I droni sono la grande moda del momento. Quasi tutti gli agricoltori vorrebbero vedere un velivolo senza pilota sorvolare il proprio mais o le proprie viti per monitorare lo stato di salute delle colture. Come abbiamo scritto più volte su AgroNotizie tuttavia, il costo di utilizzo degli Uav (Unmanned aerial vehicle) è ancora proibitivo per la stragrande maggioranza delle aziende agricole. E a meno che non abbiate un migliaio di ettari di grano da sorvegliare o delle vigne a Barolo il gioco non vale la candela. Ma le cose potrebbero cambiare.

Durante il World Agri-Tech Innovtion Summit che si è tenuto a San Francisco (e di cui AgroNotizie è partner) sono state presentate due soluzioni che potrebbero cambiare il settore. La prima è Scout di American Robotics, una società con base a Boston, in Massachusetts, che ha messo a punto un drone chiavi in mano in grado di decollare, analizzare le colture e atterrare in maniera completamente automatica.

Il video è esplicativo. Un mini-hangar di metallo viene installato in azienda dai tecnici di AR. Una volta al giorno (o quando richiesto) il tetto della struttura si apre e un quadricottero prende il volo in maniera automatica, senza bisogno di un pilota. Seguendo un percorso preimpostato, il velivolo sorvola i campi e scatta le foto delle colture con la sua camera multispettrale. Alla fine della missione torna alla base, atterra, e l'hangar si richiude. Facile.
 

All'interno della struttura il drone si ricarica e scarica le foto su un server che poi, attraverso un algoritmo sviluppato da American Robotics, 'cuce' le foto e ricava l'indice Ndvi utile a capire lo stato di salute delle colture, dal mais alla vite, fino a patate e cereali.

La startup, che ha raccolto 3,1 milioni di dollari in due round di investimento, elimina di fatto tutti i costi operativi. Il sistema è perfino in grado di capire se le condizioni meteo sono tali da poter permettere il volo. E in caso contrario abortisce la missione. L'unica cosa che serve è una presa elettrica per la ricarica. Poi il drone è in grado di coprire circa 500 ettari al giorno (molto dipende dal dettaglio che si vuole ottenere).
 
Un esempio di mappa Ndvi
Un esempio di mappa Ndvi
(Fonte foto: American Robotics)

Il problema, per ora, sembra essere puramente normativo. Negli Stati Uniti, come anche in Europa, un drone deve sempre essere pilotato da una persona e quando è in volo automatico deve comunque rimanere nel campo visivo dell'operatore che deve poter prendere i comandi se qualcosa va storto. Una norma che mette fuori mercato Armerican Robotics, ma che potrebbe presto cambiare, almeno negli Usa. La legislazione è infatti stata adottata in fretta e furia per rispondere ad una mancanza di regole ed è risultata alla fine troppo restrittiva. Ecco perché potrebbe presto essere modificata.

E la legislazione è anche il grande problema dell'altra startup che ha presentato la sua soluzione per la difesa delle colture basata sull'uso dei droni, Skyx. Questa impresa israeliana ha infatti messo a punto una piattaforma che gestisce sciami di droni dotati di irroratori in grado di distribuire agrofarmaci sulle colture in maniera estremamente precisa. Il problema, come detto, è che la legislazione vieta non solo il volo automatico ma anche l'uso di velivoli per applicare agrofarmaci. Divieto nato pensando ad elicotteri ed aerei, non certo ai droni. In origine si voleva infatti evitare la deriva e una applicazione poco precisa dei prodotti. La soluzione di Skyx assicura invece una applicazione millimetrica.

"Non produciamo droni, ma software per pilotare in maniera autonoma sciami di velivoli senza pilota", spiega ad AgroNotizie Eylon Sorek, fondatore della startup. "Le barre irroratrici oggi non sono efficienti nella distribuzione degli agrofarmaci, il nostro sistema invece lo è perché permette di modulare la distribuzione a seconda delle necessità, risparmiando prodotto ed evitando sovrapposizioni e sprechi".

La soluzione di Skyx non è certo dedicata al singolo agricoltore, quanto al contoterzista che dovrebbe dotarsi di una flotta di sei velivoli in grado di trattare 40-60 ettari di campo al giorno. Ma perché proprio sei? "Perché è il numero perfetto che permette all'operatore di cambiare le batterie ai velivoli e di rifornirli di prodotto", continua Sorek. "Partenze scaglionate permettono di rifornire uno dopo l'altro i velivoli quando non sono più in grado di volare o hanno finito la miscela".

Il punto di forza sta nella possibilità di trattare le colture a rateo variabile, cioè solo dove serve. Ma per rendere possibile questa soluzione il tecnico deve essere in possesso di una mappa di prescrizione, ottenibile solo da una mappa di vigore e da sopralluoghi in campo. Questo significa che oltre ai voli per trattare la coltura serve anche un volo con una fotocamera multispettrale, come quella montata da Scout di American Robotics. E i costi decollano.

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