I fitoplasmi sono dei particolari batteri privi di parete cellulare che vivono all'interno delle piante, in particolare nel floema, e possono causare malattie che indeboliscono gli ospiti portandoli alla morte. Tra i fitoplasmi più noti in agricoltura c'è sicuramente Candidatus Phytoplasma vitis, agente causale della flavescenza dorata, oppure Candidatus Phytoplasma mali, che invece causa i cosiddetti scopazzi del melo.
Ad oggi non esistono strategie curative per debellare il fitoplasma una volta penetrato all'interno dell'organismo vegetale e dunque gli agricoltori possono solo contrastare il contagio, attività tutt'altro che semplice visto che i fitoplasmi sono trasportati da una pianta infettata ad una sana attraverso l'aiuto inconsapevole di insetti vettori. Si tratta di solito di fitomizi, dotati quindi di apparato boccale pungente succhiante, che cibandosi della linfa di piante infette si "contagiano" con il fitoplasma e lo rilasciano poi attraverso la saliva all'interno di piante ospite ancora sane.
Una ricerca condotta da un team internazionale pubblicata su Cell ha svelato il meccanismo chiave attraverso il quale il fitoplasma piega ai suoi interessi il metabolismo delle piante, causandone sul lungo periodo la morte.
Quando infatti il fitoplasma penetra in un vegetale, quest'ultimo si trasforma in una pianta "zombie", produce biomassa rimanendo in un costante stato giovanile senza mai andare a fiore e fruttificare. Uno stato molto ben visibile nel caso degli scopazzi del melo (o scope di strega): delle ramificazioni fitte, simili a ceppaie, che crescono sui rami più vecchi e sono il risultato della presenza contemporanea di decine di germogli che crescono incontrollati.
È questo il sintomo della presenza dei fitoplasmi che manipolano la biologia della pianta per creare un ambiente a loro favorevole. Questi organismi infatti si moltiplicano più facilmente in una ospite che produce nuovi tessuti, mentre sono "meno interessati" alle fasi fenologiche della fioritura e dell'allegagione.
Per capire questo meccanismo di parassitazione abbiamo chiesto aiuto a Davide Spadaro, professore ordinario presso l'Università degli Studi di Torino e collaboratore di AgroInnova. "All'interno di ogni organismo vivente, anche nell'uomo, sono presenti delle strutture chiamate proteosomi, che hanno il compito di demolire le proteine che non sono più utili all'organismo. Sono come degli spazzini che intercettano e riciclano ciò che non è più necessario. I fitoplasmi producono una particolare proteina, chiamata SAP05, che si lega al proteosoma e lo hackera".
In quale modo?
"In un organismo sano il proteosoma intercetta le proteine non più necessarie grazie alla presenza dell'ubiquitina, una piccola proteina che segnala al proteosoma la molecola da demolire. Nelle piante malate, invece, il fitoplasma produce la proteina SAP05 che si lega al proteosoma e lo indirizza verso i regolatori di crescita, che sono quelle molecole che servono alla pianta per gestire i differenti stadi fenologici".
Questo che cosa comporta?
"Bloccando questi regolatori di crescita la pianta resta in uno stadio di eterna giovinezza, continuando a produrre germogli, senza mai andare a fiore. Questo è estremamente utile per il fitoplasma, ma sul lungo periodo debilita la pianta, portandola alla morte".
Aver identificato questa proteina prodotta dai fitoplasmi come ci può essere utile?
"Se si riuscisse a modificare la struttura del proteosoma quel tanto che basta da impedire che si agganci con SAP05, allora si renderebbero immuni le piante dall'azione manipolatrice dei fitoplasmi. Non significa curare le piante, che potranno sempre essere contagiate dai fitoplasmi, ma si limiterebbe il loro effetto negativo e quindi si renderebbe possibile una sorta di convivenza".
Ma come si modifica il proteosoma?
"I ricercatori hanno notato che i fitoplasmi, che pure vivono per un certo periodo all'interno dell'insetto vettore, non riescono a modificare il comportamento del proteosoma dell'insetto. Questo perché ci sono delle piccolissime difformità tra il proteosoma dell'insetto e quello delle piante. Le moderne tecniche di miglioramento genetico, come il genome editing, permetterebbero di apportare queste modifiche alle piante, ad esempio di melo, producendo quindi una generazione immune a Candidatus Phytoplasma mali, che causa gli scopazzi del melo. Ma ci potrebbero essere ricadute interessanti anche per la viticoltura, nel contrasto alla flavescenza dorata".
Ad oggi però la legislazione italiana vieta la produzione e coltivazione di piante modificate geneticamente...
"È vero, la Corte di Giustizia Ue ha confermato che la legislazione sugli Ogm si applica anche alle Tea (Tecnologie di Evoluzione Assistita, Ndr), come il genome editing. Ma è in corso una riforma legislativa a livello europeo che potrebbe aprire la strada a queste nuove tecnologie che sono assolutamente sicure e potrebbero dare una mano ad avere un'agricoltura più produttiva e sostenibile".
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