Il regolamento 1107/2009 sugli agrofarmaci, contrariamente alla precedente normativa, la celeberrima direttiva 91/414, ha preso in considerazione anche i coadiuvanti, precedentemente disciplinati a livello nazionale. Le disposizioni europee in materia verranno pubblicate in un regolamento che i bene informati indicano essere in grande ritardo, in quanto questi prodotti non sembrano essere tra le principali priorità della nuova commissione Juncker. Nel frattempo lo stesso regolamento consente agli stati nazionali di adottare proprie normative e l'Italia, che aveva già introdotto una propria regolamentazione nel 2001 con il DPR 290 rischiando peraltro la procedura d'infrazione, ha iniziato la revisione di tutti i coadiuvanti che si concluderà nel 2016, cambiando il volto a questo settore.
L'importante è l'associazione
Per le autorità italiane non è sufficiente analizzare le proprietà intrinseche del coadiuvante, ma è indispensabile verificarne l'influenza sulle proprietà tossicologiche e ambientali dell'agrofarmaco cui viene associato. Questa rappresenta una notevole sfida scientifica e soprattutto economica, specialmente con i coadiuvanti cosiddetti “generici”, dove le combinazioni possibili sono innumerevoli. Questo orientamento è stato applicato caso per caso sino a quando il regolamento 1107/2009 ha evidenziato la strategia comunitaria di regolamentare maggiormente i coadiuvanti e investigare anche sulle conseguenze tossicologiche e ambientali di più sostanze quando applicate insieme.
Il fascino dei bei tempi andati
Dopo il completamento della revisione europea su tutti gli agrofarmaci autorizzati in Italia, la quasi totalità dei coadiuvanti cosiddetti “generici” sono rimasti gli unici prodotti nella filiera agrochimica a potersi vantare di un avallo ufficiale come l'autorizzazione rilasciata dal Ministero della Salute/Sanità a fronte di investimenti tutto sommato abbordabili: prima del 1990 non era nemmeno prevista la tariffa per la presentazione della domanda di autorizzazione (come anche nel caso dei prodotti fitosanitari, che allora si chiamavano ancora presidi sanitari) e sinora la documentazione tossicologica del formulato era spesso costituita dalla sola scheda di sicurezza del produttore.
Chi primo arriva meglio alloggia
Quindi i titolari delle autorizzazioni di coadiuvanti “generici” rilasciate prima del 1990 hanno contato su di una significativa “rendita di posizione” rispetto alle imprese che sono arrivate dopo, che hanno trovato requisiti più stringenti. A dir la verità questa situazione non è limitata ai coadiuvanti, ma interessa anche gli agrofarmaci e quasi tutte le altre attività umane (qualunque riferimento all'attualità è puramente casuale...).
Melius est abundare
Si saranno probabilmente detti i lettori della nuova linea guida per la documentazione a sostegno della ri-registrazione dei coadiuvanti: per poter dichiarare in etichetta l'associazione con una sola categoria fitoiatrica (es. insetticidi) occorre presentare almeno 8 prove di efficacia per dimostrare l'effettiva utilità del coadiuvante, da condursi usando miscele con i formulati considerati rappresentativi della classe. Questo se si richiede l'autorizzazione per una sola categoria fitoiatrica. Il discorso vale anche per le proprietà tossicologiche, ecotossicologiche e ambientali, senza dimenticarsi anche l'eventuale influenza del coadiuvante sul comportamento residuale dell'agrofarmaco cui viene associato.
Evitare gli sprechi
Con queste richieste le aziende si focalizzeranno solamente su quelle combinazioni dove l'uso del coadiuvante è indispensabile, mentre negli altri casi si affideranno alle proprietà dei coformulanti già presenti nella composizione dell'agrofarmaco: è esattamente questo l'obiettivo del legislatore.
Tempistiche e modalità
Le autorità hanno suddiviso i coadiuvanti in commercio in 5 gruppi, in funzione della classificazione tossicologica. I più pericolosi hanno già iniziato la procedura lo scorso 1° ottobre e saranno seguiti dai rimanenti gruppi con cadenza mensile, per concludersi nel febbraio e marzo del 2015 con i prodotti non classificati. Le aziende interessate presenteranno un dossier preliminare contenente informazioni sul coadiuvante, sugli agrofarmaci con cui lo si vuole associare e sulla miscela vera e propria, oltre a un elenco di studi da completare successivamente. Il progetto di istanza verrà valutato e l'esito (approvazione, diniego, richiesta di integrazione) verrà comunicato entro 90 giorni all'azienda, che in caso di esito positivo avrà ulteriori 12 mesi per completare la documentazione che costituirà l'istanza definitiva. Nel frattempo il Ministero prorogherà di 18 mesi la registrazione del coadiuvante (scadono tutti alla fine del 2015) per consentire il termine della procedura di ri-registrazione entro i sei mesi successivi alla presentazione della citata istanza definitiva. I prodotti non supportati concluderanno la propria carriera alla scadenza della registrazione, che non verrà prorogata. I superstiti si vedranno confermare la registrazione che dovrà essere rinnovata entro i 10 anni successivi al decreto.
Per saperne di più
  1. REG. (CE) n. 1107/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 21 Ottobre 2009;
  2. Linea-guida per l'autorizzazione all'immissione in commercio ed all'impiego dei coadiuvanti di prodotti fitosanitari