Rimini, 22 febbraio 2011 - La fragola. Spesso abbinata dai Latini all'innocenza, perfino William Shakespeare la descrisse quale innocente cibo delle fate. Ne andavano ghiotti perfino Giovanni Battista e San Francesco d'Assisi. In tempi più moderni la fragola è divenuta il simbolo dell'esaltazione dei sensi, erotismo incluso. Nella fragola si possono trovare quindi evidenti tracce dell'evoluzione culturale e sociale dell'Umanità. Ma come ogni altra coltura, la fragola va anche conosciuta nelle sue componenti agronomiche, nutrizionali, gastronomiche ed economiche. Tutto ciò è racchiuso nell'ultimo nato in casa Bayer Cropscience della collana "Coltura & Cultura", giunta così al dodicesimo volume, presentato nella cornice della fiera riminese Agrifil .
Uno sforzo, quello di Bayer, davvero imponente quindi. Specialmente considerando che parlare di agricoltura significa mettere i piedi su di una superficie pari a solo il 3% del pianeta, il quale dedica alla produzione di cibo solo 15 milioni di km2. Meno quindi di un bollino appiccicato sulla superficie di una mela. Ma da quel 3% di superficie viene il cibo che nutre quasi 7 miliardi di persone. Alcune fin troppo, altre fin troppo poco, visto che gli affamati cronici sono ormai posizionati intorno al miliardo di esseri umani. Una sfida importante da vincere, che richiederà impegno concreto da parte di ogni giocatore di ogni filiera agroalimentare. Bayer Cropscience da parte sua non crede che un'azienda di agrofarmaci debba limitarsi a produrre soluzioni tecniche per combattere malattie, bensì debba impegnarsi per arricchire tutto il sistema agricolo, sia nazionale, sia internazionale. Un passo concreto è l'investimento in conoscenza e comunicazione, al fine di colmare il vuoto culturale che oggi grava sulla maggior parte dei cittadini urbanizzati, i quali consumano cibo senza più detenere quel patrimonio di conoscenze contadine che a quel cibo stanno alla base. Da qui nascono infatti le leggende metropolitane, le informazioni fuorvianti, la cultura del sospetto, la sfiducia strisciante che penalizza chi la scienza la fa e chi la scienza la utilizza.

 

La fragola in numeri


La fragola va ormai intesa come prodotto globale destagionalizzato. Oggi abbiamo a disposizione ben 463 varietà differenti. Quasi 300 solo fra EU e USA. La si può reperire nei supermercati 12 mesi su 12 e ne consumiamo perciò qualcosa come 78.000 tons all'anno. Questo grazie non solo alle importazioni, ma anche alla possibilità nel sud Italia di produrla anche nei mesi invernali. Oggi però la fragola non vive di un momento particolarmente felice. Negli Anni 80 si erano toccati i 14.000 ha, con l'Emilia Romagna che produceva la gran parte delle fragole italiane. Oggi le superfici sono calate a poco più di 3.000 ha (circa quanto nel Regno Unito, in Belgio e in Olanda) e la produzione si è progressivamente spostata verso sud. Negli ultimi anni prezzi di mercato iniqui hanno provocato la contrazione degli investimenti, anche perché l'investimento necessario per un ettaro di fragole è di circa 60.000 €. Ovvio quindi che se i prezzi non sono allettanti, lo sforzo iniziale ben difficilmente si trova qualcuno disposto a compierlo. Ma non è solo l'alto investimento iniziale a disincentivare i produttori. Vi sono anche costi alti di manodopera e la mancanza di turnover familiare. Pure la scarsità di validi fumiganti ha reso più impegnativa e dispendiosa la difesa della coltura. Sebbene quindi l'avere esteso il periodo di raccolta ne abbia ampliato il mercato, il problema dei prezzi ne continua a penalizzare la coltivazione. Nel 2010 per le fragole del metapontino i prezzi sono calati dai 3,2 €/kg di metà marzo a 1,5 €/kg di fine maggio, periodo di massima offerta sul mercato. Vale a dire, su questa ultima cifra, recuperare a mala pena il costo di produzione. Le zone meno "pregiate", inoltre, spuntano prezzi di circa 1 € inferiori nei momenti "buoni" e di 20-30 cent in meno in quelli "peggiori". Questo forse il motivo per il quale il rapporto costi/ricavi è spesso più rosso delle stesse fragole. Se però non ci si può stupire che la Spagna ci abbia superato per superfici coltivate, non può lasciare invece indifferenti il fatto che perfino la fredda Polonia, coi suoi 45.000 ettari, investa molto più degli Italiani. Un ettarato pari cioè a 15 volte le superfici investite nel Bel Paese. Perfino nei vivai la Polonia ruggisce come un leone, contando su ben l'88% degli ettari investiti a vivaio in Europa. Che poi una fragola polacca od olandese abbia gli stessi profumi, aromi, sapori di una fragola metapontina o campana, vi sono seri dubbi. Prezzi alle produzioni più civili e un'informazione più seria verso il consumatore potrebbe trasmettere valori veri e maggior valore aggiunto a tutta la filiera, specialmente a favore di chi le fragole si prende la seria briga di produrle. Manca cioè, e come al solito, un filo diretto comunicativo tra produttori e consumatori.


Fragola e salute

 

Cattiva informazione da sfatare. La fragola va trattata, altrimenti non si raccoglie. Questo ha fatto si che nell'immaginario collettivo la fragola sia spesso percepita come prodotto agricolo da consumare con parsimonia a causa di supposti pericoli per la salute, che vengono sovente amplificati dai media, circa i residui di agrofarmaci. Controlli attenti e buone pratiche di campagna fanno invece si che il profilo residuale della fragola sia in regola con quanto richiesto dalla legge. In più, mangiare fragole aiuta a prevenire un gran numero di tumori e malattie cardiovascolari. Ricca di vitamina C, di antociani, di flavonoidi, di acido folico (Vit. B9), polifenoli e resveratrolo, la fragola è quindi un concentrato di salute preventiva, con buona pace dei suoi detrattori preconcetti.

 

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