Il grande successo del Carciofo (Cynara cardunculus spp. scolymus) è legato alla diffusione degli ecotipi locali, ovvero una popolazione di piante propagate per via agamica e selezionate in un determinato ambiente, che differenziano il calendario di raccolta con i loro diversi cicli colturali.

 

Gli ecotipi sono quindi piante autoctone, che sviluppandosi in uno specifico territorio, possiedono un'estesa diversità genetica e fenotipica.

 

Ed è proprio da questi carciofi locali che si è sviluppato l'attuale panorama varietale di Cynara. Un passo avanti è stato fatto poi con la costituzione degli ibridi F1, completamente italiani, che hanno dato l'avvio ad un'attività sementiera e vivaistica basata sulla produzione del seme a basso costo.

 

"Nel nostro paese la costituzione varietale del carciofo è stata per lo più limitata alla selezione clonale, effettuata nell'ambito di popolazioni locali propagate per via agamica. Nelle varie zone cinaricole sono coltivate molte tipologie di carciofo, che rappresentano un patrimonio di agro biodiversità" spiega Nadia Ficcadenti, dirigente di ricerca del Centro di Orticoltura e Florovivaismo del Crea (Crea-Of) di Monsampolo del Tronto (Ap).

 

AgroNotizie® in collaborazione con la Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana entra nel dettaglio sullo stato dell'arte del miglioramento genetico e delle innovazioni future per il settore cinaricolo.

 

La Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana si adopera per sviluppare la cooperazione scientifica e tecnica tra il mondo della ricerca, gli imprenditori ed i professionisti del settore ortoflorofrutticolo interessando con le sue azioni ed attività un ampio settore dell'agricoltura che include le colture arboree da frutto e da legno, le piante ortive, le colture floricole, le piante ornamentali, il vivaismo, i tappeti erbosi e la gestione del paesaggio e la tutela degli spazi a verde, con il fine ultimo di favorirne il progresso e la diffusione.

 

L'importanza degli ecotipi, un patrimonio genetico da preservare

Come spiegato in precedenza il panorama varietale del carciofo è rappresentato da selezioni ottenute dagli ecotipi locali propagati per via clonale (o agamica).

 

La propagazione clonale, ottenuta da moltiplicazione asessuata, utilizza ovoli, carducci e parti di ceppaia consentendo di ottenere cloni, ovvero individui geneticamente uguali (quindi con lo stesso Dna) della pianta madre.

 

In Cynara gli ovoli sono porzioni di rizoma ingrossate provviste di una o più gemme apicali e laterali. I carducci invece sono i polloni basali emessi dal rizoma delle piante di oltre un anno d'età nelle prime fasi vegetative, sono veri e propri germogli che in condizioni ideali sviluppano l’apparato radicale

 

La diversità genetica e fenotipica che possiedono gli ecotipi locali può essere utilizzata nei programmi di breeding per la costituzione di varietà con nuove caratteristiche utili. Oltre ad essere un importante patrimonio biologico, culturale ed economico.

 

In foto, selezione in campo delle popolazioni più performanti per la costituzione di nuove varietà di carciofo

In foto, selezione in campo delle popolazioni più performanti per la costituzione di nuove varietà di carciofo

(Fonte foto: Crea)

 

Per esempio, sono stati selezionati cloni di carciofo con caratteri di interesse agronomico all'interno delle popolazioni tardive a maturazione primaverile come i romaneschi, i toscani e i marchigiani. I cloni ottenuti, denominati "Donatello", "Michelangelo" e "Raffaele", sono stati poi iscritti al Registro Nazionale delle Varietà.

 

L'ampia variabilità genetica e fenotipica del "Violetto di Sicilia" ha permesso all'Università di Catania di selezionare dei cloni caratterizzati da una resa fino al 50% superiore in capolini e con un alto livello di polifenoli totali rispetto ai carciofi autoctoni di partenza.

 

Infine, lo studio della diversità genetica degli ecotipi marchigiani ed abruzzesi tardivi ha consentito al gruppo di ricerca del Crea-Of di Monsampolo del Tronto (Ap) di selezionare cloni con caratteristiche agronomiche superiori in termini di resa, epoca di maturazione, composizione nutraceutica e risanamento da virosi. Inoltre, da queste popolazioni è stato possibile selezionare e costituire degli ibridi F1 di cui parleremo a breve.

 

Gli ecotipi però presentano alcuni svantaggi, come per esempio la difficoltà a classificarli correttamente. 

 

"Sono frequenti i casi di omonimia e sinonimia, ovvero nel primo caso le diverse varietà sono denominate con lo stesso nome mentre nel secondo caso la stessa varietà viene chiamata con nomi diversi. - entra nel dettaglio Ficcadenti - Questa problematica porta ad una insoddisfacente uniformità e identità delle accessioni disponibili".

