Vespa orientalis è un calabrone che sta diventando una specie invasiva in molte parti d'Italia dove fino a pochi anni fa non era presente e ormai noto anche alla cronaca e al pubblico non addetto ai lavori.
Non si tratta di un insetto alieno, arrivato dall'estero, ma di una specie da sempre presente nel Sud Italia, ma che da qualche tempo ha iniziato ad espandersi verso Nord, favorito anche dal cambiamento climatico che gli rende possibile stanziarsi anche a latitudini maggiori.
Esemplare il caso di Roma, colonizzata di recente da questo insetto, dove da qualche anno si susseguono notizie del ritrovamento e della distruzione di grossi nidi del calabrone, che ultimamente è balzato agli onori della cronaca anche per avere distrutto l'apiario urbano sul tetto del Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, proprio appena prima dell'apertura del G7.
Vespa orientalis infatti è un temibile predatore di api da miele, che caccia attivamente potendo uccidere centinaia di esemplari per nutrire le sue larve, oltre a ridurre l'attività di volo delle bottinatrici e a ridurre la possibilità di approvvigionamento di cibo degli alveari che quindi, anche se non vengono completamente spopolati dalle predazioni, tendono ad indebolirsi e a deperire.
Ma forse il calabrone potrebbe essere ancora più pericoloso, potendo contrarre e diffondere anche alcuni patogeni delle api stesse.
E proprio su questo aspetto si è focalizzato uno studio dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, recentemente pubblicato sulla rivista scientifica Veterinary Medicine and Science, che ha anche valutato la potenziale pericolosità per l'uomo.
Per farci spiegare cosa è emerso da questo studio abbiamo intervistato la dottoressa Anna Granato, dirigente biologo dell'Izs delle Venezie, che ha coordinato il lavoro di ricerca.
Dottoressa Granato in cosa è consistito questo studio?
"Si è trattato di una sperimentazione in campo che ha previsto l'utilizzo di apiari sperimentali come esca e di trappole per la cattura di Vespa orientalis con lo scopo di indagare da un lato la presenza di agenti patogeni veicolati da questi calabroni, che potrebbero potenzialmente minacciare non solo la salute delle api, ma anche quella dell'uomo attraverso le sue punture, e dall'altro di descrivere il comportamento predatorio del calabrone nei confronti delle colonie di api mellifere.
La sperimentazione in campo si è svolta nella provincia di Trieste, città in cui Vespa orientalis è presente fin dal 2018 e probabilmente arrivata nel porto commerciale con le merci trasportate dalle navi. Sono stati allestiti tre apiari sperimentali collocati in diverse posizioni e altitudini. Un primo apiario, identificato come 'apiario 1 - urbano', è stato posizionato in un parco urbano nel centro città; un secondo apiario, 'apiario 2 - collina suburbana', è stato collocato in una zona abitata ma periferica della città, a circa 200 metri sopra il livello del mare; un terzo apiario, 'apiario 3 - bosco carsico', è stato posto nel fitto del bosco di una zona disabitata e lontano dal centro cittadino, a circa 300 metri sul livello del mare.
In questi tre apiari sperimentali sono state effettuate, in maniera sistematica e con appropriata strumentazione, osservazioni in merito alla presenza di Vespa orientalis e al suo comportamento predatorio nei confronti delle colonie di api, per la raccolta di dati qualitativi sull'effetto stressante esercitato sugli alveari. Le osservazioni sono state realizzate dalla primavera (per la cattura di regine) all'estate inoltrata (per la cattura di operaie) e sono state raccolte/catturare in totale 15 esemplari di Vespa orientalis di cui solo 4 regine e 5 operaie idonee alle successive analisi".
Quali patogeni dell'alveare sono stati trovati in Vespa orientalis?
"Sono stati oggetto di indagine molecolare i principali patogeni delle api, nello specifico funghi (Nosema apis/Nosema ceranae), tripanosomatidi (Lotmaria passim e Crithidia mellificae) e i virus più frequentemente ricercati e rilevati in questo insetto (virus delle ali deformi - Dwv; virus della paralisi acuta - Abpv; virus della paralisi cronica - Cbpv; virus della covata a sacco - Sbv; virus della cella reale nera - Bqcv; virus israeliano della paralisi acuta - Iapv; Kashmir virus - Kbv).
In tutti e nove i campioni di Vespa orientalis analizzati (quattro regine e cinque operaie) le analisi molecolari hanno rilevato solo delle co-infezioni virali, con la presenza concomitante da 2 a 5 dei sette virus di Apis mellifera. Bqcv e Sbv sono i virus più spesso rilevati (rispettivamente, in tutti e 9 e in 8 campioni), seguiti da Dwv (in 6 campioni), da Cbpv (in 2 campioni) ed infine Abpv (in un solo campione).
