Quando nel 2002 le potenze mondiali si riunirono a Rio de Janeiro nel Cbd – Convention on biological diversity – fondato nel '92, ad oggi conta 188 Paesi aderenti - si impegnarono a mettere in atto entro il 2010 una riduzione significativa di quello che già appariva essere un elevato tasso di perdita in biodiversità a livello mondiale. Il fenomeno preoccupava il mondo scientifico e politico ben prima di questa data; già negli anni '80 alcuni scienziati parlavano di sesta estinzione, il cui artefice, questa volta, sarebbe stato l'uomo.

Un recente articolo (29 aprile 2010) apparso sulla rivista Science, dal titolo 'Global Biodiversity: indicator of Recent Declines', spiega come dalla compilazione di una griglia di 31 indicatori creata per fornire un report sul grado di raggiungimento dell'obiettivo fissato 8 anni fa, oggi che al 2010 ci siamo arrivati, si delinei un declino, senza peraltro nessuna riduzione, del grado di biodiversità mondiale e addirittura un incremento nel grado di pressione sulla perdita di biodiversità (consumo delle risorse, ingresso di specie invasive esterne all'ecosistema specifico, inquinamento, sovrasfruttamento e impatto dei cambiamenti climatici). Ad eccezione di alcuni successi locali dovuti a politiche di salvaguardia come aree protette o gestione sostenibile delle foreste pare proprio che il tasso di perdita in biodiversità non sia affatto rallentato.

“L’impoverimento della biodiversità innesca” come affermato dalla fisica e attivista ambientalista, Vandana Shiva, “una reazione a catena. La scomparsa di una specie comporta l’estinzione di altre innumerevoli specie con cui essa è legata attraverso le reti e le catene alimentari. La crisi della biodiversità, tuttavia, non sta solo nella scomparsa delle specie ma è anche, e più fondamentale, una crisi che minaccia i sistemi di sostegno della vita e la stessa sopravvivenza di milioni di persone nel Terzo Mondo”.

Tale fenomeno è imputabile a molteplici fattori tra cui la deforestazione (negli ultimi 15 anni si sono mediamente persi 6 milioni di ettari/anno), la pressione antropica sui sistemi marini e costali (la barriera corallina si è ridotta dell'80% negli ultimi 30 anni), i cambiamenti climatici, l'inquinamento e, da non dimenticare, l'agricoltura industriale il cui sviluppo ha ridotto gli habitat naturali di molte forme di vita aumentando, inoltre, il grado di inquinamento ambientale.

Nel tentativo di contrastare una deriva tanto preoccupante, la Settimana della Biodiversità lancia una Call for Action volta a sensibilizzare tutti i Paesi del mondo nel mettere in campo iniziative e politiche da parte dei governi che siano di sostegno alla conservazione e all'uso sostenibile della biodiversità agraria.

Organizzato dal 20 al 23 maggio presso l'Auditorium Parco della Musica di Roma, l'evento, promosso dal Comune di Roma e da Biodiversity International, vanta numerosissimi patrocini e sponsor.

Oltre a conferenze, tavole rotonde, concerti, mostre e film (7° Festival internazionale audiovisivo della biodiversità), vi saranno tre scuole elementari della capitale e una Onlus coinvolte nel progetto pilota Rural4kids che, passando attraverso l'uso del mezzo informatico, stimola i bambini a scoprire, giocando, la biodiversità ed a raccontarla.

“Abbiamo deciso di dare il patrocinio della Federazione a questo importante festival proprio nell’Anno internazionale della biodiversità” spiega Roberto Pagliuca, segretario generale di FederBio, “perché il concetto di biodiversità è un principio generale dell'agricoltura biologica che svolge un compito molto importante nella sua conservazione ed implementazione”.
“Esistono” afferma FederBio, “metodi di coltivazione che cercano di coniugare la sostenibilità ambientale e sociale in sistemi agricoli più diversificati; l’agricoltura integrata, biologica, biodinamica o in generale le forme che riducono o non fanno uso di input chimici, sono un tentativo in questa direzione. In questi modelli agricoli non solo la biodiversità coltivata è molto maggiore rispetto all’agricoltura intensiva, ma anche l’impatto sulla biodiversità naturale è molto ridotto”.

Queste problematiche che hanno fatto capolino a partire dagli anni ottanta in sede europea, hanno portato anche la Politica agricola comune a integrarsi sempre più con obiettivi ambientali. Si tratta di un processo cresciuto negli anni e che ha raggiunto la sua maturazione legislativa e normativa con la recente riforma della Health Check, attraverso la quale la biodiversità è stata introdotta come una nuova priorità da perseguire anche attraverso le politiche agricole comunitarie.

Dal 2010, sulla scia delle decisioni prese a livello europeo, le risorse finanziarie dei Psr sono aumentate e sono disponibili a partire dallo scorso 1 gennaio (misura 2.1.4 'Pagamenti Agroambientali').

La partita d'arresto alla perdita di biodiversità è dunque in corso e, ora, tocca a ciascun giocatore fare del suo meglio per rafforzare efficacemente il legame tra sviluppo agricolo e rurale, biodiversità e, più in generale, la difesa dell’ambiente.