 

Gli ibridi F1: quando i figli superano i genitori

Data l'importanza economica che riveste il carciofo è fondamentale sviluppare nuove varietà e ibridi F1, cioè piante con caratteri quantitativi e qualitativi superiori ai genitori di origine, per poter rispondere alle nuove esigenze del mercato.

 

Questa esigenza nasce da una progressiva riduzione della produttività del settore stesso.

 

"Diverse sono le problematiche che hanno portato a questa situazione. Un esempio può essere l'assenza di attività vivaistica innovativa, l'aumento dei prezzi per le cure della raccolta, la difficoltà nel gestire le colture a causa della variabilità che si riscontra nelle coltivazioni e in particolare la creazione di carciofaie altamente inquinate da patogeni e virus".

 

Ma come nasce un ibrido F1?

 

In campo il costitutore incrocia piante della stessa specie per ottenere le cosiddette linee inbred per un carattere di interesse, per esempio un capolino molto ingrossato. Le linee inbred sono perciò una popolazione costituita da piante geneticamente simili fra di loro.

 
I continui incroci fra queste linee inbred e le continue selezioni della loro progenie permettono di ottenere, alla fine, delle piante figlie altamente efficienti in termini di resa e di qualità, ovvero gli ibridi F1.

 

Questo fenomeno prende il nome di vigore ibrido o eterosi

 

Il vigore ibrido o eterosi, nel caso del carciofo, si ottiene incrociando continuamente linee inbred imparentate fra loro e selezionando per ogni incrocio la progenie più efficente in termini di resa e qualità (Foto di archivio)

Il vigore ibrido o eterosi, nel caso del carciofo, si ottiene incrociando continuamente linee inbred imparentate fra loro e selezionando per ogni incrocio la progenie più efficente in termini di resa e qualità (Foto di archivio)

(Fonte foto: AgroNotizie®)

 

Se da un lato l'eterosi è un enorme vantaggio per il cinaricoltore, dall'altro è una problematica per la propagazione della varietà. Infatti, gli ibridi F1 non possono essere moltiplicati per seme perché si rischierebbe, con le generazioni successive, di perdere i caratteri agronomici desiderati.

 

La carciofaia sarebbe caratterizzata da piante con anomalie fisiologiche e morfologiche, come ad esempio nanismo, bassa efficienza fotosintetica, rappresentando per il cinaricoltore una grave perdita economica

Una soluzione, perciò, è quella di moltiplicare gli ibridi per via agamica tramite ovoli, carducci e parti di ceppaia (come gli ecotipi locali) ma non solo.

 

Si può difatti utilizzare il fenomeno della maschiosterilità, cioè piante che non riescono a produrre polline fertile, per poter garantire la produzione di seme ibrido senza spiacevoli "sorprese" genetiche in campo.

 

Maschi sterili per una produttività più controllata

La maschiosterilità permette di evitare l'autofecondazione della pianta stessa ma di ottenere comunque ibridi F1 di interesse commerciale tramite la produzione di seme.

 

"In questo ambito sono state svolte diverse attività di ricerca finalizzate a sviluppare ibridi di carciofo e parentali maschiofertili e maschiosterili. Sono state effettuate diverse combinazioni ibride e selezionate quelle in grado di dare progenie più omogenee, tra cui quella che ha dato origine al famoso ibrido F1 Romolo". - continua a spiegare Ficcadenti - "In questo modo si è potuta creare una filiera sementiera e vivaistica senza il pericolo di incorrere in incroci casuali in campo e con il rischio di perdere le caratteristiche agronomiche selezionate".

 

I diversi passaggi per la produzione di ibridi F1 in una carciofaia

I diversi passaggi per la produzione di ibridi F1 in una carciofaia

(Fonte foto: Crea)

 

Questo perché il carciofo coltivato in pieno campo, oltre ad autofecondarsi, produce i semi che sono il risultato di incroci casuali. Inoltre, ogni singolo fiore che costituisce il capolino potrebbe incrociarsi con il polline proveniente da piante differenti.

 

In poche parole, un solo carciofo può produrre semi che a loro volta porterebbero la costituzione di individui molto diversi fra loro in termini fenotipici e genetici con una coltivazione non omogenea e di conseguenza non redditizia

 

"Un'altra importante scoperta che ha reso possibile accelerare l'ottenimento degli ibridi F1 è stata la disponibilità di uno o più geni maschiosterili trovati una popolazione segregante sviluppata in Francia. L'impiego della maschiosterilità ha consentito di evitare il pericolo delle autofecondazioni e di rendere possibile la costituzione di seme ibrido su scala commerciale"

 

L'impiego del seme ibrido porta ad una serie di vantaggi agli operatori del settore: annualità della coltura, meccanizzazione delle operazioni colturali, miglioramento dello stato sanitario della pianta, omogeneità delle carciofaie, maggiore espressione del potenziale produttivo già al 1° anno di impianto, avvicendamento con altre colture, riduzione dell'impiego di prodotti fitosanitari, espansione della coltivazione in regime biologico, sviluppo vivaistico senza esigenza di ricorrere alla certificazione fitosanitaria.

