Conducendo i lavori del Forum sulla peschicoltura europea, in cui i rappresentanti delle organizzazioni produttive di vari paesi hanno fatto l'analisi statistica e le previsioni per il settore, ci siamo resi conto di quanto angusta sia ancora la prospettiva dell'Unione.
Il settore peschicolo è afflitto da almeno un paio di decenni da crisi cicliche - con cicli, bisogna ricordare, sempre più corti. Quando non è Madre natura a provvedere limitando le produzioni, parte la crisi.
Negli ultimi anni si è assistito a una poderosa contrazione del settore in Italia e, di contro, a un vertiginoso aumento delle superfici in Spagna.
Superfici che sono aumentate particolarmente in Catalogna, dove si producono principalmente varietà che maturano nel pieno dell'estate - in netta competizione con le produzioni del Nord e Centro Italia.
Gli spagnoli hanno eroso i mercati che erano in mano agli italiani già dagli anni '50 dello scorso secolo, riuscendo a competere sopratutto per quanto riguarda i costi di produzione.
In Spagna si produceva bene e a costi più bassi e ad oggi esporta il 70% di una produzione che negli anni è oramai divenuta pari a quella italiana (per inciso noi italiani siamo al 30% o poco più).
La coperta si sta facendo però più corta e anche gli spagnoli cominciano a soffrire con margini che sono sempre più risicati.
Si profilano poi altri competitor come la Grecia, che sta aumentando vertiginosamente sia le superfici sia l'esportazione, diretta sopratutto verso i paesi dell'Est.
Possiamo indovinare che sul palcoscenico europeo nei prossimi anni si proporranno sempre nuovi competitor, capaci di comprimere ancora di più i costi. E l'Unione pagherà magari i costi di nuovi impianti.
Noi non crediamo che con questo gioco al massacro si possa andare avanti.
Occorre una strategia europea (e mica solo per le pesche).
Un momento del forum peschicolo che si è tenuto ieri, 9 maggio, a Macfrut
(fonte foto: © Cristiano Spadoni - AgroNotizie)