Chi si è mai chiesto qual è la definizione esatta di agrofarmaco? Secondo il Federal Insecticide, Fungicide and Rodenticide Act (Fifra), la legge federale degli Stati Uniti, un agrofarmaco è una qualsiasi sostanza o miscela di sostanze destinata a prevenire, distruggere o mitigare qualsiasi parassita, o destinata all'uso come regolatore della crescita delle piante, defoliante o essiccante.
Nel Ventesimo secolo l'agricoltura è stata rivoluzionata dallo sviluppo dei composti organici di sintesi ma oggi si assiste ad una nuova rivoluzione incentrata sulla ricerca e l'applicazione di strategie alternative da integrare ai prodotti fitosanitari convenzionali per salvaguardare maggiormente la salute umana e ambientale.
È per questo che nella definizione di agrofarmaco rientrano anche le biosoluzioni, cioè l'insieme dei biopesticidi e dei macrorganismi utili.
I biopesticidi comprendono sia agenti di controllo biologico (Bcas) quali batteri, funghi, lieviti, protozoi e virus, sia prodotti biochimici. Questi ultimi possono essere composti semiochimici, botanicals, minerali, batteri promotori della crescita delle piante (Pgpb) e acidi organici.
I macrorganismi, invece, sono tutti quegli insetti, acari e nematodi utilizzati come predatori o parassitoidi di altri organismi dannosi delle piante coltivate.
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Durante le lezioni del corso di alta formazione “Biosolution Academy” ad approfondire l'argomento sono stati il professore Vincenzo Palmieri dell'Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria e la ricercatrice Giorgia Fedele del Dipartimento di Sustainable Crop Production dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza.
Quali sono le biosoluzioni
Perché sono importanti i prodotti fitosanitari naturali in una strategia di difesa contro le malattie delle piante? A differenza degli agrofarmaci convenzionali, i principi attivi delle biosoluzioni sono generalmente più abbondanti e rinnovabili, di facile degradazione e più sani dal punto di vista della salute umana e ambientale. Inoltre, ciascun principio attivo ha una struttura unica che ne aumenta la diversità e riduce di conseguenza i problemi di resistenza.
I biopesticidi, infatti, comprendono sostanze già presenti in natura (biochimici) e microrganismi che controllano i parassiti. Le sostanze biochimiche possono essere utilizzate per il controllo e il monitoraggio dei parassiti attraverso meccanismi non tossici e includono sostanze che interferiscono con l'accoppiamento, come i feromoni sessuali degli insetti, nonché vari estratti vegetali che attirano gli insetti nelle trappole.
I pesticidi microbici sono costituiti da un microrganismo come principio attivo. Questa categoria di biosoluzioni comprende microrganismi utili per il controllo di diversi parassiti, ogni principio attivo sarà relativamente specifico per un parassita bersaglio.
Botanicals a 360 gradi
I botanicals costituiscono il più grande gruppo all'interno dei prodotti biochimici. Sono estratti vegetali e derivati di origine botanica utilizzati per il controllo degli organismi nocivi.
Negli ultimi anni l'interesse per l'uso di queste sostanze in ambito fitosanitario è aumentato. In particolare, Coleoptera e Lepidoptera rappresentano i due ordini per cui è stato condotto il maggior numero di studi utilizzando i botanicals come insetticidi. Erwinia e Collettotrichum sono invece i due generi per cui è stato condotto il maggior numero di studi utilizzando i botanicals come fungicidi.
Botanicals registrati in Italia come prodotti fitosanitari
(Fonte foto: Biosolution Academy)
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Ma come sono regolamentati i botanicals? Le sostanze attive botaniche devono essere approvate ai sensi del Regolamento (Ce) n.1107/2009, norme riguardanti l'autorizzazione, l'immissione sul mercato, l'impiego e il controllo dei prodotti fitosanitari, così come sono presentati nella loro forma commerciale.
Le sostanze attive botaniche: ecco come funzionano
Non vengono prodotte da reazioni chimiche come gli agrofarmaci di sintesi, ma sono ottenute dalla lavorazione di materiale di origine biologica. Si parla di fitocomplesso, cioè un insieme di molecole non riproducibile sinteticamente.
È come un insieme di più principi attivi, noti e non, farmacologicamente attivi, e di sostanze che aiutano l'azione dei primi, pur essendo di per sé farmacologicamente inattive. Sì, perché spesso nei botanicals non è possibile distinguere in modo univoco le sostanze attive e inattive. Di solito è possibile identificare una o alcune sostanze responsabili dell'attività del botanical.
Per esempio, l'estratto di piretro contiene tre esteri dell'acido crisantemico e tre esteri del piretro acido. Di questi, le piretrine I e II sono le più abbondanti e determinano la maggior parte dell'attività insetticida. Oppure, la principale sostanza attiva dell'olio di neem è l'azadiractina, ma sono contenuti più di una dozzina di analoghi dell'azadiractina, i quali contribuiscono in misura minore all'efficacia complessiva.
Una sostanza attiva botanica, quindi, è costituita da uno o più componenti presenti nelle piante. Questi si ottengono sottoponendo la pianta o parti di essa (corteccia, foglie, radici, fiori, frutti e semi) a un processo che può essere la spremitura, la macinazione, la frantumazione, la distillazione e/o l'estrazione.
Le sostanze attive dei botanicals sono prevalentemente metaboliti secondari prodotti dalle piante per difendersi dagli erbivori e dagli agenti patogeni e comprendono steroidi, alcaloidi, tannini, terpeni, fenoli, flavonoidi e resine.
