Gli investimenti in AgriTech nel 2023 in Italia sono quasi raddoppiati rispetto al 2022. Sono stati investiti 238,68 milioni in settantaquattro round d'investimento, per quanto riguarda l'AgriFoodTech in generale, la metà circa (120,05 milioni) sono andati appunto in AgriTech.
A guidare gli investimenti è stato il settore del vertical farming. I dati sono stati illustrati da Antonio Iannone, di AgriFood-Tech Italia, durante l'edizione appena conclusa di NovelFarm 2024, la mostra convegno internazionale sulle innovazioni in agricoltura, indoor e vertical farming, che si è tenuta alla Fiera di Pordenone il 20 e il 21 marzo scorsi.
L'evento è stato caratterizzato da moltissime conferenze che hanno esplorato sia il tema indoor farming, sia l'innovazione in agricoltura in generale. Tornando ai dati: in controtendenza rispetto al resto del mondo, dove il vertical farming conosce una battuta d'arresto, in Italia, nel 2023, i primi tre round per importanza sono tutti sul vertical farming. Solo Planet Farms e Agricola Moderna hanno totalizzato quasi 85 milioni di investimenti.
Un successo che Iannone ha interpretato così: "Confrontandomi con gli investitori esteri mi è stato detto che qui si investe perché l'Italia non ha ancora capito che il vertical farming non è un buon settore. Io credo invece che qui in Italia abbiamo un modello più sostenibile (dal punto di vista economico) di fare vertical farming. Lato cliente abbiamo prodotti buoni e, lato sviluppo, abbiamo modelli sostenibili".
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Luci e ombre del vertical farming
Innegabile però che il vertical farming sia un settore che richiede investimenti importanti e che soffre molto gli sbalzi nei prezzi dell'energia. Il vantaggio di coltivare indoor, in verticale, è quello di sottrarsi alle condizioni meteo esterne, è stato dimostrato il risparmio d'acqua e per ciò che concerne il suolo, il risparmio è insito nella tecnica stessa di coltivazione. L'energia però è da sempre un tasto dolente, dal momento che alla luce del sole è sostituita l'illuminazione artificiale.
Ad approfondire il tema dell'efficienza d'uso delle risorse nel vertical farming e in particolare del consumo d'energia, è stata Giuseppina Pennisi, ricercatrice del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell'Università di Bologna. Una slide mostrata durante il suo intervento ha reso bene l'incertezza nella quale si muovono gli operatori del vertical farming per quanto riguarda i costi dell'energia: da gennaio 2020 a gennaio 2024, a causa delle fluttuazioni, il costo dell'energia ha inciso da un minimo del 5% sul costo di produzione di 1 chilogrammo di lattuga in vertical farming a un massimo del 45% (gennaio 2022). In queste condizioni è difficile stilare un business plan affidabile.
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L'Università di Bologna ha da qualche anno un impianto pilota, "AlmaVFarm", di circa 50 metri quadrati. La vertical farm ha finalità sia didattiche sia di ricerca. Stanno sperimentando diversi sistemi di coltivazione, dall'aeroponica all'idroponica, e stanno monitorando tutti i parametri possibili: temperatura, umidità relativa, anidride carbonica, uso dell'acqua e delle sostanze nutritive, oltre ovviamente ai consumi energetici. "Sostanzialmente possiamo misurare tutto quello che entra in termini di risorse idriche ed energetiche e tutto quello che esce in termini di prodotto - ha raccontato la ricercatrice - possiamo quindi misurare quanta acqua viene trasferita alle piante e quindi quanta acqua può essere recuperata e rimessa in circolo. L'idea è avere dei valori di uso dell'acqua da una parte, ma anche di efficienza di uso dell'acqua. E lo stesso vale anche per ciò che riguarda l'energia".
Intanto qualche numero che riguarda la produzione di diversi prodotti. Secondo i dati raccolti nell'impianto pilota, in un anno si possono produrre 70 chilogrammi a metro quadrato di lattuga, poco meno di 50 a metro quadrato di basilico, 70 di cavolo, poco più di 20 chilogrammi di pomodori.
Per quanto l'efficienza d'uso della risorsa idrica, il vertical farming non ha paragoni. Il consumo di energia invece ha un aumento quasi esponenziale partendo dal pieno campo, passando attraverso sistemi in serra, più o meno tecnologici, fino al vertical farming vero e proprio.
I risultati della letteratura scientifica indicano tutti che la percentuale di consumo energetico maggiore è da imputarsi alle luci per la coltivazione, ma anche la climatizzazione ha il suo impatto. In media si consumano fra i 1.100 e i 1.800 kWh annui a metro quadrato. Il costo energetico però varia da regione a regione del mondo: secondo i dati mostrati da Giuseppina Pennisi, il costo per 1 chilogrammo di lattuga è di 2,68 euro a Bologna contro 0,71 euro per esempio negli States.
