Piccolo è bello, seconda puntata: bisogna anche parlare dei piccoli vitivinicoltori. Oggi meglio detti vignaioli indipendenti.

 

Abbiamo già tante volte scritto che la piccola viticoltura in molte aree d'Italia è in crisi; si fatica a fare reddito e quindi si abbandonano i vigneti. Un fenomeno paradossale e gravissimo: in questa maniera vengono abbandonati lembi delicatissimi dei nostri territori, esponendoli al cancro del dissesto idrogeologico e della desertificazione. Pur nelle difficoltà il settore rende però egualmente rilevanti segni di vitalità: non sono pochi i giovani che con coraggio e intraprendenza iniziano nuove attività, spesso anche di successo e ci capita sempre più spesso di vedere serviti in grandi ristoranti esteri eccellenti vini di piccoli produttori italiani.

 

Un'indagine Nomisma-Fivi (Federazione Italiana Vignaioli indipendenti) ha reso in questi giorni un'immagine molto interessante del settore; a cominciare dal prezzo medio della bottiglia: 7,7 euro contro i 3,6 euro della media nazionale. Un settore che alcuni vorrebbero di nicchia, che però aspira all'eccellenza e soprattutto a rappresentare al meglio i territori.

Un fatto testimoniato dal grande impegno sui temi della sostenibilità ambientale: il 71% delle aziende del campione ha adottato pratiche agricole e commerciali rispettose dell'ambiente. Interessante inoltre osservare come il 30% degli addetti delle imprese vitivinicole indipendenti sia assunto a tempo indeterminato, una percentuale sensibilmente superiore alla media nazionale.

 

Le piccole imprese vitivinicole sono un patrimonio da preservare con grande attenzione per meriti ambientali e, vogliamo aggiungere, culturali. Chi meglio di queste aziende può rappresentare un territorio, essere componente del mosaico di diversità che rende interessante al visitatore (e al consumatore) il nostro Paese?

 

Insisto: piccolo è bello.