"Datemi un punto d'appoggio e solleverò la Terra" esclamò Archimede di Siracusa esaltato dalla capacità di costruire macchine che potessero spostare grandi pesi con piccole forze.
Oggi con la stessa energia breeder pubblici e privati sono alla ricerca di nuove varietà capaci di cambiare la frutticoltura italiana e mondiale e conseguentemente di modificarne il mercato ed il consumo. Un cambiamento che permetterà anche un migliore stile di vita a chi quelle varietà le produce e dalle quali percepisce un reddito.

Questo percorso poi si trasferisce alle Op, alle Cooperative agricole ed ai Consorzi che vogliono poter entrare in possesso della bacchetta capace di farli uscire dalla crisi e realizzare i sogni dei loro soci. Oggi ancora più di ieri, quindi, l'innovazione varietale diventa elemento essenziale per rilanciare un settore in crisi, e che tarda ad avere le risposte necessarie.
Ma sarà poi così vero? Forse sì e forse no. Perché è anche vero che negli ultimi decenni sono state introdotte migliaia di nuove varietà e l'attività di breeding è più che mai florida. Ma allora cosa manca per raggiungere l'obiettivo?

La risposta è che sicuramente l'innovazione varietale rappresenta un aspetto molto importante per il rilancio del settore ma da sola non può riuscire nell'intento. Bisogna che contemporaneamente il comparto accetti e consegua gli inevitabili cambiamenti.
 
Ciliegie della varietà Sweet Lorenz® PA2UNIBO*, novità nel settore cerasicolo targata Università di Bologna
(Fonte immagine: © Unibo) 

Il mercato il vero protagonista
Troppo spesso si costituiscono nuove varietà senza aver ben chiaro il target a cui sono destinate. Risultato finale: frutti che non soddisfano i requisiti del consumatore. Inoltre il mercato viene inondato da tantissime cultivar che disorientano il cliente e portano all'emorragia di risorse. Forse Gianni Morandi quando cantava "uno su mille ce la fa" aveva ragione: oggi la vera differenza la fa non solo il fatto di fare qualche cosa, ma come questa cosa viene fatta.

Produzione o qualità? Questo è il dilemma
Oggi come ieri la scelta varietale per un produttore è ancora troppo vincolata alla produttività, ago della bilancia tra guadagnare e non guadagnare. Questo aspetto è ancora supportato da chi il prodotto lo ritira e lo commercializza: in primis una varietà deve essere "una macchina da quintali". Salvo poi eseguire un'attività di valorizzazione e di comunicazione sulla qualità e sulla sua identità, senza che questa sia così supportata dalla scelta strategica che sta a monte. Il mercato e la distribuzione vogliono qualità, e che sia continuativa nel tempo e nello spazio.
 
L'albicocca Albinova*, interessante novità prodotta da Minguzzi e commercializzata dai Geoplant Vivai
(Fonte immagine: © Geoplant Vivai)

Indispensabile comunicare bene
Mancano ancora progetti di comunicazione adeguati, capaci d'informare con altrettanta efficacia ed incisività il consumatore finale sulle caratteristiche organolettiche e sulla destinazione d'uso dell'ortofrutta. Senza dimenticare le difficoltà del responsabile acquisti della distribuzione nel collocare e promuovere l'ortofrutta, entrando in un vortice generalista e pressapochistico. Il risultato è disorientamento e stato d'abbandono.
E poi c'è la rintracciabilità: se il nostro prodotto è sano e controllato, perchè non puntare sulla vera tracciabilità del prodotto? Non basta un QR-code che indirizza al proprio sito internet o un bel marchietto per dire che questo è un prodotto certificato. E' necessario raccontare una storia e farlo bene, mettendoci la faccia.

L'unione fa la forza!
E' indispensabile una maggiore aggregazione tra imprese, per poter competere in un contesto nazionale ma soprattutto internazionale. Solo così si può avere una maggiore potenza in termini di volumi, varietà offerta ed economica. 
Dobbiamo dire che negli ultimi anni si è registrato un processo di mordenizzazione in tutta la filiera ortofrutticola italiana, che ha portato ad una riduzione della frammentazione. Ma si potrebbe fare molto di più. Aggregandosi si accorciano anche i canali di commercializzazione, riducendo così anche le guerre di prezzo determinate dalla moltiplicazione delle disponibilità di prodotto. Inoltre un sistema aggregato e ben organizzato permette di presidiare direttamente i nuovi mercati e far cogliere le opportunità.

Fragola Candonga® Sabrosa*, varietà di grande successo tra i produttori e i consumatori
(Fonte immagine: © Nicofruit)

Creare valore aggiuntivo
In un mercato sempre più difficile e competitivo vale la pena cogliere alcuni messaggi lanciati dal consumatore: il prezzo non è l’unico fattore che condiziona l’acquisto. Se c'è valore aggiunto il cliente è disposto ad acquistare il prodotto ad un prezzo che non necessariamente è il più economico, trasformando così la qualità percepita in qualità riconosciuta.
E' inoltre importante la percezione del valore associato al prodotto: se è uguale o superiore rispetto all'attesa allora c'è soddisfazione e fiducia, incoraggiando così il consumatore ad acquistare ancora.
Terzo aspetto: sui banchi dei supermercati si deve vendere non solo una nuova varietà ma anche la conoscenza, le informazioni, l'esperienza e, perché no, le emozioni che essa può portare.

Ampliare il calendario di maturazione
Bisogna ampliare il calendario di maturazione per poter dare al produttore una finestra produttiva più ampia e conseguentemente maggiori possibilità commerciali alla distribuzione. Solo in questo modo si può pensare di fidelizzare il consumatore e conseguentemente creare reddito ai produttori. 
Un esempio può essere dato dalle albicocche e dalle ciliegie: l’inserimento di nuove cultivar precoci e tardive ha sicuramente aperto nuove ed interessanti possibilità. E occhio all'adattabilità delle varietà all'ambiente pedoclimatico: non si può pensare che un vestito vada bene in tutte le occasioni. Ognuna di esse si adatta bene a determinati areali produttivi e solo lì riesce ad esprimere pienamente le proprie capacità. Questo deve essere tenuto in considerazione da parte del ricercatore, dell'agricoltore, del tecnico e del vivaista.

In conclusione, sicuramente è già stato fatto tanto, ma altrettanto (se non di più) resta ancora da fare. Oggi è già il domani ed è necessario unire le forze, con l'obiettivo comune di risollevare un settore che rappresenta un vero e proprio patrimonio dell'umanità.