Questi composti possono consentire alle piante di resistere agli agenti patogeni, scoraggiare insetti o altri erbivori a nutrirsi della coltura, avere effetti non tossici o tossici diretti sui parassiti. E ancora possono essere coinvolti nel reclutamento di predatori e parassitoidi in risposta ai danni dell'alimentazione, essere usati dalle piante per attirare gli impollinatori ed essere coinvolti nella comunicazione tra piante.
I meccanismi d'azione dei botanicals
Visto che il fitocomplesso è un insieme di principi attivi, ha vari meccanismi d'azione. Questo è uno dei più grandi vantaggi dei botanicals che impedisce lo sviluppo di popolazioni di parassiti vegetali resistenti.
Un estratto vegetale con azione fungicida può inibire la sintesi di chitina, componente della parete cellulare dei funghi, inibire la crescita del micelio e la germinazione dei conidi. Se invece ha azione battericida può inibire la crescita della popolazione, alterare i processi metabolici come la sintesi proteica, aumentare la permeabilità della membrana plasmatica e causare quindi la morte cellulare.
Neurotossicità, alterazione dei processi di morfogenesi come la deposizione e la schiusa delle uova e repellenza sono invece i meccanismi d'azione di un prodotto botanico utilizzato come insetticida.
Nei confronti dei nematodi, infine, i meccanismi d'azione riguardano l'inibizione della schiusa delle uova e degli stadi giovanili, la dissoluzione della membrana citoplasmatica che interferisce con
la crescita, lo sviluppo e la sopravvivenza, la tossicità diretta su cisti e larve, la paralisi e la morte.
Botanicals: alcuni esempi
Sono botanicals le polveri vegetali e gli estratti vegetali non trasformati e trasformati. Quelli trasformati comprendono un unico principio attivo, al contrario quelli meno lavorati rappresentano una miscela complessa di componenti che sono tutti o solo alcuni biologicamente attivi.
Il piretro è un estratto non volatile di una pianta appartenente alla famiglia delle Asteraceae (Chrysanthemum cinerariaefolium). Lo sono anche gli estratti di neem prelevati dalla Azadirachta indica: preziosi fitofarmaci biologici che agiscono come fagorepellenti e come inibitori della crescita degli insetti.
Altri estratti non volatili sono i fitoecdisteroidi sintetizzati dalle piante per la difesa dai fitofagi. Rappresentano dall'1 al 10% della sostanza secca delle piante, hanno una struttura chimica che imita gli ormoni prodotti dagli insetti e agiscono come regolatori di crescita.
Le polveri di origine botanica si ottengono, invece, dalla polverizzazione di varie parti della pianta come foglie, semi, corteccia, radici, ecc., e sono tradizionalmente impiegate in molte parti del mondo per il controllo degli insetti che infestano le granaglie.
Nel gruppo degli estratti volatili rientrano i famosi oli essenziali. Complessi o miscele di composti chimici eterogenei di origine vegetale, oleosi, lipofili, volatili, difficilmente miscibili con acqua e intensamente profumati. Comprendono principalmente terpeni e terpenoidi, composti alifatici e sostanze aromatiche.
Gli oli essenziali hanno attività antimicrobica e insetticida che si esplica sotto forma di tossicità acuta, repellenza, anti feeding, ovideterrenza e/o inibizione dello sviluppo e della riproduzione.
Un esempio di olio essenziale è l'olio d'arancio, estratto dalla scorza di Citrus aurantium. L'olio d'arancio è costituito da un insieme di sostanze chimiche il cui componente principale è il D-limonene. Può essere usato come insetticida perché causa il disseccamento della cuticola dei fitofagi con esoscheletro molle durante le fasi giovanili e adulte. È efficace soprattutto contro mosche bianche, tripidi, cicaline, psille, ragnetti ed eriofidi, ma è anche un buon fungicida in grado di disidratare le pareti cellulari di miceli, conidi, cleistoteci e degli sporangi di alcuni funghi patogeni.
Pro e contro dei botanicals
La crescente domanda di metodi di controllo sostenibili aumenta l'interesse verso questa categoria di prodotti fitosanitari. Gli estratti di origine botanica non contengono sostanze tossiche per gli animali omeotermi e sono considerati "safe" per gli organismi non target, ovvero impollinatori e nemici utili. Inoltre i diversi meccanismi d'azione che li caratterizzano riducono di molto le possibilità che si sviluppino resistenze.
Grazie alla loro natura biologica si degradano molto rapidamente e non si accumulano nell'ambiente, il che può essere considerato sia un vantaggio che uno svantaggio: non lasciano nessun residuo e hanno un breve intervallo di carenza, ma sono difficili da conservare. Estratti vegetali come il neem subiscono una rapida riduzione della loro efficacia se esposti alla luce solare e si degradano altrettanto velocemente dopo l'applicazione.
Inconvenienti a livello pratico riguardano, invece, la loro insolubilità in acqua, la tossicità per gli organismi acquatici e l'efficacia maggiore in laboratorio piuttosto che in campo.
Da tenere in considerazione anche il fatto che produrre e commercializzare queste biosoluzioni dipende dalla disponibilità, in quantità adeguate, della pianta "source" e della superficie agraria, e possono quindi entrare in competizione con le produzioni agroalimentari.
Sul mercato sono ancora poco presenti e perché in futuro aumenti il loro utilizzo è necessario mettere in atto determinate azioni: migliorarne la qualità e la stabilità e diminuire la facilità di degradazione, identificare i geni che regolano la formazione e l'accumulo dei composti per aumentare la resa della sostanza attiva, migliorare la lavorazione e l'estrazione della sostanza attiva per ridurre i costi di produzione e minimizzarne i problemi associati e sviluppare delle formulazioni efficienti.
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