Uno studio realizzato dall'Università della Tuscia di Viterbo e da poco pubblicato sulla rivista scientifica Molecules, ha valutato l'efficacia dell'uso di un composto di origine naturale, il chitosano per il controllo di questa malattia, ottenendo risultati molto interessanti.
Per farci spiegare cosa è stato fatto abbiamo intervistato Giorgio Mariano Balestra, docente di Strategie di difesa ecosostenibile delle coltivazioni agrarie all'Università della Tuscia di Viterbo, che ha coordinato lo studio e da anni è impegnato nello sviluppare ed applicare tecnologie di protezione biologica per il controllo di differenti agenti di malattia a carico di coltivazioni agrarie.
Giorgio Mariano Balestra, cosa avete fatto in questo lavoro?
"Questo studio è stato realizzato nell'ambito del progetto Psr SmartAgri platform coordinato dal Consorzio agrario dell'Umbria, dove stiamo lavorando alla filiera del grano e, tra i vari aspetti, intendiamo sviluppare anche delle strategie di protezione a ridotto impatto ambientale dal fungo (Fusarium graminearum), particolarmente dannoso ed agente causale della fusariosi della spiga del grano.
Attualmente questa fitopatia è fronteggiata con l'impiego di alcuni fungicidi di sintesi, ma la loro efficacia è piuttosto variabile; inoltre queste molecole chimiche si accumulano nel suolo e sono pericolose per gli animali come per l'uomo.
Con la dottoressa Sara Francesconi e in collaborazione con colleghi austriaci della University of natural resources and life sciences di Vienna, abbiamo valutato gli effetti antifungini del chitosano, un bio-polimero di origine naturale e abbiamo pubblicato i risultati sulla rivista scientifica internazionale Molecules".
Cosa è il chitosano e da dove si ricava?
"Il chitosano è un polisaccaride naturale e deriva dalla chitina, la quale è il principale componente dell'esoscheletro dei crostacei. Quindi, la chitina è un polimero totalmente naturale e ad oggi rappresenta uno scarto perché non è un prodotto interessante per l'industria alimentare. Da questo scarto si può estrarre a basso costo la chitina e attraverso un processo chimico trasformarla in chitosano".
E come è nata l'idea di usarlo per il controllo della fusariosi?
"Noi siamo da molto tempo impegnati nella valorizzazione degli scarti derivanti da diverse filiere agroalimentari al fine di impiegarli nella protezione delle piante. Di conseguenza, abbiamo pensato di utilizzare il chitosano sia perché il suo impiego rispecchia i principi dell'economia circolare, ed in particolare delle green economy, sia perché sono già note in letteratura diverse proprietà interessanti di questa molecola, quali proprietà biostimolanti filmanti ed antimicrobiche, grazie alle quali abbiamo avuto l'intuizione di sperimentare questa molecola come promettente principio attivo di origine naturale, efficace nel controllo della fusariosi della spiga".
Che si risultati avete ottenuto?
"Il chitosano ha evidenziato la capacità di ridurre lo sviluppo di Fusarium graminearum interferendo sulla trascrizione dei principali geni coinvolti nella crescita cellulare, nella respirazione e nella virulenza. Allo stesso tempo il chitosano, valutato su due genotipi di grano duro, Marco Aurelio (FHB-suscettibile) e DBC480 (FHB-resistente), ha favorito significativamente la percentuale di germinazione, lo sviluppo radicale, come l'indice del loro bilancio azotato".
Queste vostre scoperte possono essere applicate in campo?
"Direi che ci sono tutti i presupposti. Il chitosano applicato alle piante di grano (sulle foglie cosiddette a bandiera) ha ridotto notevolmente la gravità della fusariosi della spiga fino a ventuno giorni dopo l'inoculo artificiale, con valori di solo il 6% sulla varietà DBC480 (resistente) mentre, sulle piante di controllo (suscettibili), la gravità della malattia era del 20%.
Il chitosano si comporta come un elicitore, cioè una sostanza in grado di stimolare le difese endogene delle piante di grano, ed è risultato in grado di aumentare (di circa tre volte) l'attività di geni specifici (TaPAL, TaPR1 e TaPR2) coinvolti in questi processi. Allo stesso tempo il chitosano si è dimostrato un prezioso biostimolante in grado di determinare l'aumento di importanti parametri, significativi per valutare lo stato di salute e lo sviluppo complessivo delle piante di grano.
Il chitosano è stato in grado di limitare notevolmente lo sviluppo di Fusarium graminearum ed il conseguente accumulo di micotossine, particolarmente dannose per l'uomo, ed ora ci stiamo concentrando su questo ultimo aspetto.
Questo studio dimostra che il chitosano è una potente molecola naturale in grado di sostituire i fungicidi di sintesi oggi impiegati per combattere la fusariosi della spiga ed inoltre evidenzia come la sua applicazione in combinazione con un genotipo moderatamente resistente (DBC480) a questa fitopatia può permettere lo sviluppo di strategie innovative ed ecosostenibili, in grado di ridurre l'impiego della chimica in agricoltura per la protezione di importanti coltivazioni agrarie".
Il chitosano potrebbe avere una efficacia anche verso altri funghi parassiti del grano?
"Potenzialmente sì, proprio grazie alla sua capacità di elicitore delle difese endogene delle piante. Il chitosano, infatti, è anche un componente della parete cellulare fungina, quindi, quando applicato sull'ospite vegetale, questo viene appunto riconosciuto come elicitore, viene cioè riconosciuto dalla pianta attraverso gli stessi meccanismi utilizzati per il riconoscimento del patogeno. Questi meccanismi generano i segnali molecolari che vanno ad attivare le difese immunitarie della pianta".