"Cryptoblabes gnidiella è una specie che è sempre stata presente in Italia ed è autoctona del bacino del Mediterraneo. In passato non ci sono mai state esplosioni di questo insetto tali da creare preoccupazione, forse per il clima, ma dal 2010-2011 sono stati segnalati i primi danni da Cryptoblabes". Per spiegare la problematica della tignola rigata della vite, AgroNotizie® ha intervistato il ricercatore Renato Ricciardi dell'Università degli Studi di Pisa.
È dal 2011, quindi, che i viticoltori italiani, soprattutto quelli delle regioni del Sud, cercano di contenere la dannosità della tignola rigata della vite, Cryptoblabes gnidiella. Si tratta di un lepidottero il cui principale problema è legato al fatto che si nutre delle parti verdi del grappolo, in questo modo interrompe o diminuisce il flusso linfatico verso gli acini che raggrinziscono.
È una specie altamente polifaga ancora in fase di studio che si sta diffondendo rapidamente sul territorio e per la quale non ci sono molti prodotti fitosanitari autorizzati. Con questa intervista approfondiamo l'argomento sul suo comportamento in Italia, sulle sue caratteristiche principali e i metodi di lotta.
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Cryptoblabes gnidiella: la situazione nelle regioni d'Italia
Il problema della Cryptoblabes è legato alle aree vitivinicole costiere italiane, quelle zone comprese in un raggio di circa 30 chilometri dalla costa. "Gli areali dove noi lavoriamo di più sono la Puglia e la Toscana. Ma entrando in contatto con altre università d'Italia e chiedendo loro di posizionare le trappole a feromone per il monitoraggio dell'insetto nelle fasce litoranee, abbiamo avuto conferma che la tignola rigata si trova anche in altre regioni come Marche, Campania, Lazio, Sardegna, Sicilia e Abruzzo", ci spiega Renato Ricciardi.
Cryptoblabes gnidiella può compiere più generazioni l'anno a seconda delle temperature e in Italia ne compie 3-4. I primi voli partono a maggio e si estendono lungo tutto il periodo estivo e possono continuare anche ad ottobre. Le prime 2 generazioni non rappresentano fonte di preoccupazione per i viticoltori in quanto le larve si cibano di essudati e tessuti appassiti. Le altre 2 invece attaccano i grappoli dall'invaiatura degli acini alla raccolta, provocando seri danni alle produzioni.
Il lepidottero risulta più o meno dannoso a seconda dell'annata e i fattori che più influiscono sull'entità della popolazione e quindi del danno sono la temperatura, l'umidità e la varietà di uva.
Ricciardi ci spiega che: "Le varietà di uva a maturazione tardiva che arrivano alla vendemmia a fine settembre e alla metà di ottobre sono quelle più suscettibili. Un'aggravante possono essere i grappoli molto grandi e compatti all'interno dei quali si crea un microhabitat estremamente favorevole all'insetto". Esempi di varietà suscettibili per questi motivi sono l'Aglianico in Puglia, il Sangiovese in Toscana.
Danni su Aglianico
(Fonte: Università di Pisa)
Il danno sulle varietà bianche è generalmente contenuto probabilmente perché meno attrattive per le femmine che devono deporre le uova o perché sono state già vendemmiate. Non c'è ancora una risposta certa.
Come riconoscere la tignola rigata e i sintomi in campo
In campo è un po' difficile identificare il lepidottero e i suoi sintomi perché spesso da occhi meno esperti la tignola rigata può essere scambiata con la Lobesia botrana.
"Le larve della Lobesia hanno colorazione variabile giallognolo verdastro bluastro con testa marroncino arancione e lo sclerite protoracico che tende al nero nella parte posteriore. Invece le larve della Cryptoblabes si distinguono perché hanno un colore più scuro tendente al giallo marroncino con la testa marrone tendente al rossiccio e poi sono caratterizzate da 2 strisce evidenti longitudinali che si estendono su tutto il corpo", ci spiega il ricercatore dell'Università di Pisa.
