Il progetto SoilVeg, che ha visto coinvolte otto nazioni ed è stato finanziato con fondi europei, si è concentrato sulla non-lavorazione del terreno e sull'introduzione di colture di servizio agroecologico. La non lavorazione prevede la semina o il trapianto di colture commerciali senza una lavorazione del terreno. Mentre le colture di servizio agroecologico, seminate tra una coltura commerciale e l'altra, hanno come obiettivo quello di offrire servizi ecosistemici.
Non hanno dunque un fine commerciale, ma ambientale. Attraverso il loro utilizzo si ha un controllo dell'erosione, la riduzione del ruscellamento, l'arricchimento di sostanza nutritiva del suolo, il miglioramento della sua tessitura e il sequestro di anidride carbonica. Oltre a preservare la biodiversità in campo.
"Il nostro obiettivo è stato quello di studiare l'abbinamento delle colture di servizio agroecologico con la tecnica della non-lavorazione nei sistemi colturali ortivi in regime di biologico", spiega ad AgroNotizie Stefano Canali, ricercatore del Crea e coordinatore del progetto. "Questo è un approccio abbastanza diffuso in agricoltura biologica per le colture arative, è invece innovativo per quanto riguarda le orticole".
Nell'ambito del progetto è stato sviluppato un rullo pacciamante che alletta le colture di servizio agroecologico, invece di interrarle, e permette la semina o il trapianto della successiva coltura da reddito. Il sistema è stato testato su cavolfiore, peperone, pomodoro, zucca, utilizzando come colture di servizio agroecologico favino, veccia, orzo, grano saraceno e segale.
L'aspetto positivo di un semplice allettamento, al posto dell'interramento della cover crop, è il minore dispendio di energia e di tempo, visto che non richiede una inversione degli strati di suolo. L'aspetto negativo è la minore produttività della coltura, visto che è una tecnica complessa da mettere in pratica e che la coltura di copertura entra in competizione con quella commerciale. "Uno degli elementi su cui abbiamo lavorato è stata la corretta identificazione delle specie di servizio agroecologico più adatte e le proporzioni nei miscugli di semina", spiega Canali.
Dalla sperimentazione in campo è risultato che l'abbinamento di colture di servizio agroecologico e non-lavorazione ha avuto un impatto positivo dal punto di vista ambientale. Si ha una maggiore conservazione del suolo, un arricchimento di sostanza organica, una tutela della biodiversità e anche un minore sviluppo delle piante infestanti.
La non-lavorazione ha portato ad una maggiore biodiversità delle comunità di artropodi predatori del suolo. La densità dei coleotteri del suolo (Carabidae), di altri insetti predatori (es. Staphylinidae), e in alcuni paesi anche di ragni, è risultata maggiore rispetto alle parcelle test lavorate.
"Gli aspetti positivi dal punto di vista ambientale sono indubbi", conclude Canali. "La nostra sperimentazione ha voluto indagare quali sono anche gli aspetti negativi per cercare delle soluzioni e adattare questa tecnica alle necessità locali, riducendo il suo impatto negativo su qualità e quantità della produzione".