Se l’Italia piange, la Spagna in Europa, e il resto del mondo olivicolo non ridono”.
David Granieri, presidente di Unaprol, commenta le previsioni della campagna olivicola in Italia realizzate da Ismea con la collaborazione della rete di monitoraggio del consorzio olivicolo italiano e di altre realtà associative del settore.

Dall'indagine di Ismea emerge infatti un taglio del 35% per la produzione di olio di oliva nella campagna 2014/2015. Un risultato produttivo che riflette le ricadute di un andamento climatico particolarmente negativo, con la produzione di olio di oliva di pressione che dovrebbe scendere quest’anno a 302 mila tonnellate rispetto alle 464 mila (dato Istat) della scorsa campagna.
La riduzione di oltre un terzo, affermano gli analisti di mercato, è il risultato di una media che si colloca a metà di una forbice di stima compresa tra 286 mila tonnellate (-38%) e 310 mila tonnellate (-33%).

In Spagna, leader mondiale, l’andamento climatico negativo ha addirittura dimezzato i livelli di produzione rispetto al dato 2013.

A subire i contraccolpi di una situazione sfavorevole anche sotto l’aspetto fitosanitario (il clima avverso ha favorito gli attacchi di patogene, in particolare la mosca dell’olivo) sono stati tutti i principali poli produttivi regionali.

Sia in Puglia che in Calabria si prevede una contrazione di oltre un terzo dei quantitativi prodotti rispetto al 2013, mentre Sicilia e Campania subirebbero tagli rispettivamente del 22 e del 40 per cento. Quasi dimezzata la produzione del Centro Italia, con sviluppi altrettanto negativi nelle regioni settentrionali.

Le previsione Ismea-Unaprol regione per regione: vai all'articolo

Il mercato ha già reagito in Italia con un aumento dei prezzi alla produzione. L’olio italiano, che mantiene un ampio divario positivo rispetto al prodotto spagnolo, ha toccato in media punte di 4,40 euro al chilogrammo franco frantoio, un valore superiore di quasi il 50% ai livelli dell’anno scorso.
Lo spread con gli oli spagnoli sta inoltre velocemente allargandosi, con la media di ottobre che ha visto il differenziale di prezzo tra Roma e Madrid portarsi a 1,47 euro al chilogrammo, contro 0,43 euro rilevati in media nel 2013.
Gli oli italiani, oltre a un prezzo più alto, che attesta il riconoscimento di una migliore qualità da parte dei mercati internazionali, stanno beneficiando di una forte spinta dell’export.

Tra gennaio e luglio di quest’anno le vendite all’estero, grazie ai progressi in Nord America, Giappone e Unione europea, sono aumentate in volume del 13% rispetto ai primi sette mesi del 2013. Ancora più sostenuta la dinamica degli oli extravergini, il prodotto di maggior pregio, con l’export cresciuto del 18% su base annua.
Da evidenziare che la bilancia commerciale del settore, nonostante il forte aumento delle importazioni soprattutto dalla Spagna, ha chiuso i primi sette mesi del 2014 con un saldo attivo di quasi 16 milioni di euro.

Per approfondimenti e dettagli regionali si rimanda al documento di previsione scaricabile dal sito dell'Ismea.

Quello che colpisce – afferma Granieri nel commentare i dati – è l’assenza di una visione strategica del sistema Paese sul futuro di questo settore”.
L’eccezionale attacco di mosca olearia che ha colpito in maniera significativa numerose aree vocate dell’olivicoltura italiana, dopo l'ondata di maltempo, mette in evidenza la necessità di implementare un sistema di monitoraggio e prevenzione che limiti in futuro i danni sulla produzione.
Anche se le conseguenze di una campagna anomala hanno accentuato il processo di erosione del reddito delle imprese per far fronte all’emergenza maltempo e mosca olearia, lo spread tra Italia e Spagna è il segnale – afferma Granieri – che il mercato chiede più qualità ed è disposta a pagare per ottenerla”.
Il settore, secondo l’osservatorio economico di Unaprol, ha in se stesso le potenzialità per poter superare la crisi. L’Italia detiene una quota pari al 20% della produzione comunitaria. L’olivicoltura italiana vale 2 miliardi di euro alla pianta; si estende su una superficie di 1.123.330 ha e un numero di aziende agricole che sfiora le 900.000 unità che sviluppano circa 50 milioni di giornate di lavoro di assunzione di manodopera agricola all’anno.
I consumi a livello mondiale mostrano stabilità (circa 3 milioni di tonnellate). Le aree di consumo più importanti sono l’Europa con il 57% e gli Stati Uniti D’America con il 10% del totale. In Italia operano, secondo i dati Agea circa 3760 frantoi attivi. I principali mercati di sbocco sono rappresentati da Usa e Germania; ottima anche la posizione del Giappone.  Per le Dop l’Italia con 43 denominazioni (42 Dop e 1 Igp), detiene il 38% delle designazioni di origine dei marchi europei. Segue la Grecia con 29 e la Spagna con 27. Per le produzioni Bio, il 14% delle superfici Bio, pari a 164.488 ha, sono appannaggio dell’olivicoltura e la produzione di olio biologico risulta maggiormente concentrata in Puglia (33%), Calabria (30%) e Sicilia (11%).