Questa è una distinzione abbastanza macroscopica però in campo può capitare di confonderle perché le larve di Lobesia possono cambiare colorazione a seconda di quello che mangiano, per esempio verso la fase di maturazione dei grappoli di uva rossa non è difficile riscontrare larve di quinta età di Lobesia più scure.
Inoltre, la tignola rigata può essere discriminata dalla Lobesia in base al suo comportamento: "Le larve di entrambe le specie tendono ad alimentarsi più o meno nelle vicinanze dei luoghi dove sono deposte le uova. Le larve di Lobesia si alimentano quasi esclusivamente sugli acini dove è anche possibile trovare il foro di ingresso. Nel caso della Cryptoblabes le uova non vengono deposte sugli acini ma principalmente sulle parti verdi, quindi sul rachide e sui pedicelli e le larve cominciano ad alimentarsi proprio su questi tessuti verdi".
Per andare incontro ai tecnici e agli agricoltori, Renato Ricciardi dell'Università di Pisa insieme al professore Andrea Lucchi, hanno creato un libretto evidenziando queste differenze. Un utile strumento di consultazione per il riconoscimento in campo delle principali specie che si trovano sul grappolo danneggiandolo, o che possono rappresentare un pericolo come vettori di virus o fitoplasmi.
Come si discriminano invece i sintomi in campo? "In un'annata regolare le prime larve della tignola rigata compaiono dall'invaiatura in poi. Questa è la fase a nostro parere più importante, anche se non c'è una regola fissa. Quest'anno, per esempio, ci sono delle anomalie, infatti a partire già da fine maggio ci sono stati voli importanti degli adulti e già un mese e mezzo prima dell'invaiatura abbiamo trovato larve sui grappoli. Probabilmente le diversef condizioni climatiche hanno interferito con il normale ciclo dell'insetto".
Quindi, da questa fase in poi si può cominciare a vedere qualche appassimento degli acini che in una fase avanzata dell'attacco porta al raggrinzimento di tutto il grappolo che non è più alimentato dal flusso linfatico. "Tendenzialmente ci sono più larve per grappolo e queste oltre a mangiare tendono a produrre una grossa quantità di seta cosparsa di escrementi ed esuvie. Un ambiente particolarmente umido che insieme all'attività trofica sulle parti verdi contribuisce a favorire lo sviluppo di marciumi".
Come controllare la tignola rigata della vite
Senza dubbio una corretta strategia di difesa parte prima di tutto dal monitoraggio dei voli. A questo scopo esistono in commercio trappole a feromone sessuale per monitorare la presenza di Cryptoblabes gnidiella in campo. Le trappole devono essere posizionate a partire dal mese di maggio e controllate periodicamente (settimanalmente) per individuare la presenza di adulti maschi. Va installata circa 1 trappola per ogni 2-3 ettari di vigneto.
Trappola a feromone per il monitoraggio
(Fonte: Università di Pisa)
Dopo il monitoraggio, il controllo dell'insetto può prevedere l'uso di biotecnologie o di prodotti insetticidi biologici e chimici.
"Da un po' di anni stiamo sperimentando con diverse aziende il metodo della confusione sessuale. Al momento non possiamo dire che sia un metodo risolutivo perché in alcuni anni ha funzionato bene e in altri meno, indipendentemente dal dispositivo testato o dalla compagnia che ci ha fornito il prodotto".
Il Bacillus thuringiensis è un prodotto insetticida valido, sia la sottospecie kurstaki che aizawai. Si tratta di un batterio entomopatogeno in grado di portare alla morte dell'insetto dopo ingestione. Lo svantaggio principale del Bacillus thuringiensis è il tempo di efficacia in campo che è molto ristretto: "È un prodotto che è molto efficace ma deve essere utilizzato molto bene e in maniera accurata per questo è importante il monitoraggio con le trappole e le osservazioni sui grappoli, per individuare il momento giusto per il trattamento", spiega il ricercatore Ricciardi.
Per la lotta chimica si fa principalmente riferimento ai principi attivi chlorantraniliprole, emamectina benzoato e tebufenozide. Da etichetta, per quanto riguarda chlorantraniliprole è previsto un massimo di 1 applicazione su uva da vino e 2 su uva da tavola.
