Gli ispettori della Ue non hanno fatto in tempo ad emettere il loro verdetto di “colpevolezza” per il mancato adeguamento degli allevamenti di galline ovaiole alle nuove regole sul benessere animale, che già si profila sullo stesso fronte un nuovo problema. Con l'inizio del nuovo anno scatterà il divieto delle gabbie nell'allevamento delle scrofe e potremmo essere daccapo con un'altra denuncia di infrazione e nuove multe. E ancora una volta non c'è da sperare in un rinvio. Con l'inizio del suo semestre di presidenza della Ue, la Danimarca ha confermato la sua attenzione al tema del benessere animale. La Ue continua, dunque, il percorso iniziato già da tempo per migliorare le condizioni di vita degli animali in allevamento intensivo, dai vitelli a carne bianca alle stalle da latte, dai polli ai suini. E sono allo studio da tempo nuove indicazioni per gli allevamenti di conigli. Qui si va a rilento solo perché questo allevamento è poco diffuso nei paesi dell'Unione, ma prima o poi anche nelle aziende cunicole bisognerà fare i conti con le prescrizioni comunitarie in tema di benessere.

 

Benessere e costi

Favorire il benessere degli animali non ha solo aspetti etici. Animali in buone condizioni di allevamento possono migliorare le loro prestazioni ed essere meno soggetti a malattie. Ma gli investimenti necessari sono importanti e difficilmente possono essere ripagati da eventuali migliori prestazioni. Sì allora al benessere animale, ma nella consapevolezza che i costi di produzione sono maggiori e non sempre, per non dire mai, possono essere ribaltati sul prezzo di mercato. I consumatori fanno già fatica a districarsi fra prodotti Dop e Igp, e non sono poi tanto disposti a spendere di più nemmeno per questi. Figuriamoci per un uovo “felice” o per una bistecca “contenta”. Per non parlare della difficoltà nell'informare lo stesso consumatore sulle prerogative di benessere animale legate ai prodotti che va scegliendo. Non per questo si può rinunciare all'obiettivo di avere allevamenti sempre più rispettosi degli animali.

 

Servono nuove regole

Avanti dunque nel conquistare nuove mete sul fronte del benessere animale, senza però dimenticarsi del mercato. Perché i prodotti che escono dagli allevamenti europei devono vedersela con le produzioni che arrivano dai quattro angoli del pianeta, dove non sempre l'attenzione al benessere animale è pari al nostro. E differenze si riscontrano a volte persino fra i paesi della Ue. Senza adeguate politiche nei confronti dei flussi di import/export la zootecnia europea è altrimenti destinata a perdere la sfida. Più facile per i prodotti importati presentarsi a prezzi competitivi sul mercato interno ed al contempo più difficile per i prodotti europei affermarsi fuori dei confini della Ue. Il tema è delicato e la Commissione europea nel deliberare le norme sul benessere animale dovrebbe tener conto dei riflessi di carattere economico, cercando di ottenere nei negoziati commerciali con i paesi terzi che siano applicate analoghe norme riguardo al benessere animale. Questo l'appello lanciato da Giovanna Parmigiani, presidente della sezione carni di Confagricoltura Piacenza. A preoccupare Parmigiani è la concorrenza che alle esportazioni della nostra suinicoltura può arrivare da produzioni realizzate con minori vincoli e solo per questo più competitive. Una preoccupazione non priva di fondamento e guardando a quanto sia difficile raggiungere intese negli accordi commerciali internazionali non c'è da stare allegri.