La ricetta è apparsa nei giorni scorsi sul New York Times e porta la firma di Robert Leonard, direttore delle notizie per le stazioni radio Knia e Krls, e di Matt Russell, agricoltore e comproprietario dell'azienda Coyote Run Farm, in Iowa, uno degli Stati agricoli per eccellenza degli Usa, che grazie alla produzione maidicola e cerealicola può vantare una zootecnia particolarmente sviluppata nel paese.
Il fatto che se ne occupi il New York Times, uno dei quotidiani più letti al mondo e - in alcuni frangenti - anticipatore dei grandi temi che riguardano il futuro e le grandi questioni del pianeta, suggerisce che c'è una certa urgenza a individuare una soluzione efficace.
Gli autori, analizzando "un elenco in espansione di crisi legate al riscaldamento globale", evidenziano una situazione poco edificante: "Finora, i nostri approcci sono stati frammentari, enormemente costosi e in gran parte infruttuosi".
Indubbiamente, scrivono, "un denominatore comune per molte di queste crisi riguarda il modo in cui usiamo la terra, ed è qui che troveremo la soluzione. Una soluzione semplice, economica e relativamente rapida è quella di pagare gli agricoltori e gli allevatori per i servizi ambientali".
Naturalmente si parla di servizi concretamente "misurabili". Quello che servirebbe, in particolare, è cambiare approccio sia nella gestione dell'agricoltura - optando per una maggiore tutela del suolo, che rappresenta una variabile determinante per il futuro della produttività e della produzione di derrate agricole - sia nell'erogazione di fondi pubblici.
"Forniamo già un enorme sostegno fiscale ai coltivatori per stabilizzare il nostro approvvigionamento alimentare. I salvataggi commerciali dell'amministrazione Trump per gli agricoltori per un importo di 28 miliardi di dollari nel 2018 e nel 2019 sono esempi. Sfortunatamente, in questo momento, gli agricoltori che investono in pratiche di conservazione subiscono uno svantaggio competitivo rispetto a quelli che non lo fanno. Azioni per l'ambiente o per la realizzazione di pozzi rappresentano per gli agricoltori un ingente esborso di denaro, soprattutto in questa fase in cui perdono soldi per i bassi prezzi delle materie prime e il freno dovuto ai dazi posti dal presidente Trump".
Eppure, secondo Leonard e Russel, "anche una piccola percentuale dei miliardi in gioco può essere diretta a incentivare la cattura del carbonio, tra gli altri servizi ambientali. Gli agricoltori si concentrerebbero su cinque categorie di azioni e genererebbero benefici ambientali e sociali collaterali: la conservazione del terreno; mantenere le radici nel terreno tutto l'anno (come usare le colture di copertura); utilizzare il bestiame per servizi ambientali come il pascolo gestito; aggiungere colture in rotazione; produrre energia rinnovabile".
Dalla teoria alla pratica. Gli autori avanzano anche qualche azione concreta di aiuto. "Il dipartimento dell'Agricoltura potrebbe lavorare con il suo Istituto nazionale per l'alimentazione e l'agricoltura (generalmente le istituzioni di concessione di terreni) per istituire i meccanismi per misurare e premiare la cattura di carbonio nelle aziende agricole. Un piccolo agricoltore nell'Iowa, ad esempio, si iscriverebbe al dipartimento dell'Agricoltura, che a sua volta offrirebbe i pagamenti per il carbonio sottratto dall'atmosfera e bloccato nel terreno. Il valore di quel carbonio sarebbe determinato in tempo reale da governi e mercati. Ma i mercati del carbonio non sono sufficienti. I mercati sono rischiosi e se non apportano più profitti agli agricoltori, gli altri pagamenti devono colmare il divario in termini di redditività per mantenere gli agricoltori in attività e svolgere un servizio pubblico".
Servirà, chiaramente, un budget finalizzato al mercato del carbonio in agricoltura. Gli estensori dell'articolo suggeriscono di partire con un fondo di "16 miliardi di dollari all'anno, che corrispondono al più recente salvataggio attuato dal presidente Trump come risposta alle tensioni internazionali sui dazi. Il Fondo per la difesa ambientale afferma che l'attuale costo sociale del carbonio è di circa 40 dollari per tonnellata".
Nel contesto, anche le energie rinnovabili possono costituire un "bonus aggiuntivo", con l'effetto di tutelare le aziende agricole dal calo dei prezzi di mercato e spalancare le porte a un altro tassello della lotta ai cambiamenti climatici: la rotazione colturale. "Invece di coltivare unicamente la soia, è possibile diversificare e seminare mais, avena e fieno, aggiungere le colture di copertura durante la stagione dei maggesi e il bestiame per pascolare la copertura, nutrire il fieno e aggiungere sostanze nutritive al terreno. Concentrandosi sull'attività biologica nel suolo, si può aumentare la materia organica e quindi immagazzinare carbonio. Nelle loro aree meno produttive, gli agricoltori potrebbero concentrarsi sulla conservazione del carbonio, istituendo una zona umida, piantando alberi o creando habitat per gli impollinatori".
L'articolo si sofferma anche sulle dimensioni, un altro elemento chiave sul quale la sociologia rurale sta dibattendo. L'articolo del New York Times presenta la tesi degli autori. "Pensiamo che le piccole e medie aziende agricole dovrebbero essere compensate di più - scrivono Leonard e Russel -. Le fattorie più grandi sono importanti per via delle dimensioni e perché sono ideali per adattare la tecnologia all'efficienza, ma le fattorie più piccole sono più capaci di innovazione, come hanno dimostrato gruppi come Practical farmers of Iowa. Fornire incentivi alle piccole e medie imprese a conduzione familiare che premiano l'innovazione e aiutano a impostare in modo creativo più pratiche agricole come invece le aziende più grandi non sono in grado di fare". Anche perché, rilevano gli autori, "quasi tutte le fattorie più piccole hanno un reddito sia in azienda che fuori - ad esempio, qualcuno ha un lavoro in città. Questi flussi multipli di reddito creano resilienza e capacità di innovare".
Le soluzioni ecologiche, debitamente sostenute sul fronte economico, avranno anche un altro riscontro. Eviteranno la scomparsa delle piccole e medie aziende agricole, che invece stanno progressivamente "scomparendo dall'America rurale e con loro le nostre piccole città stanno cadendo come un domino. Pagare agli agricoltori in questo modo creerebbe numerosi benefici collaterali: migliore qualità dell'acqua, maggiore diversità biologica, la necessità di utilizzare meno agrofarmaci ed erbicidi e lo sviluppo economico rurale (l'incremento del carbonio richiede livelli più alti di gestione e lavoro)".
Certo, riconoscono gli autori, "non siamo i primi a tirar fuori questo. Un piccolo ma crescente numero di agricoltori, scienziati e organizzazioni agricole ritengono che la soluzione sia una soluzione volontaria in cui gli agricoltori siano compensati. Con gli incentivi, gli agricoltori americani saranno all'avanguardia nel proteggere gli ecosistemi, mentre producono il nostro cibo e le nostre fibre. Potrebbe anche essere lo strumento per offrire un modello globale mentre il mondo sviluppa strategie di gestione del territorio per combattere la crisi climatica".