Nel melo (Malus domestica), per le cultivar più vigorose, si cercano di utilizzare forme di allevamento che favoriscano un buon equilibrio vegeto produttivo e creino pareti vegetative strette, in modo anche da agevolare il passaggio delle macchine.
Da anni, la forma più diffusa fra i produttori è il fusetto, ma viste le diverse problematiche associate a questa tipologia si stanno studiando nuovi sistemi di allevamento più performanti. E così dalle più recenti sperimentazioni è nata una nuova forma di allevamento: il guyot. Cioè un meleto costituito da pareti vegetative e frutti ben in vista, un vero e proprio frutteto "pedonabile".
AgroNotizie® ha intervistato Davide Nari, agronomo e ricercatore presso la Fondazione Agrion, per esplorare a 360 gradi questa forma di allevamento e il suo potenziale contributo alla melicoltura.
Ridisegnare il meleto: vantaggi e fattori da considerare
"La forma di allevamento a guyot porta a spostare la produzione sempre di più verso l'asse della pianta nella direzione del filare. Perciò si ottiene una pianta che si sviluppa in due dimensioni, più in altezza e meno in larghezza rispetto a una forma di allevamento più tradizionale in tre dimensioni come il fusetto" spiega Nari.
In pratica, per creare un guyot il fusto centrale del giovane astone da verticale viene posto in orizzontale, e su questo ci crescono i rami che, da orizzontali, in questo caso crescono verticali. In questo modo si crea un angolo fra il tronco e il ramo di 90°.
Per poter applicare questa forma ed ottenere un meleto performante l'agricoltore deve tenere conto di alcuni fattori, vediamo di seguito i principali.
Singolo o doppio: fattori chiave per una scelta ottimale
Per questa tipologia si stanno valutando due varianti: il guyot singolo e il guyot doppio, che si differenziano per il numero di astoni principali piegati in orizzontale.
Il primo, cioè il guyot singolo, ha un unico asse principale orizzontale da cui partono poi gli assi secondari produttivi.
Il secondo invece, cioè il guyot doppio, ha due assi principali orizzontali da cui si diramano sempre gli assi secondari produttivi. In questo caso si può usare per esempio un Bibaum®.
"È fortemente consigliato partire da astoni preformati, cioè che in vivaio siano già curvati e che presentino la maggior parte dei rami in verticale nella parte superiore della pianta".
Ma cosa incide sulla scelta di una o dell'altra variante? Prima di tutto la vigoria della cultivar: "Se il frutticoltore sceglie una varietà più vigorosa, come per esempio la Fuji, il fatto di avere un doppio asse è vantaggioso perché si diminuisce il vigore dell'albero" entra nel dettaglio Nari.
Per scegliere correttamente la tipologia di guyot bisogna considerare la vigoria della cultivar
(Fonte: Agrion)
Poi c'è il portainnesto. Per quelli meno vigorosi come un M9 è consigliato un guyot singolo, mentre per quelli più vigorosi è consigliato un guyot doppio per avere un albero più equilibrato.
Infine, le caratteristiche del suolo della zona di coltivazione: "In caso di reimpianto o di un terreno poco fertile è meglio optare per un singolo asse. Invece, su un terreno molto fertile oppure in cui non è mai stato coltivato il melo il doppio asse può essere la scelta adatta".
Varietà, quali sono le più adatte?
Le cultivar di melo non sono tutte uguali e in questo contesto si stanno ancora valutando quali possono essere quelle più o meno adatte per questo innovativo sistema di allevamento.
Al momento la ricerca si sta concentrando su varietà standard, come la Gala. In questa si sono sottolineate risposte positive, perché è una varietà che produce sia sulle gemme apicali che sulle gemme laterali e il guyot sembrerebbe quindi adatto. Ma ci sono esperienze positive anche su Fuji e Golden.
Distanze e altezze per ottimizzare spazio e luce
Come scritto all'inizio dell'articolo si creano delle vere e proprie pareti vegetative. Le distanze fra le file quindi, rispetto a un meleto classico, si possono ridurre, così come anche l'altezza delle piante.
