Ricordate la storiella del calabrone che per la fisica non potrebbe volare, ma lui non lo sa e vola benissimo lo stesso? Ovviamente è una leggenda metropolitana, a partire dall'insetto: "bumblebee", nella versione anglosassone che ha dato la stura alla simpatica fola, non significa infatti "calabrone", bensì bombo, cugino paffutello delle api.

E proprio in tema di api tale argomento può essere rilanciato, questa volta non come leggenda ma come realtà dei fatti: in Francia sono sospesi da anni gli usi dei concianti neonicotinoidi, ritenuti responsabili delle morie di impollinatori a livello mondiale, ma le api francesi non lo sanno e continuano a morire quanto e più di prima. Nel frattempo in Ucraina le superfici a girasole, anche quello conciato con neonicotinoidi, sono aumentate, ma le api ucraine non lo sanno e continuano a produrre miele quanto e più di prima.

Ma andiamo per ordine.  

La Francia se la sta infatti vivendo proprio male, la crisi de les abeilles, delle api, s'intende. Questo almeno stando ad Agriculture et Environment, giornale online che si è recentemente occupato del binomio api-neonicotinoidi a seguito del monitoraggio effettuato dal ministero dell'Agricoltura sullo stato sanitario delle api francesi.
E che le cose siano molto diverse da quanto l'immaginario collettivo propone, per lo meno Oltralpe, lo si evince dall'articolo "Fraude et crise sanitaire: les deux fléaux de l’apiculture française", tradotto in italiano "Frodi e crisi sanitaria, i due flagelli dell'apicoltura francese".

Secondo gli autori dell'articolo, dal monitoraggio ministeriale emergerebbero infatti diverse cattive pratiche a carico degli apicolturi, pratiche che aprirebbero poi la via a parassiti e patologie, vere responsabili delle morie. Ciò appare in forte contrasto con quanto ritenuto fino a oggi, ovvero che fossero gli insetticidi i grandi responsabili delle morie e delle scomparse delle colonie. Nel mirino, ça va sans dire, per dirla ancora alla francese, i concianti delle sementi a base di neonicotinoidi.

La loro sospensione aveva illuso di porre rimedio a ogni problema, nonostante fosse robusto il fronte di chi scuoteva il capo, ben conoscendo la multifattorialità all'origine della cosiddetta Colony colapse syndrome. Ora tale illusione si è rivelata per ciò che era. Infatti i problemi sono ancora tutti lì e le api continuano a morire a frotte e a produrre sempre meno.  

Che le cause fossero diverse lo dimostrerebbe proprio la succitata indagine condotta dai servizi sanitari del ministero dell'Agricoltura transalpina. Nel biennio 2014-2015 sono state indagate tutte le segnalazioni di morie avanzate dagli apicoltori, effettuando verifiche in loco per risalire alle possibili ragioni.

Ben 195 le segnalazioni di mortalità nel 2015, provenienti da 52 diversi dipartimenti, rispetto alle 115 del 2014, ottenute da 42 dipartimenti. Erano 98 nel 2013. Secondo Faisal Meziani, referente nazionale presso il Dgal, acronimo di Direzione generale per l'alimentazione, il 39% dei casi segnalati avrebbe un'origine patologica, come pure andrebbe ritenuta insufficiente la lotta alla Varroa, un acaro la cui presenza indebolisce il sistema immunitario delle api facilitando malattie e cali di popolazione.

Oltre alla Varroa sono stati reperiti Peste americana, Nosema, virus delle ali deformi e paralisi cronica. Purtroppo, la presenza contestuale di più avversità mina in modo irreparabile la salute della colonia, causando mortalità nel breve periodo, come pure defezioni di lungo termine.

Delle 195 segnalazioni di mortalità del 2015, 76 casi sarebbero dovuti a malattie, fatto decisamente prevedibile visti i cupi scenari igienico-sanitari di cui sopra. Altri 28 casi andrebbero ricondotti a cattive pratiche nella gestione delle colonie, 13 sarebbero dipesi dalla mancanza di cibo e 22 dai mancati ritorni delle api alle colonie per motivi non meglio precisati. In pratica, 139 casi su 195 avrebbero cause che con la chimica agraria nulla c'entrano. Direttamente attribuibili a intossicazioni da insetticidi, infatti, solo 13 casi, mentre la rimanenza delle segnalazioni presentava residui così bassi da non poter validare tale ipotesi, andando a ingrossare il gruppo delle morti senza una causa conclamata.

