Le aziende agrarie con almeno una unità lavorativa occupata a pieno tempo, sono poco più di trecentomila, secondo le valutazioni condotte da economisti agrari. I piccoli coltivatori part time, gli agriturismi che svolgono servizi utili, non producono prodotti alimentari per il mercato, e non fanno per questo parte dell'agricoltura secondo i criteri oggi adottati anche dall'Eurostat.

La maggior parte del valore aggiunto proviene da queste aziende che, in netta prevalenza, sono nelle aree pianeggianti e nelle aree della bassa collina.

Sono in difficoltà a competere con quelle europee più efficienti. Le esportazioni delle principali commodities sono in declino.

La produttività del lavoro dall'inizio degli anni novanta non è aumentata e con l'inflazione il potere di acquisto degli agricoltori è diminuito. 

 

I redditi agricoli sono oggi i più bassi nella Ue e, secondo una recente stima dell'Inea, sono prossimi a quelli dei paesi in via di sviluppo. I giovani per questi motivi non subentrano a coloro che lasciano l'attività.

Mentre la nostra agricoltura non migliora quella della Unione Europea è in espansione ed il futuro si presenta promettente. La domanda di molti prodotti agricoli aumenta per la crescita economica dei grandi paesi asiatici. Quelli ex sovietici non sono capaci di sfruttare le grandi potenzialità e sono obbligati addirittura ad importare. Per questi motivi le quotazioni sono destinate a salire. 

Le cause di questo malessere, che gli agricoltori manifestano da tempo anche platealmente, sono numerose ed anche note. La dimensioni delle aziende sono troppo modeste e non consentono un reddito adeguato, gli ostacoli per modificare questa situazione sono difficili da rimuovere.

Il prezzo dei terreni agricoli, specialmente nelle pianure, è molto elevato per la crescita delle città che vanno sottraendo gradatamente i migliori terreni alle attività primarie mentre la corruzione assai spesso vanifica i vincoli urbanistici, distorcendo il mercato fondiario.

La ricchezza degli italiani da sempre è orientata al "mattone". Motivi psicologici, una politica fiscale assai favorevole attraggono la grande maggioranza dei capitali interni e le quotazioni dei terreni ovviamente sono fortemente influenzate. Questa situazione presenta vantaggi e svantaggi. 

Il nostro agricoltore, nella grande maggioranza proprietario, è finanziariamente un solido benestante, il suo compenso orario è però inferiore a quello del salariato avventizio, sul piano tecnico è molto avanzato. Le rese unitarie delle coltivazioni e degli allevamenti risultano frequentemente più alte di quelle dei colleghi europei.

Non può ampliare l'azienda, acquistando i terreni, in quanto i prezzi sono troppo alti e soprattutto non proporzionali alla redditività.

L'affitto, per le alte quotazioni fondiarie e la legislazione italiana che da sempre privilegia il proprietario, è non facilmente utilizzabile.

La superficie media delle aziende in Italia quindi non cresce, come è avvenuto ed è anche ora in atto nella Ue ed in altri continenti, anche se con l'invecchiamento della popolazione agricola molte aziende ogni anno chiudono.

Il parco macchine è sovradimensionato ed obsoleto. Per decenni gli agricoltori hanno avuto e disposizione contributi per acquistare mezzi meccanici, oggi il flusso di denaro pubblico si è ridotto e la domanda è fortemente scesa. 

L'agricoltore ricorre sempre più al contoterzismo non solo per la maggiore professionalità dei conduttori ma perché i noleggiatori hanno mezzi più moderni ed efficienti.

In conclusione la modesta ampiezza aziendale, gli alti livelli di capitale agrario, la frammentazione e la polverizzazione dei campi spesso non adatti al lavoro meccanico, l'elevata incidenza delle spese fisse influenzano negativamente i costi di produzione che sono fra i più alti nell'Unione Europea.

In Italia vi è un agronomo assistente per ogni dieci agricoltori. La grande maggioranza di questo esercito lo aiuta esclusivamente ad attingere fondi dalle casse dello stato e ad ottemperare ad una congerie di pratiche amministrative, di cui molte di dubbia utilità. Vi sono assai pochi esperti per la consulenza alla gestione, per assistere l'imprenditore a pianificare, ad innovare prodotti e processi, a valutare e programmare gli investimenti.

L'agricoltore italiano sa tutto sui concimi, sulle nuove sementi, su come fare la lotta ai parassiti, sulle nuove macchine ma senza l'ausilio della contabilità a partita doppia non conosce l'andamento della impresa ed ignora come migliorare la efficienza, non ha supporti per interpretare e rispondere ai segnali del mercato, per trovare nuovi sbocchi, per sfruttare fino in fondo le opportunità della tecnica e della globalizzazione.

Le vie per uscire da questa situazione drammatica, assai simile, pur con alcune eccezioni, a quella delle PMI manifatturiere e dei servizi, sono purtroppo assai poche.

Una nuova legge sull'affitto orientata all'impresa potrebbe almeno consentire agli agricoltori dinamici di aumentare la superficie coltivata, unica via per accrescere il margine lordo ed i redditi.

Gli allevatori, nelle vaste aree arborate ed incolte dell'alta collina appenninica, quasi ovunque abbandonate, potrebbero impiantare allevamenti estensivi per la produzione di carne a costi quasi certamente concorrenziali.

Essendo impossibile oggi una riforma agraria nella direzione opposta a quella del secolo scorso non rimane che questo strumento, per altro utilizzato ampiamente in tutti i paesi, non solo europei, da oltre mezzo secolo e che ha aumentato sensibilmente la dimensione delle imprese agricole. 

Associazione Economisti d'Impresa

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