In Europa la produzione di latte è in calo, mentre nei Paesi dell'Oceania è in ripresa tanto che nel corso di quest'anno è sensibilmente aumentata la disponibilità all'export, in particolare da parte della Nuova Zelanda, dove è maggiormente concentrata l'attività zootecnica. Quanto basta per influenzare il prezzo del latte che nel 2009 è sceso al di sotto dei 26 centesimi in tutta la Ue ed è “precipitato” sotto i 20 centesimi in paesi come Romania e Repubbliche Baltiche.
Colpa anche del calo dei consumi che in Italia si fa sentire e che colpisce persino il segmento dell'alta qualità. Questa in estrema sintesi, l'analisi presentata da Mariella Ronga di Ismea in occasione degli Stati Generali del latte che si sono tenuti a conclusione della Fiera internazionale del bovino da latte di Cremona.

 

Allevatori alzate la voce

Una situazione difficile di fronte alla quale gli allevatori devono “alzare la voce” affinché giunga alle orecchie della Ue un chiaro segnale delle sofferenze del settore. Questo l'invito lanciato in occasione dell'incontro di Cremona da Paolo De Castro, presidente della commissione Agricoltura al Parlamento Europeo. Perché, ha sostenuto De Castro, la crisi che gli allevatori stanno subendo ha caratteri ormai strutturali che si ricollegano alla forte instabilità del settore lattiero. Non solo i finanziamenti anticrisi stanziati dalla Ue per il 2010 sono insufficienti, ma vanno accompagnati da altre misure in grado di fronteggiare la volatilità dei prezzi.

 

Il sindacato della libertà

Che l'agricoltura debba “alzare la voce” ne è convinto sostenitore anche Federico Vecchioni, presidente di Confagricoltura, che ha rimarcato la penalizzazione che il settore subisce dall'assenza di un accordo interprofessionale nazionale per la fissazione del prezzo. Dalla tribuna cremonese Vecchioni ha lanciato una nuova sfida annunciando che a breve presenterà un proprio progetto economico per l'agricoltura “al servizio del reddito degli agricoltori e non delle associazioni.” Fra gli obiettivi quello di restituire al settore agricolo pari dignità rispetto ad altri settori imprenditoriali. Un progetto nuovo, come lo stesso Vecchioni dichiarerà in seguito rilasciando un'intervista ad Italia Oggi, teso ad aiutare gli agricoltori nel realizzare reddito e abbassare i costi di filiera. Il progetto prende il nome di Sindacato delle libertà, “libertà di essere – ha spiegato Vecchioni – di produrre e fare agricoltura nel modo giusto per sé e per il Paese”. Anche per Mario Lanzi, presidente della Cia lombarda, il problema centrale è il reddito degli agricoltori e per il futuro, “quote o no quote – ha detto – è necessario prevedere la possibilità di governare l'offerta.” Sulla stessa lunghezza d'onda Giovanni Rossi, presidente di Unalat, l'unione delle associazioni dei produttori latte, per il quale la strada dell'autoregolamentazione è l'unica percorribile e ha confermato che Unalat si appresta alla costituzione della organizzazione comune “Latte Italia”, un raggruppamento delle OP (organizzazione dei produttori) territoriali attraverso la quale ottenere la forza necessaria per negoziare alla pari con l'industria. Un tema, questo degli equilibri nei rapporti fra i protagonisti della filiera, ripreso da Tommaso Mario Abrate, presidente del settore lattiero caseario di Fedagri-Confcooperative, che ha tenuto a rimarcare il ruolo della cooperazione che nonostante la difficile situazione ha operato per garantire uno sbocco commerciale alle produzioni e “soprattutto – ha detto Abrate – garantendo ai soci produttori che la gran parte del valore aggiunto prodotto venga restituito all’agricoltura”.

 

Un occhio al mercato e l'altro alla politica

Quali le conclusioni di questa sesta edizione delle assise del latte di Cremona? Da una parte la necessità di tenere gli occhi ben puntati sulle possibili evoluzioni del mercato e sulle sue variabili, a iniziare da quelle climatiche che in passato hanno influenzato la produzione dei Paesi Oceanici. Uno sguardo va poi rivolto all'andamento produttivo dei Paesi della Ue e in particolare dei “nuovi arrivati”, dalla Polonia alle Repubbliche Baltiche. Sul fronte interno è difficile prevedere una crescita se non per taluni segmenti (lo yogurt e altri prodotti innovativi sono fra questi), mentre sul fronte dell'export potrebbero offrire opportunità di crescita alcuni Paesi europei, specie dell'Est e anche Paesi Asiatici, come Cina e soprattutto il Giappone. L’altro fronte di attenzione è quello politico. E’ unanime il giudizio che le risorse messe a disposizione da Bruxelles sono insufficienti. Per di più la politica agricola comunitaria continua ad avere un orientamento continentale che penalizza la nostra zootecnia.

 

Presenze e assenze

C’è dunque molto da lavorare in questa direzione, soprattutto in vista del progressivo ridursi delle risorse destinate al comparto agricolo. Una sfida che dovrebbe vedere il mondo agricolo compatto e determinato nel raggiungere l’obiettivo. Ma la lista degli interventi (e soprattutto degli assenti) alla sesta edizione delle assise del latte non lascia dubbi. La nostra agricoltura è tutt’altro che compatta.