La problematica in questo caso è il tempo di carenza lungo visto che le maggiori infestazioni coincidono con le fasi finali della maturazione dell'uva.
"In questo caso si possono creare residui nel mosto. Tutto sta a non ridursi all'ultimo per cercare di limitare i danni. Bisogna lavorare di più in fase di monitoraggio e prevenzione. Inoltre, bisogna fare attenzione al fatto che la presenza di catture basse o alte nelle trappole non ha una stretta correlazione con la presenza effettiva dell'insetto. Molto spesso può accadere che ci sono tante catture ma poi l'insetto non c'è sulle piante o viceversa".
Infine, anche le buone pratiche agricole possono fare la loro parte. Possono essere utili quelle pratiche agronomiche che creano un microclima più sfavorevole all'insetto: "Può servire un po' di potatura verde che nella fascia grappolo crea arieggiamento. Bisogna però essere accorti, con le temperature alte di quest'anno magari si limita il problema dell'insetto ma poi esponiamo i grappoli a scottature e lessature".
Secondo Renato Ricciardi, un'altra cosa che potrebbe essere utile specialmente nei vigneti caratterizzati da grappoli molto grandi e compatti è la riduzione di una parte del grappolo. In fase di accrescimento del grappolo è possibile ridurre o spuntare il grappolo per far si che si abbia un ambiente in futuro meno predisponente e favorevole per l'insetto.
Infine, un'altra pratica utile potrebbe essere la rimozione dei residui dei grappoli dal vigneto: "Raccogliendo i residui dei grappoli da novembre fino a marzo troviamo molte larve o crisalidi svernanti che possono rappresentare un punto di partenza per l'infestazione dell'anno successivo. Quando si fa la potatura secca questi tralci vengono tagliati, c'è chi li accumula nell'interfila e poi li raccoglie all'esterno e li brucia e chi li lascia e poi li trincia. Però trattandosi di insetti molto piccoli non è detto che la trinciatura vada ad eliminarli tutti, la parte della popolazione che riesce a sopravvivere può dar vita ad un volo discreto l'anno successivo".
Residuo di grappolo con larve svernanti
(Fonte: Università di Pisa)
Attenzione anche ai vigneti abbandonati perché possono essere luoghi in cui la C. gnidiella può vivere e riprodursi per poi spostarsi nei vigneti vicini.
Alla ricerca dei nemici naturali
Negli ultimi anni sono stati raccolti diversi nemici naturali, principalmente imenotteri ichneumonidi e braconidi. "Di recente - spiega Renato Ricciardi - abbiamo raccolto una specie di braconide che potrebbe essere importante. Sia in campo che in allevamento ha dato dei tassi di parassitizzazione interessanti che vanno dall'8 al 13% e in alcune prove in laboratorio si è arrivati anche intorno al 30%. Il problema è che è difficile avere in laboratorio un allevamento di Cryptoblabes gnidiella e di conseguenza è difficile anche allevare il parassitoide.
Per noi è risultato difficile allevare la tignola rigata: in tutte le prove che abbiamo fatto sono sorte problematiche che hanno compromesso la realizzazione dell'allevamento. Ogni anno ci riproviamo cercando di migliorare e adesso c'è anche l'idea di usare un ospite di sostituzione alla C. gnidiella per riuscire ad allevare il parassitoide".
In ogni caso la specie presa in considerazione sembra essere la più presente e la più efficace e per adesso è stata trovata solo in Toscana.
Renato Ricciardi così conclude: "Possiamo dire che ci stiamo impegnando su diversi fronti: quello della confusione sessuale, quello della strategia insetticida utilizzando prodotti selettivi come il Bacillus, e sul fronte dei nemici naturali. L'obiettivo è quello di trovare una strategia ottimale magari anche combinando i diversi metodi nell'ottica di una lotta integrata. Quella del parassitoide è una strada ardua e lenta da seguire e al momento i prodotti insetticidi utilizzati correttamente, a prescindere dal principio attivo scelto (chlorantraniliprole, emamectina benzoato e tebufenozide, Bacillus thuringiensis), hanno consentito una soddisfacente gestione dell'insetto. Le altre necessitano di essere studiate ulteriormente prima di poter dire che funzionano tranquillamente".