di fiori e foglie per l'estrazione di cannabinoidi da 7mila e 500 a 17mila euro per tonnellata di biomassa vegetale, mentre la stessa quantità di biomassa sul mercato della fibra non spunta più di 300 euro: tanto vale investire su piante da fiore".
Ma all'agricoltore, una volta cedute a Fioridoro o ad altro soggetto fiori e foglie, resta comunque il resto della pianta, cosa se ne fa?
"Semplice, gli resta una pianta bassa, piccola, che può utilizzare per aumentare la sostanza organica mediante interro. L'opportunità che offriamo è quella di sviluppare una canapicoltura di qualità che somiglia molto più all'orticoltura da reddito che non al classico investimento a seminativo. L'Italia è un mercato promettente. Il valore economico della canapa industriale non è certo da sottovalutare considerando poi tutti i possibili usi e l'indotto che andrebbe a generare. Il settore della canapa ha un grandissimo potenziale, e l'Italia ha una buona legge per il comparto. Inoltre, il mondo della cannabis non è solo pianta ma anche tutto quello che ruota attorno alla sua meccanizzazione. Per esempio, le attrezzature per l'estrazione si potrebbero produrre anche in Italia".
Ma anche la meccanica agricola potrebbe giovarsene, vero?
"Sì, soprattutto le macchine per la trebbiatura. Il nostro paese potrebbe davvero diventare un punto di riferimento per l'Europa ed il Mediterraneo, soprattutto il Sud perché le zone climatiche meridionali sono le più adatte alla crescita di questa specie vegetale".
Un passo indietro, le cultivar di canapa esistenti oggi non sono nate per l'industria dell'estrazione, come la mettiamo con la ricerca?
"Fioridoro ha la mission di produrre piantine di altissima qualità a costi contenuti, il suo compito è il miglioramento genetico delle piante per aumentare la produttività e qualità della cannabis. Inoltre, l'azienda sta mettendo su un team di giovani che credono nel progetto dal Nord al Sud, dalla comunicazione all'agronomia, il team è già composto da sette persone, ma l'organico dovrebbe ampliarsi. Ovviamente il problema delle cultivar c'è e la Fioridoro si occupa anche di ricerca e sviluppo. Ultimamente ha stretto un accordo con l'Università degli Studi di Bari Aldo Moro e l'Istituto di bioscienze e biorisorse del Consiglio nazionale delle ricerche per sviluppare nuove varietà che saranno poi registrate nel catalogo europeo, e in grado di avere performance migliori in termini di maggiore contenuto di cannabinoidi e minore produzione di cellulosa come quota della biomassa".
Ma in questo caso forse c'è un problema ulteriore, il catalogo europeo delle varietà certifica solo il contenuto di cellulosa e non anche quello dei cannabinoidi, vero?
"E' un problema reale oggi, e credo che tocchi all'Italia, principale paese interessato alla coltivazione e alla sperimentazione di nuove cultivar di canapa, farsi promotore di una modifica della normativa europea".