Per tutelare l'olio made in Italy, Granieri ricorda la mozione dell’onorevole Colomba Mongiello, attualmente all’esame della Camera dei Deputati. Con questo atto si impegna il governo Renzi ad individuare un plafond non inferiore a 90 milioni di euro da ripartire nell’arco di un triennio per attivare iniziative di valorizzazione dell’olio extra vergine di oliva, con particolare riguardo ad azioni divulgative volte a favorire la conoscenza delle proprietà nutrizionali e salutistiche degli oli extra vergine di qualità.  “Un’opportunità che potrebbe stimolare la domanda dei nostri migliori oli extra vergine e riaccendere l’economia dei territori italiani dopo questa annata difficile” commenta Granieri.
Olio, l'importanza della trasparenza
Nonostante la qualità riconosciuta del made in Italy, sulle tavole italiane si trova sempre più spesso prodotto estero, Ed è difficile riconoscerlo per la mancanza di trasparenza in etichetta .

Le importazioni di olio di oliva dall’estero sono infatti aumentate del 45 per cento rispetto allo scorso anno, con la Spagna che ha addirittura quasi quadruplicato le spedizioni verso la Penisola (273 per cento), fa notare la Coldiretti.

Se il trend sarà mantenuto l’arrivo in Italia di olio di oliva straniero raggiungerà nel 2014 il massimo storico con un valore pari al doppio di quello nazionale che registra un produzione attorno alle 300mila tonnellate.
In altre parole due bottiglie su tre riempite in Italia contengono olio di oliva straniero ed occorre adottare tutte le misure necessarie per garantire trasparenza negli scambi, combattere i rischi di frodi e assicurare la possibilità di fare una scelta di acquisto consapevole ai consumatori italiani”, ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo nel chiedere di mettere a punto “una task force coordinata di controllo per l’immediata attuazione delle norme contenute nella legge “salva olio” approvata dal Parlamento”.

Il richiamo – precisa la Coldiretti - in particolare, è alle norme sul funzionamento del mercato e della concorrenza: dalla previa autorizzazione del ministero delle Politiche agricole all’ammissione al regime di perfezionamento attivo nel caso di acquisto dai Paesi extra Ue di miscele di olio fino alla disciplina contro il segreto, che contempla l’accesso ai documenti degli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera delle informazioni detenute attraverso collegamenti a banche dati elettroniche.

L’Italia è il primo importatore mondiale di oli di oliva che vengono spesso mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri. Sotto accusa è la mancanza di trasparenza nonostante sia obbligatorio indicarla per legge in etichetta dal primo luglio 2009, in base al Regolamento comunitario n.182 del 6 marzo 2009. Sulle bottiglie di extravergine ottenute da olive straniere in vendita nei supermercati è quasi impossibile, nella stragrande maggioranza dei casi, si leggono le scritte “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” obbligatorie per legge nelle etichette dell’olio di oliva.

La scritta è riportata in caratteri molto piccoli, fa notare la Coldiretti, posti dietro la bottiglia e, in molti casi, in una posizione sull’etichetta che la rende difficilmente visibile. Inoltre spesso bottiglie con extravergine ottenuto da olive straniere sono vendute con marchi italiani e riportano con grande evidenza immagini, frasi o nomi che richiamano l’italianità.

"I consumatori dovrebbero fare la spesa con la lente di ingrandimento per poter scegliere consapevolmente" accusa la Coldiretti.