Andrea Povellato è dirigente di ricerca del Crea Politiche e Bioeconomia e ha curato il Rapporto sul mercato fondiario nel 2021. Abbiamo approfondito qualche aspetto con lui, qui di seguito.
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Andrea Povellato, l'indagine sul mercato fondiario 2021 ha evidenziato una ripresa delle compravendite nell'ordine del 30%: sorpreso? O si aspettava sostanzialmente gli esiti che avete poi rilevato?
"Che ci fosse stato un rimbalzo dell'attività di compravendita era in parte atteso, a causa del rallentamento registrato nel 2020. La crescita, in verità, è stata più che proporzionale: il Notariato parla di un +30%, mentre l'Omi, l'Osservatorio del Mercato Immobiliare, ha evidenziato un incremento addirittura del 59%, anche se la metodologia di calcolo è differente.
Sicuramente è stato sorprendente il dato rilevato dalla Banca d'Italia in merito al credito per l'acquisto di immobili, passato dal -42% del 2020 al +14% del 2021. Questo dovrebbe significare che è stato fatto ricorso alla liquidità e sarebbe interessante capire fino a che punto gli acquirenti erano operatori agricoli o soggetti extra agricoli, che puntano poi ad affittare i terreni. Significa anche che, con le incertezze dell'economia, che già si manifestavano anche se non si poteva intuire uno scoppio della guerra in Ucraina, la terra è tornata ad essere un bene rifugio. È un aspetto che merita di essere rilevato e, per quanto inaspettato, è coerente con la situazione complessiva.
Quanto all'affitto, mi hanno colpito due elementi, essenzialmente. In primo luogo mi aspettavo un aumento della superficie in affitto rispetto a dieci anni fa, così come mi ha sorpreso il fatto che si sia fermata la formula attuata dagli imprenditori di affiancare terreni in affitto a quelli in proprietà per effettuare economie di scala, invece il fenomeno ha registrato un sostanziale stop.
Sono invece cresciute le aziende solo in affitto, per le quali possiamo intuire vi siano formule legate al primo insediamento dei giovani. Stupisce il dato di quegli 1,2 milioni di ettari a uso gratuito, dietro cui a volte si celano gli affitti gratuiti padre e figlio per primo insediamento, ma ritengo che vi siano nuove imprese che o nascono con la formula dell'affitto oppure non nascono. E questo per il fatto che un acquisto è oneroso e che un giovane, dopo aver acquistati macchine e attrezzature, non ha la forza di acquistare anche i terreni.
Ma quanto sta accadendo nel settore dell'affitto è un fenomeno nuovo e la politica dovrebbe prestare la giusta attenzione, perché più i rapporti tra proprietà e impresa crescono, più a volte crescono le tensioni fra le parti. La situazione è abbastanza fluida, ma soprattutto dove c'è capacità di trasmettere valore aggiunto, i canoni di affitto restano elevati e potrebbero svilupparsi degli attriti".
Quanto la disponibilità o la facilità di accesso all'acqua in futuro determinerà il valore dei terreni?
"I testimoni dicono che la domanda si concentra su quei terreni dotati di infrastrutture migliori, e l'infrastruttura principe è l'acqua. Non cambia rispetto al passato e con l'esito della siccità nel 2022 lo sarà ancora di più".
Resta il nodo del ricambio generazionale e delle difficoltà di acquisto del bene terra. Servirebbero specifiche misure di sostegno per i giovani agricoltori e/o i nuovi insediamenti?
"Le facilitazioni ci sono e, anzi, a volte bisogna stare attenti a gestirle. Intanto, bisogna tenere conto che i giovani sono pochi in agricoltura. Abbiamo una demografia che è quella che è, e servirebbe una comparazione col mercato del lavoro per calcolare le esatte proporzioni.
C'è il rischio che si concentrino gli investimenti sui giovani, che di per sé è un'azione corretta, ma allo stesso tempo c'è chi ha 45-50 anni con davanti venti anni di attività e che lamenta il fatto di avere meno aiuti rispetto ai giovani. Bisogna contemperare le diverse situazioni. Anche perché c'è un elemento da tenere presente ed è il fatto che non è affatto detto che l'attrattività del settore dipenda da quanti soldi dà, perché il tema vero è l'attrattività dell'attività agricola. Le faccio un esempio, che mi è stato segnalato sulla stampa estera: in Francia i giovani non vogliono lavorare in agricoltura, perché si fa fatica e non sempre il ritorno economico, se pensiamo in particolare ai rincari di quest'anno, dà soddisfazione.
In tante aree del nostro Paese mancano nelle campagne elementi infrastrutturali essenziali e i giovani si chiedono se conviene rimanere. Le risorse, però, credo non manchino. Bisogna capire come investirle e va in questa direzione il dibattito se assegnare i fondi del Pnrr in base al numero degli abitanti o in base alla superficie".
Il vino e le zone di produzione delle grandi Dop trascinano i prezzi dei terreni nelle compravendite e negli affitti o vi sono altre colture che trainano il mercato?
"Indiscutibilmente le colture di pregio, che non sono rappresentate solo dal vino, trascinano l'interesse del mercato fondiario. È evidente che le colture ad alto valore aggiunto rappresentino un elemento di attrattiva, che influisce sul mercato. Lei mi ha citato come esempio le aree di produzione del Barolo, la Franciacorta, la Valpolicella, il Brunello e i prezzi sicuramente risentono di quanto viene prodotto. In alcune zone, come ad esempio nel territorio di produzione del Prosecco, la situazione si sta in parte calmando, perché il prezzo della terra è arrivato a quanto il mercato ritiene essere il suo giusto livello e difficilmente si andrà oltre".
La pandemia ha influito sull'acquisto di case in zone rurali? E il turismo rurale potrà dare una spinta al valore dei terreni?
"Di sicuro, leggendo i resoconti degli intervistati, c'è chi ritiene di essersi lasciato alle spalle in parte la pandemia, ma resta abbastanza diffusa una sensazione di incertezza, per cui le cose potrebbero cambiare. Sull'acquisto di case nelle zone rurali non saprei comunicare un dato, mentre sicuramente, tenuto conto anche del contraccolpo che ha subìto l'agriturismo nella fase pandemica, il turismo rurale è sicuramente cresciuto e dovremmo avere un rimbalzo positivo, in parte anche sui valori dei terreni. Ma il tema meriterebbe un approfondimento sull'impegno connaturato all'attività ricettiva nelle campagne, che non è banale".
Andrea Povellato, dirigente di ricerca del Crea Politiche e Bioeconomia che ha curato il Rapporto sul mercato fondiario nel 2021
(Fonte foto: Andrea Povellato)