 

Lotta ai patogeni fungini, con la genetica è possibile?

"Pochissimi studi hanno affrontato le malattie che colpiscono questa coltura in pieno campo. Il miglioramento genetico per l'introduzione di geni di resistenza o tolleranza a stress biotici e abiotici, o per altre caratteristiche, ha sinora ottenuto risultati limitati"

 

Particolare importanza riveste la lotta contro l'avvizzimento del carciofo causato da Verticillium dahliae. Questa tracheomicosi è ormai riconosciuta come uno dei maggiori problemi fungini che limitano la resa della coltura di carciofo in diverse aree di coltivazione

 

La strategia di controllo è basata soprattutto sul trapianto in suoli non infetti, sull'impiego di piante sane e di rotazioni con specie non ospiti. La maggior parte delle pratiche agronomiche usate per contenere la diffusione del patogeno sono però costose e spesso infruttuose

 

Quindi la costituzione di varietà portanti i geni per la tolleranza o la resistenza alla malattia rappresenta uno dei metodi migliori di lotta; purtroppo però richiede tempi molto lunghi.

 

La costituzione di varietà di carciofo con geni di tolleranza o resistenza a Verticillium dahliae potrebbe essere uno dei metodi di lotta più efficace

La costituzione di varietà di carciofo con geni di tolleranza o resistenza a Verticillium dahliae rappresenta uno dei metodi di lotta più efficace

(Fonte foto: Crea)

 

Una soluzione rapida per controllare la trasmissione della malattia dal suolo alla pianta potrebbe essere l'innesto erbaceo utilizzando portainnesti resistenti.

 

Diversi sono stati gli studi per capire come sfruttare questa metodologia.

 

Un programma di studio volto a verificare la possibilità di utilizzare piante di carciofo innestate su portainnesti resistenti ha permesso di recuperare fonti di resistenza in una collezione di cardi selvatici e coltivati.

 

Un altro programma ha studiato un'ampia accessione di germoplasma di carciofo e cardo selvatico, in cui sono state selezionate per la resistenza a Verticillium dahliae 7 accessioni spinose. Lo studio ha permesso di trovare una tolleranza interessante alla malattia anche in ecotipi di cardo tunisini.

 

"Questi risultati insieme allo screening dei genotipi di carciofo sono da ritenersi utili per le fonti di resistenza e dovrebbero essere utilizzati nei programmi di miglioramento genetico per costituire le nuove cultivar e dare una risposta immediata ai cinaricoltori che operano in zone dove tali malattie sono particolarmente aggressive" sottolinea Ficcadenti.

 

Sequenziamento del genoma: dal 2016 ad oggi ci sono novità?

Il sequenziamento è una tecnica che permette di determinare tutte le informazioni genetiche contenute nel genoma, che possono essere ereditate da un individuo, ancora prima che quest'ultimo venga coltivato in pieno campo.

 

La prima sequenza del genoma di carciofo è stata ottenuta nel 2016 da una linea che ha permesso di identificare 26.889 geni candidati presubilmente coinvolti nella risposta a stress biotici e abiotici, e nella produzione di metaboliti secondari.

Leggi anche: Genetica, svelati i segreti del carciofo

Successivamente sono stati sequenziati 5 genotipi di carciofo che rappresentavano i principali gruppi varietali coltivati e una varietà di cardo coltivato (Cynara cardunculus var. altilis). Questo secondo lavoro ha permesso di individuare 28.310 geni candidati, ovvero il 5% in più del genoma di riferimento utilizzato.

 

Tra questi 28.310 geni sono stati trovati quelli candidati per la resistenza, per circa il 2% del totale dei geni individuati in tutti i genotipi.

 

Recentemente poi con l'utilizzo di uno strumento di analisi genomica avanzata, chiamato Hi-C, è stato possibile ottenere un nuovo genoma di riferimento e individuare 28.632 geni; quindi, ancora più informazioni sul Dna di questa specie. Difatti sono stati scoperti i geni coinvolti nell'attivazione della risposta di difesa a diversi patogeni.

 

Questi risultati sono stati inseriti e resi disponibili ai ricercatori nel Globe Artichoke Genome Database.

 

"La disponibilità della sequenza del genoma di carciofo e di cardo selvatico permette di approfondire gli studi filogenetici, e apre nuove prospettive per il miglioramento genetico di importanti caratteri, quali la resistenza e la produzione di metaboliti secondari anche mediante l'impiego delle nuove Tecniche di Evoluzione Assistita" conclude Ficcadenti.

 

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