Energia e vertical farming
Anche l'idea di integrare l'impianto con pannelli solari non è sempre risolutiva. "1 metro quadrato di superficie consuma infatti di più dell'energia che genera 1 metro quadro di pannello solare. La quantità di radiazione luminosa che c'è qui in Italia è diversa da quella che troviamo in Svezia. A Bologna per soddisfare le richieste energetiche del sistema sperimentale - ha raccontato - abbiamo bisogno di 5,6 metri quadrati di pannelli per ogni metro quadrato di coltivazione, su tre strati. A Doha bastano 3,8 metri quadrati per metro quadrato di coltivazione".
Per migliorare ed abbattere i consumi energetici è necessario lavorare sui processi di conversione energetica di una vertical farm. "Abbiamo visto che è la luce a impattare di più nei consumi. Dobbiamo quindi lavorare su più fronti, per esempio migliorare la conversione di energia elettrica in energia luminosa, usando led più efficienti. Possiamo - ha affermato - aumentare l'intensità attraverso riflettori, migliorare la qualità della luce attraverso spettri mirati, aumentare la densità della coltura o utilizzare regimi dinamici, adattare l'architettura della pianta per aumentare l'intercettazione della luce e incrementare l'energia chimica fissata dalle piante, lavorando sull'harvest index, ovvero sul rapporto fra biomassa prodotta in genere e quella vendibile".
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Vertical farming, uno sguardo alla normativa
Guardando nuovamente al report presentato da Antonio Iannone, da notare che, nonostante l'esplosione di investimenti nel 2023, il settore AgriFoodTech italiano lo scorso anno è valso solo l'1,6% degli investimenti mondiali. L'Italia è in leggero ritardo, Iannone lo ha spiegato così: "Pesa certamente la normativa, c'è poi un problema di accettazione del cliente, ci sono quindi da superare in Italia anche barriere culturali".
La normativa, appunto, ma da questo punto di vista qualcosa si muove. Con la Legge Delega al Governo per la revisione del sistema tributario (Legge n. 111 del 9 agosto 2023), il vertical farming, e più in generale l'indoor farming, sembra andare verso una collocazione fiscale in ambito agricolo per quanto riguarda le imposte indirette.
A fare chiarezza sulla direzione della normativa tributaria è stata la relazione di Maurizio Interdonato, tributarista e professore all'Università Ca' Foscari di Venezia. "Nella Legge Delega - ha detto - si parla dell'introduzione, per le attività agricole di coltivazione di cui all'articolo 2135 del Codice Civile, primo comma, di nuove classi e qualità di coltura al fine di tenere conto dei più evoluti sistemi di coltivazione, riordinando il relativo regime di imposizione su base catastale e individuando il limite oltre il quale l'attività eccedente è considerata produttiva di reddito d'impresa. Queste 'nuove classi' - ha spiegato il professore - sono appunto il vertical farming e tutti quei sistemi evoluti legati all'idroponica e all'aeroponica".
L'indicazione contenuta nella Legge n. 111 del 9 agosto 2023 non è ancora applicata. Ad oggi chi coltiva in sistemi di vertical farming "può beneficiare della tassazione catastale, quella prevista per le imprese che producono vegetali in strutture fisse o mobili, come quelle in serra, solo a condizione che posseggano un terreno agricolo sul quale insistono queste strutture fisse o mobili di produzione. Se non c'è il terreno agricolo e produco nell'ambito di un fabbricato civile, non è possibile beneficiare del trattamento fiscale favorevole per le imprese agricole".
Ma la direzione indicata dalla Legge Delega è proprio quella, il legislatore però deve definire i contorni; per esempio, per quanto riguarda il vertical farming, andrà definita la superficie che può beneficiare del trattamento fiscale favorevole. "Per adesso, ad esempio, applicando la normativa sulle serre, si tratterebbe di una superficie doppia rispetto a quella su cui insiste la produzione. Potrebbe essere - ha concluso - che vengano adottati altri moltiplicatori. L'eccedenza ovviamente andrebbe a redditto d'impresa. Io credo che l'indicazione arrivata con la Legge Delega sia un'occasione importantissima, conferma che il vertical farming rientra a pieno diritto in agricoltura, sotto il profilo tributario e credo che, in futuro, la normativa dovrà adattarsi a quella civile dove si definisce l'agricoltura come sviluppo del ciclo biologico".
La normativa sotto la lente di ingrandimento
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Autore: Barbara Righini