Se il buon vino si fa in vigna, partire da uve di qualità omogenea, sia dal punto di vista analitico che sensoriale, è sicuramente un primo passo importante. Una volta vendemmiati e portati in cantina, i grappoli vengono infatti pigiati tutti assieme e la qualità del vino dipenderà dalla qualità delle bacche nel loro complesso.
Ma la qualità dell'uva dipende da una molteplicità di fattori, tra cui quelli climatici, pedologici, genetici e dalla bravura dell'agronomo, che tuttavia spesso si trova davanti ad una condizione "squilibrata in partenza". Davanti cioè a vigneti dove alcune piante sono caratterizzate da un alto vigore vegetativo e altre invece che sono deboli.
Tali squilibri, in un senso e nell'altro, conducono alla produzione di uve di qualità non ottimale, oltre a creare problemi nella conduzione del vigneto ad esempio sotto il profilo fitosanitario o della gestione della chioma.
Attraverso la viticoltura di precisione il tecnico aziendale prova a minimizzare le differenze di vigorìa, fornendo concime a rateo variabile a seconda delle differenti classi di vigore presenti nell'appezzamento. Le piante più deboli saranno concimate di più, mentre quelle più vigorose avranno a disposizione meno fertilizzante.
L'equilibrio inizia dall'impianto del vigneto
Monica Rossetti, enologo dell'Azienda Fattoria di Petrognano di Montelupo Fiorentino (Fi), ha però fatto un passo avanti. O indietro. Ha cercato di omogeneizzare il vigore vegetativo in vigneto al momento dell'impianto, utilizzando diverse combinazioni di portainnesto e marza, a seconda della tessitura del terreno, della composizione chimica e della presenza di sostanza organica.
"Da tempo mi sono concentrata nello studiare la relazione tra vigore vegetativo e qualità dell'uva", racconta Monica Rossetti, che segue diverse cantine a cavallo tra l'Italia e il Sud America. "Con il progetto Animavitis ho instaurato un rapporto di collaborazione con Arvatec e Sirbit, entrambe realtà specializzate nell'agricoltura di precisione, che aveva proprio come scopo quello di raccogliere dati in campo per gestire la vigorìa del vigneto al fine di ottenere un equilibrio delle uve alla vendemmia".
Il terreno prima dell'impianto del vigneto
Ma dato che la vigorìa di una vite è data dal rapporto tra suolo, portainnesto e marza, Monica Rossetti ha deciso di modificare l'abbinamento del portainnesto e della marza a seconda della tipologia di suolo. Nei terreni più ricchi si sono dunque usati portainnesti meno vigorosi, il contrario nei terreni più poveri.
La mappatura del suolo
Di norma quando si impianta un nuovo vigneto si esegue una analisi di quattro-cinque campioni prelevati all'interno di 1 ettaro di terreno. Tuttavia questo restituisce un quadro ben poco dettagliato. La tecnologia ha però permesso di fare un enorme passo avanti.
"Nel vigneto presso la Fattoria di Petrognano abbiamo utilizzato un sensore Iscan di Veris Technologies montato su un trattore in grado di registrare la conducibilità elettrica, da cui si deduce la tipologia di tessitura del suolo, e la riflettanza, dato strettamente correlato con la presenza di sostanza organica", spiega Pietro Brivio, agronomo di Sirbit.
In questo modo è stato possibile identificare aree omogenee di campo all'interno delle quali sono stati fatti dei campionamenti e delle analisi del terreno al fine di caratterizzare le differenti aree di campo. Si è così scoperto che la sostanza organica era piuttosto omogenea, mentre la presenza di argilla cambiava sensibilmente da una zona all'altra. Questo e altri fattori sono stati impiegati per decidere quali portainnesti utilizzare.
La scelta di portainnesto e marze
"Sulla base delle informazioni presenti nella mappa abbiamo deciso di impiegare tre differenti portainnesti, con un differente livello di vigorìa, e tre differenti marze: due cloni e una da selezione massale, effettuata presso un vigneto di Sangiovese risalente agli anni Sessanta", sottolinea Monica Rossetti.
Sempre nello spirito di rendere omogeneo il vigore, anche la concimazione di fondo è stata modulata sulla base delle caratteristiche del terreno. Questo ha permesso di avere uno sviluppo omogeneo nel primo anno (l'impianto è stato concluso a marzo 2021).
"Per avere un riscontro sulla bontà del nostro operato dovremo aspettare qualche anno, finché il vigneto non entrerà in produzione", conclude Monica Rossetti. "Ma se avremo fatto bene il nostro lavoro potremo contare su un vigore omogeneo del vigneto e quindi su una produzione di uve equilibrata. Ma anche l'intera gestione delle piante sarà molto più semplice, in quanto non dovremo più ponderare ogni attività sulla vigorìa delle viti".
E a conti fatti, se davvero il vigneto sarà in equilibrio, anche la concimazione a rateo variabile non sarà più necessaria in quanto non si dovranno più utilizzare i fertilizzanti come leva per modificare la vigorìa delle piante.