Ma qui iniziano le sorprese, perché questi insetticidi sarebbero di natura diversa dai neonicotinoidi, come per esempio spinosad, piperonil-butossido, piretrina e alletrina. Solo quest'ultima è un agrofarmaco di sintesi, mentre gli altri tre sono prodotti utilizzati in agricoltura biologica. Non sono mancati casi di compresenza di tau-fluvalinate e coumaphos, utilizzati contro la Varroa per la loro selettività verso le api. Coumaphos sarebbe però stato recentemente bandito in Francia, pur venendo ancora utilizzato, si suppone, in modo illegale.

Sia come sia, negli ultimi anni, la produzione di miele francese è crollata di circa il 30%, nonostante il lancio nel 2013 del Piano di Sviluppo di apicoltura Sostenibile voluto dal ministro all'Agricoltura Stéphane Le Foll. Una situazione per certi versi drammatica che potrebbe però essere addirittura peggiore di quanto già appaia. Molti apicoltori, infatti, ritengono che perfino il miele spacciato per francese sia in realtà d'importazione in ragione di una percentuale stimata fra il 25 e il 30%, tutto prodotto estero che si sospetta venga importato e rietichettato per apparire come locale. Una vera e propria frode che se verificata farebbe crollare ulteriormente la fiducia nel comparto apistico transalpino. Non a caso, lo stesso sindacato dei produttori avrebbe dato ironicamente tre ragioni alla base della crisi del mercato del miele francese: "La prima sarebbero le frodi, la seconda le frodi e la terza le frodi".

Al di là dell'autoironia, però, in occasione del 21° Congresso dell'Unione nazionale di apicoltura francese (Unaf), sarebbe stato presentato uno studio dal quale emergerebbero non conformità in ragione del 32% dei campioni analizzati. Per ironia della sorte, poi, il terzo Paese d'origine dei mieli d'importazione sarebbe l'Ucraina, quinto produttore mondiale e forte di produzioni sette volte superiori rispetto a quelle francesi. Dove starebbe l'ironia della sorte? L'aumento di produttività di miele ucraino sarebbe in buona parte dovuto all'espansione delle superfici a girasole, una delle essenze più attraenti per le api, e dalle fonti consultate è emerso come in Ucraina la semente di girasole possa essere ancora conciata con neonicotinoidi, talvolta a esplicita richiesta degli agricoltori.

Nel triennio 2011-2013 in Ucraina si è registrata una crescita delle produzioni di miele da 67.500 tonnellate a 71.430 per finire poi a 75.000. Sempre nel triennio 2011-2013 le esportazioni sono cresciute da 9.870 tonnellate a 35.000. Nel 2014, causa annata climatica avversa, fu l'anno in cui piovve praticamente in continuazione, le produzioni sono scese a 70.000 tonnellate. Dati più recenti sono difficili da reperire, causa conflitto con la Russia, il quale ha impattato anche le produzioni di miele del Paese.

Ciò non di meno resta un fatto: il miele ucraino proviene per il 50% dal girasole e questa coltura è cresciuta del 50% negli ultimi undici anni, passando dai circa 4 milioni di ettari del 2005 ai 6 milioni di ettari del 2016. Nel triennio sopra considerato, le superfici a girasole sono cresciute di quasi 800 mila ettari. Un incremento del 17% in superfici che risulta quindi coerente con quello dell'11% in miele.

Sconfina quindi nel grottesco che un Paese che ha sospeso i concianti neonicotinoidi per difendere le api, ora produca così poco miele da doverne importare a tonnellate da un altro Paese in cui l'uso dei medesimi concianti si sarebbe nel frattempo mantenuto se non addirittura incrementato. Una situazione che a quanto pare ha trovato eco anche in Francia, ove la Corte di Cassazione di Parigi si è pronunciata a favore di Gaucho il 4 gennaio 2017, definendolo "hors de cause", ovvero non responsabile.

Una decisione che dovrebbe fare meditare i giustizialisti nostrani e transalpini, sempre un po' troppo faciloni nel gettare croci addosso a questo o a quel prodotto senza prima aver valutato tutte le differenti cause di un fenomeno. Infatti in Francia, ignorando bellamente quanto sopra riportato, si avviano a bandire completamente i neonicotinoidi nel 2018, proprio in nome della difesa delle api.
A dimostrazione che quando una condanna è stata ormai emessa a livello mediatico e sociale, poi la politica si tappa occhi e orecchie e chiude la pratica senza più chiedersi se ciò sia cosa giusta.