Dopo un 2022 particolarmente critico per gli attacchi di mosca delle olive (Bactrocera oleae), gli agricoltori si stanno approcciando a questa nuova annata con la speranza che l'andamento meteo sia meno favorevole agli attacchi di questo fitofago. Nel frattempo vengono preparate tutte le "armi" rimaste dopo lo stop al dimetoato.
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Da questo punto di vista è interessante l'esperienza fatta in Toscana, come in altre regioni italiane, con le reti antinsetto. Si tratta delle classiche reti utilizzate principalmente in frutticoltura, che vengono applicate agli olivi per impedire alla mosca di raggiungere le drupe e qui ovideporre.
D'altronde le molecole insetticide scarseggiano e dunque le strategie di difesa dell'oliveto si stanno sempre di più spostando verso un approccio preventivo, volto ad impedire agli adulti di accoppiarsi e di depositare le uova all'interno delle olive. E da questo punto di vista le reti possono giocare un ruolo importante.
Reti antinsetto contro la mosca delle olive, l'esperienza toscana
Per capire pregi e difetti di questa tecnica abbiamo parlato con Luigi Calonaci, agricoltore toscano che affianca diverse aziende sul territorio e che dal 2019 segue un impianto superintensivo realizzato con cultivar tipiche toscane e coperto da reti antinsetto da 70 grammi/m2.
"L'esperienza è estremamente positiva, in quanto le reti sono in grado di bloccare la mosca. Anche le prove condotte insieme a docenti universitari hanno dimostrato che la mosca non è sostanzialmente in grado di ovideporre. Dunque, i trattamenti insetticidi sono superflui".
Le reti vengono posizionate in campo non all'inizio della stagione, ma prima che le drupe diventino suscettibili, quindi qualche settimana antecedente la fase di indurimento del nocciolo. Vengono poi tenute per tutta la stagione e levate solo in procinto della raccolta.
Sotto le reti le olive hanno una maturazione normale
(Fonte foto: Luigi Calonaci, agricoltore)
Le prove, condotte presso l'Azienda Agraria Fedi Antonella, a San Casciano in Val di Pesa (Firenze), sono state fatte su un impianto superintensivo di 2,7 ettari, realizzato con undici differenti cultivar toscane (Moraiolo, Leccio del Corno, Maurino, Frantoio e altre) ad un sesto di impianto di 4,50x1,30 metri. "Per essere economicamente sostenibile il metodo delle reti può essere applicato solo ad impianti a filari, come quelli superintensivi. Mentre in impianti tradizionali, con sesti d'impianto ampi, la manodopera necessaria alla copertura sarebbe troppo elevata".
Costi e opportunità delle reti antinsetto
Inutile nascondere che il grosso problema dell'utilizzo delle reti antinsetto in olivicoltura è il costo elevato per l'acquisto del materiale e della manodopera necessaria per installare le coperture. Un costo che in altri settori, come la frutticoltura, può essere affrontato, mentre nell'olivicoltura i margini sono talmente bassi da rendere la pratica antieconomica.
"Se consideriamo un periodo di ammortamento delle reti lungo, ad esempio di dodici anni, il costo è sostenibile", ci spiega Calonaci, che poi aggiunge: "dobbiamo considerare anche il fatto che le produzioni sono elevate, in media di 80 quintali ad ettaro, e che la qualità è ottima, tanto che gli oli prodotti stanno riscuotendo un certo successo alle varie competizioni a cui partecipano".
Molto dipende dalla tipologia di azienda. Ad esempio, oliveti in aree ventose rischiano di subire danni precoci e ingenti alle reti. Inoltre va sempre tenuta in considerazione la superficie da coprire e la disponibilità di manodopera.
D'altro canto, bisogna anche considerare, tra i risparmi, quello relativo all'acquisto di sostanze per la difesa e al costo dei trattamenti, sia in termini di gasolio consumato che di tempo speso sul trattore. Per alcuni agricoltori che hanno abbracciato questo sistema, un pregio non indifferente è la serenità: non si ha l'ansia di sapere quale sarà la pressione della mosca, poiché le piante sono sempre al sicuro.
Gli effetti della rete antinsetto sulle piante
Ma quali sono gli effetti che le reti hanno sulla biologia dell'olivo? "Potremmo dire generalmente positivi, in quanto dalla mia esperienza non abbiamo assistito né ad un aumento delle malattie fungine, che si poteva temere a causa di un maggiore ristagno di aria nella chioma, né ad un calo di produzione, che arriva appunto intorno a 80 quintali all'anno".
Le reti, di colore bianco, hanno infatti il pregio di creare un ombreggiamento parziale della chioma, proteggendola dagli effetti negativi di una eccessiva radiazione solare durante i mesi estivi, quando la quantità di luce che colpisce le foglie è ben superiore a quella necessaria alla fotosintesi.
L'altro aspetto interessante, sottolineato da Luigi Calonaci, è che le reti, esercitando un effetto di contenimento meccanico della chioma, tendono a limitare la nascita di succhioni e a ridurre la vigorìa della pianta, rendendo adattabili al superintensivo varietà autoctone toscane che normalmente non possono avere questo impiego.
La vigorìa delle piante viene contenuta dalle reti
(Fonte foto: Luigi Calonaci, agricoltore)
Mosca dell'olivo, usare le reti conviene?
Non è possibile dare una risposta univoca a questa domanda, poiché ogni realtà agricola è unica e ogni agricoltore deve fare le proprie valutazioni. Bisogna prima di tutto dire che le reti antinsetto possono essere usate solo negli impianti superintensivi e già questo ne limita, per ora, la diffusione.
Bisogna poi mettere su un piatto della bilancia i costi sostenuti per la difesa tradizionale, sia in termini economici che di tempo speso, e le perdite produttive. Sull'altro piatto della bilancia bisogna mettere invece il costo dell'acquisto delle reti e degli altri materiali e soprattutto il tempo necessario a stendere le reti e a legarle.
Fatte queste premesse, sicuramente questo genere di soluzioni ha una marcia in più negli oliveti gestiti in biologico, dove gli strumenti a disposizione sono meno rispetto al convenzionale, e su piccole superfici, dove la gestione del fattore manodopera è più agevole.
Le reti vengono posizionate in campo non all'inizio della stagione, ma prima che le drupe diventino suscettibili, quindi qualche settimana antecedente la fase di indurimento del nocciolo
(Fonte foto: Luigi Calonaci, agricoltore)