Nari dice: "Si può partire da una distanza minima, che poi appunto dipende dalle macchine agricole che si usano all'interno del frutteto, che può essere dai 2,20 a 2,30 metri fino ad arrivare ai 3,30 metri tra le file. La discriminante poi la fa l'altezza della pianta per una questione di intercettazione della luce".
Infatti, minore sarà la distanza fra i filari e minore dovrà anche essere l'altezza dell'albero, mentre con una distanza fra i filari maggiori le piante potranno svilupparsi un po' di più in altezza ma in genere senza superare mai i 4 metri.
Le rese
Ma quanto può produrre ad ettaro questa forma di allevamento rispetto a un fusetto? Per rispondere a questa domanda innanzitutto bisogna considerare la densità di impianto.
Nel guyot "da manuale" in genere si considera come densità d'impianto 3mila piante per ettaro. La Fondazione Agrion ha però svolto delle prove con una densità minore, cioè con 2mila piante per ettaro per adattare la forma di allevamento al parco macchine disponibile.
Si sono così confrontate le produzioni delle due tipologie di guyot, quindi con densità di impianto differenti, con quelle del classico fusetto.
"Dai nostri dati nella tipologia di guyot che considera 3mila piante per ettaro rispetto a un meleto classico siamo arrivati al sesto anno, quindi alla quinta produzione, con una resa superiore di un 20% in più. Mentre se abbassiamo la densità di impianto, per adattare la forma di allevamento alle esigenze aziendali, sempre al sesto anno abbiamo una resa minore di circa il 10%".
Sfide e vantaggi per una gestione efficace
È bene sottolineare che un meleto a guyot, rispetto a un fusetto, necessità di almeno 1-2 anni in più per entrare in piena produzione, perché i giovani astoni vanno piegati e gli assi secondari legati. Ne consegue che si richieda, nei primi anni di impianto, almeno il doppio della manodopera (possibilmente specializzata) risultando perciò un'operazione onerosa.
Inoltre, se per massimizzare la resa per ettaro la distanza fra le file è molto ravvicinata bisogna valutare di avere un parco macchine ad hoc per il frutteto, come per esempio trattori più stretti e carrelli per la raccolta più piccoli.
Nonostante queste sfide i vantaggi per il frutticoltore sono molteplici, a partire dalle operazioni colturali.
Difatti, vengono agevolate sia le operazioni meccaniche come la potatura, il diradamento e la distribuzione degli agrofarmaci sia le operazioni manuali come il diradamento dei frutticini e la raccolta. Inoltre, si tende ad utilizzare un minore volume di acqua per i trattamenti perché la densità fogliare delle chiome è più bassa.
E soprattutto anche la qualità dei frutti viene influenzata positivamente, perché c'è una maggiore esposizione alla luce solare: "Dai nostri dati raggiungiamo 1,00 - 1,5 gradi Brix in più rispetto a un meleto tradizionale e un valore di degradazione dell'amido inferiore di mezzo punto, massimo un punto. - continua Nari - Altro fattore molto importante è anche quello della colorazione della buccia, con un 10-15% in più di sovraccolore".
In poche parole, dal punto di vista qualitativo si ha un anticipo della maturazione, un grado zuccherino superiore e una buccia più colorata.
Il potenziale in Piemonte e futuri passi
"In Piemonte è ancora abbastanza limitato lo sviluppo del guyot: possiamo stimare 10-15 ettari allevati così sui 7mila ettari totali, per cui è una quota bassa. Però i frutticoltori che stanno applicando questo sistema sono soddisfatti con molti feedback positivi sulla qualità dei frutti e non solo" conclude Nari.
Per concludere, questo è un sistema di coltivazione che necessita del lavoro da parte di chi fa ricerca, anche applicata, per comprendere al meglio diversi aspetti ma che risulta molto promettente per la moderna melicoltura.
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