Nei calabroni non sono stati mai rilevati i virus Iapv e Kbv, Nosema apis o Nosema ceranae e i tripanosomatidi Lotmaria passim e Crithidia mellificae".
In che modo il calabrone potrebbe diffondere queste malattie e come?
"Sebbene studi recenti dimostrino che esiste una trasmissione di patogeni delle api (con particolare riferimento ai virus) dalle api ai vespidi e che in alcuni casi questi patogeni sono in grado di replicarsi nel nuovo ospite, non esistono invece studi che dimostrano la trasmissione inversa, ossia dai vespidi alle api mellifere.
Qualora si dimostrasse che i patogeni rilevati in Vespa orientalis sono anche in grado di replicarsi, si potrebbe ipotizzare come possibile via di diffusione di queste malattie la contaminazione (ad esempio mediante il rilascio di feci infette) dell'ambiente e/o del nutrimento presente nell'habitat condiviso con le api, che quindi si infetterebbero passivamente attraverso l'alimentazione.
Non è noto se acari parassiti delle api, e tra questi Varroa destructor, conosciuto anche per svolgere un ruolo importante nella trasmissione virale nelle api, potrebbero essere in qualche modo coinvolti. Mentre ad oggi non esistono evidenze della presenza di Varroa destructor nel ciclo vitale di Vespa orientalis, recentemente nel Nord della Spagna è stata rilevata per la prima volta la presenza di acari del genere varroa attaccati alla parte latero-ventrale dell'addome di esemplari di Vespa velutina, nonostante anche per questo calabrone non vi siano evidenze della presenza di questo acaro nel suo ciclo vitale.
Sono necessari studi per acquisire informazioni utili e incrementare le conoscenze sulle possibili vie e modalità di trasmissione di patogeni da Vespa orientalis alle api da miele".
Ma questi agenti patogeni potrebbero avere un impatto negativo sul calabrone stesso e quindi essere un limite alla sua diffusione o no?
"Ad oggi non si conoscono gli effetti che i virus potrebbero avere sulla salute di questo calabrone e quindi nemmeno se possono essere un limite alla sua diffusione.
Le ricerche sinora effettuate su Vespa orientalis, infatti, si sono focalizzate principalmente sulla sola presenza di patogeni delle api in questo insetto, sia allo stadio di larva che di adulto. Poiché non si conosce se questi patogeni siano anche in grado di replicarsi in Vespa orientalis, per questo calabrone è stato suggerito un possibile ruolo di vettore meccanico nella diffusione di questi patogeni, acquisiti passivamente attraverso la cattura e sezionamento di api infette.
Anche per altri vespidi la maggior parte degli studi descrive la presenza di virus delle api, anche nella loro forma replicativa, correlata talvolta con la sintomatologia, ma gli effetti o la capacità di infettare altri ospiti sono ancora molto poco indagati e necessitano pertanto di approfondimenti".
A margine di questo studio avete valutato anche la pericolosità per l'uomo, non certo per la diffusione di queste malattie che noi non possiamo contrarre, ma per le punture e le loro possibili conseguenze. Cosa è venuto fuori? È più pericoloso di altri calabroni o di altre vespe?
"La pericolosità di questo calabrone è comparabile a quella degli altri vespidi. Ciò che fa la differenza è la risposta dell'uomo al veleno iniettato dalla puntura di una vespa che dipende dalla sensibilità individuale, variabile da persona a persona e, con questa, il grado di pericolosità. La reazione dell'individuo alla puntura di una vespa può manifestarsi, pertanto, con esiti clinici differenti, che vanno dalle comuni reazioni locali alle ben più gravi e pericolose reazioni allergiche, che possono manifestarsi in soggetti allergici o sensibili al veleno, fino allo shock anafilattico che può avere conseguenze anche mortali.
Le punture di Vespa orientalis sono molto dolorose in quanto, essendo di dimensioni maggiori rispetto ad una vespa 'classica', iniettano più veleno e nonostante la vespa possa pungere più volte, la maggior parte del veleno viene inoculata con la prima puntura. Oltre al dolore, le punture di questo calabrone danno origine a reazioni locali caratterizzate da arrossamento, gonfiore, senso di bruciore che possono aggravarsi e persistere nei primissimi giorni post puntura per poi scomparire completamente generalmente nel giro di 7-10 giorni".