Difficile dirlo, ma a due mesi dall'inizio della raccolta delle olive nelle zone più vicine al mare del Mezzogiorno d'Italia solo una cosa sembra ormai certa. Sarà una pessima annata per quantitativi prodotti a causa del moltiplicarsi dei danni dovuti prima alle gelate di febbraio e marzo, poi alla grandine e alle bombe d'acqua, cui vanno ad aggiungersi i pesanti effetti di Xylella fastidiosa nel Salento.
Inoltre, all'orizzonte, si profila fatalmente l'incremento dell'import dagli altri paesi del Mediterraneo con una novità: il ministro per lo sviluppo economico Luigi Di Maio, in visita lo scorso 22 luglio in Sicilia, ha dichiarato: "Dobbiamo rivedere i trattati con Marocco e Tunisia, che riguardano arance e olio". Infine si aggiunge una nuova puntata della telenovela sull'olio Italico.
Olio di pressione, campagna 2018 - 2019 sarà pessima
Già a metà giugno il Consorzio nazionale degli olivicoltori aveva annunciato – causa Xylella fastidiosa e maltempo, un dimezzamento della produzione italiana di olio da pressione nel 2018. Se il parametro di confronto è l'ultima campagna, la produzione italiana 2018 si attesterebbe a circa 214mila e cinquecento tonnellate, la seconda peggiore degli ultimi 10 anni, atteso che Ismea, su dati Agea di giugno 2018, stima la produzione nazionale di olio da pressione 2017 in 429mila tonnellate.La conta dei danni all'uliveto Italia la fa Unaprol, in una nota del 22 luglio scorso: "Diversi fattori stanno incidendo pesantemente sullo stato di salute delle aziende olivicole, a partire dalle gelate dello scorso febbraio che hanno provocato danni a 25 milioni di ulivi con una perdita stimata complessivamente in 120 milioni di euro".
Di Maio: "Rivedere accordo con la Tunisia"
Intanto, sarebbe in atto una vera invasione di olio di oliva dalla Tunisia con un aumento record del 260% delle importazioni nel 2018 rispetto allo scorso anno. E' quanto emerge da un'analisi della Coldiretti in occasione della visita in Sicilia del vice premier Di Maio che ha annunciato l'intenzione di "rivedere i trattati con Marocco e Tunisia, che riguardano arance e olio", accolto con favore dall'organizzazione agricola."L'Unione europea – sottolinea la Coldiretti – deve respingere al mittente la richiesta del governo di Tunisi di rinnovare la concessione temporanea di contingenti d'esportazione di olio d'oliva a dazio zero verso l'Ue per 35mila tonnellate all'anno scaduta il 31 dicembre 2017, oltre alle 56.700 tonnellate previste dall'Accordo di associazione Ue-Tunisia in vigore dal 1998".
"E' evidente – afferma l'organizzazione agricola – il rischio della destabilizzazione del mercato con gli arrivi di olio tunisino in Italia che sono quasi quadruplicati nel 2018, sulla base dei dati Istat relativi al primo quadrimestre che attestano l'importazione di 26,6 milioni di chili. Si tratta – spiega la Coldiretti – di produzioni di bassa qualità svendute a prezzi insostenibili, ma commercializzate dalle multinazionali sotto la copertura di marchi nazionali ceduti all'estero per dare una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati".
Federolio: Italico fuori da contratto di filiera, ma parte di una strategia più ampia
Eppure, dell'olio di olive straniero, soprattutto comunitario, l'Italia continuerà ad avere bisogno, anche per sostenere la produzione di olio italiano. E' quanto sostenuto da Federolio che in una nota del 22 luglio scrive: "A valle della bufera che è stata strumentalmente scatenata sulla questione dell'olio Italico, si ribadisce ancora una volta che la finalità dell'accordo con Unaprol e Coldiretti è esclusivamente quella di valorizzare l'olio 100% italiano e che nulla ha a che vedere con quello che si è imposto come Italico nella sintesi mediatica"."Le imprese della Federolio non solo si impegnano a valorizzare il 100% italiano, ma auspicano che, attraverso l'accordo di filiera, la produzione nazionale possa crescere sempre più e diventare al più presto sufficiente a soddisfare il fabbisogno nazionale, sia interno che legato all'export; oggi purtroppo non lo è" spiega ancora la nota di Federolio.
Su tanto, vale la pena ricordare due elementi: intanto oggi il prodotto 100% italiano commercializzato in Italia ha solo l'8% di quota di mercato, contro il 90% di quota del prodotto comunitario.
E che il contratto di filiera prevede espressamente un impegno dei 400mila produttori olivicoli ad incrementare le superfici investite: nei prossimi 4 anni l'uliveto Italia - da poco più di un milione di ettari – dovrebbe passare a 1,8 milioni di ettari, anche con l'aumento delle aree irrigue con tecniche innovative di risparmio idrico.
"Nel tempo che ci separa dal momento in cui la produzione nazionale sarà sufficiente a coprire il fabbisogno – obiettivo per cui Federolio, Unaprol e Coldiretti hanno siglato l'accordo - le imprese non possono cessare la loro attività e quindi necessitano di selezionare materia prima anche all'estero, prevedendo nella loro gamma anche prodotti composti da una percentuale di oli extravergine provenienti da altri Paesi" si sottolinea ancora nella nota di Federolio.
Infine si legge: "Oggi il blend del prodotto comunitario è composto principalmente di olio spagnolo, a volte greco e una componente residuale di olio italiano, pertanto pensare ad un prodotto comunitario distinto dagli altri comunitari, con una percentuale garantita di almeno 50% di olio italiano, come auspicato da Federolio. Non è una cosa criminale come qualcuno vuole far credere, ma anzi un passo in più nella direzione di una difesa dell'olio italiano, a cui si affianca l'impegno, forte e deciso, alla valorizzazione del solo 100% italiano".