L'unione fa la forza! Con questa idea in mente il Distretto produttivo agrumi di Sicilia punta a riunire e valorizzare tutte le tipologie di agrumi di qualità prodotti nell'isola e a elaborare e condividere strategie comuni per sostenere dell'interno comparto in Italia e all'estero. Il Distretto rappresenta oltre 2 mila addetti, 21 mila ettari coltivati (il totale italiano è 93.771 ettari) e un fatturato annuo aggregato di oltre 400 milioni di euro (il totale italiano è 677 milioni di euro).

AgroNotizie ha intervistato Federica Argentati, presidente del Distretto produttivo agrumi di Sicilia, per capire qual è la situazione agrumicola in Sicilia e gli obiettivi prossimi del Distretto.

Quali sono le prospettive produttive della campagna agrumicola 2015-2016?
"Direi buone. Siamo agli inizi della campagna ed il prodotto di qualità non manca. La Sicilia è in grado di esprimere produzioni di eccellenza, grazie anche alle caratteristiche pedoclimatiche del nostro territorio particolarmente adatte agli agrumi. Non dimentichiamo però che coltivare vuol dire lavorare all'aperto sottostando alle regole di Madre Natura: non tutti i frutti saranno così uguali. Quest’anno, per esempio, potremmo trovarci di fronte ad una percentuale elevata d'arance con calibri medio-piccoli. Ma questo non deprezzerà le caratteristiche organolettiche. La speranza è che il consumatore se ne renda conto, anche a dispetto dei molti distributori italiani che propongono arance apparentemente tutte uguali per dimensione prezzando i calibri più piccoli in modo incomprensibile e insostenibile".
 
 
Federica Argentati, presidente del Distretto agrumi di Sicilia
(Fonte immagine: © Distretto agrumi di Sicilia)

Grande successo ad Expo per gli agrumi di Sicilia. Ma allora è veramente un settore in crisi quello degli agrumi?
"All'interno dell'Expo abbiamo dedicato un'intera settimana agli agrumi di Sicilia e l'entusiamo è stato enorme. Questo successo, così come quotidianamente avviene nel mondo, è legato alla reale bontà dei frutti ed alla loro origine. Quando il consumatore capisce che davanti ha agrumi siciliani acquista senza tentennamenti. Non siamo un settore in crisi, ma sicuramente poco organizzato e poco consapevole delle proprie potenzialità".

Cosa si può fare per migliorare?
"Bisognerebbe cominciare facendo chiarezza all'interno della filiera: dai ruoli ai progetti, dalle idee alle responsabilità. Troppo spesso ogni singola figura coinvolta vede il problema solo dal proprio punto di vista e non riesce a trovare un punto d’incontro con gli altri. I produttori, in particolare, dovrebbero organizzarsi meglio e partecipare di più ai momenti decisionali anche attraverso le cooperative, le Op, le organizzazioni di categoria e di loro rappresentanza. Spesso, invece, delegano in maniera poco partecipata. Questa, secondo me, è la vera crisi del comparto agrumicolo che rende la filiera debole in termini contrattuali.
Senza dimenticare la mancanza d'appoggio della politica regionale che finora non ha mai dimostrato di voler superare, davvero, il vecchio concetto del "divide et impera". Probabilmente perché la stessa politica è frammentata. Gli agrumi hanno bisogno di una sana competizione interna tra le imprese; ma anche di un’altrettanta sana azione di sistema su tutte le problematiche. Ci sono problemi che non possono essere superati dal singolo e ci sono opportunità che possono essere colte solo facendo massa critica".

 
Limone di Siracusa Igp, una delle eccellenze all'interno del Distretto
(Fonte immagine: © Distretto agrumi di Sicilia)

Quali sono tre azioni per rendere gli agrumi più appetibili ai consumatori?
"Per prima cosa ogni individuo, in ogni sua forma, deve dare reale sostegno all'organizzazione della filiera. Fino ad oggi tante promesse e pochi impegni chiari capaci di orientare le imprese.
La seconda cosa è dare una spinta propositiva ai marchi di tutela, sostenendo produttori certificati e consorzi di tutela. La storia dell'Igp, del Dop e del bio è un cane che si morde la coda. Dicono che non sia utile "spingerli" perché le produzioni sono troppo limitate. Tuttavia i produttori vi aderiranno solo quando ci sarà un reale vantaggio economico, che oggi manca. Inoltre i consumi aumenteranno solo quando ci sarà una giusta informazione e cultura. In Sicilia, ad esempio, vengono proposte campagne nazionali sugli agrumi italiani e marchi d’origine diversi da quelli riconosciuti dalla Comunità Europea che, certamente, sono garanti di tracciabilità e origine. Perché? Perché, dicono, ci sono poche produzioni certificate. Mi dispiace, è un discorso che non riesco proprio a comprendere. Questo modus operandi alla Sicilia e agli agrumi non serve.

Il terzo aspetto è legato al fare cultura e agli investimenti in termini di comunicazione. Servono campagne d'informazione istituzionale con chiara identificazione dell’origine dei prodotti. E serve anche un percorso d'incentivazione per i marchi privati, per i quali le aziende avranno interesse ad investire. Non basta far valere soltanto i marchi collettivi, che indicano la provenienza ma che non vanno ad identificare la vera territorialità e la vera passione che ci sta dietro. Negare l’uno a favore dell’altro è a mio parere anacronistico".
 
Una delle arance prodotte in Sicilia e garantite da Igp e Dop
(Fonte immagine: © Distretto agrumi di Sicilia)

Il made in Italy è sempre più richiesto. Ma qual è il modo migliore per portarlo al consumatore ed al mercato?
"Bisogna fare un distinguo. Se all'estero il made in Italy è sempre più richiesto e spendibile, in Italia i consumatori cercano ancora di più. Vogliono sapere da quale regione italiana provengono gli agrumi. E noi dobbiamo dirglielo! In Sicilia abbiamo tante produzioni agrumicole d'eccellenza che devono essere valorizzate. 
Sia sul fresco che sul trasformato è necessario quantificare le produzioni di qualità e spingerle sui mercati con campagne di comunicazione.
Il target di riferimento è un consumatore che ha una percezione medio-alta, a beneficio della distribuzione e del produttore che così possono mantenere alta la qualità. E in tutto questo anche i mercati ortofrutticoli nazionali e le relative sigle di rappresentanza dovrebbero ricordare meglio l'importante ruolo che hanno nell'intermediazione con il consumatore e la necessità di valorizzare i prodotti in sinergia con i territori di riferimento. Con gli agrumi il Distretto ci prova da anni. Ancora non capisco qual è il problema! O meglio, faccio finta di non saperlo".


Guarda il video prodotto dal Distretto agrumi di Sicilia con il contributo del Mipaaf dal titolo "Agrumi di Sicilia, un giorno nella terra del sole"