Prossimamente verrà emanato l'attesissimo e già assai discusso Piano di azione nazionale sull'Uso sostenibile dei prodotti fitosanitari, che ne disciplinerà l'utilizzo alla luce della Direttiva 2009/128/CE e del D. Lgs. 150/2012, emanato in attuazione della stessa.

Attorno al nuovo Pan si è creata grande attesa e, per taluni versi, una certa suspance, essendo il contenuto coperto dal più stretto riserbo.

La riservatezza è tale che nemmeno i produttori sono stati consultati e coinvolti, operazione che, con ogni probabilità, avrebbe potuto portare ad un contenuto più vicino alle esigenze ed alla realtà degli effettivi componenti il comparto.
Nel percorso delineato per l'approvazione e la pubblicazione del Pan, infatti, la consultazione pubblica che prevede, finalmente, il coinvolgimento degli stakeholder è prevista solo nella fase conclusiva dell'iter, prima di sottoporre il Piano al Consiglio tecnico scientifico che ne elaborerà la versione definitiva.

Appare probabile, pertanto, che la consultazione con i portatori d'interesse, per la quale è prevista la durata di un mese, possa apportare ben poche modifiche sostanziali, considerando la fase in cui è prevista.
Difficile allora non chiedersi se non fosse stato il caso di coinvolgere prima agricoltori ed esperti del settore, piuttosto che a "cose fatte".

A questa osservazione si potrebbe rispondere ponendo il discorso sul dato temporale, basandosi sulle strette tempistiche a disposizione per procedere alla pubblicazione ed all'applicazione del Piano in questione.
A ben vedere, però, un tale argomento non sembra reggere; le innovazioni apportate dalle Direttiva, infatti, si conoscono dalla pubblicazione della stessa.
Sembra strano allora che, in ben tre anni, non si sia riusciti ad integrare nel processo di formazione del Pan anche i soggetti produttivi ai quali il Piano è rivolto.

Il malcontento serpeggia tra gli operatori del settore, che lamentano il fatto di dover subire una disciplina, per così dire, “piovuta dall'alto” che, per alcuni versi, non tiene conto di alcuni aspetti pratici come i maggiori costi che i produttori dovranno sostenere, destinati a rendere i prodotti made in Italy meno competitivi sul mercato europeo.

Facendo poi un rapido excursus normativo, vediamo che ormai da tempo ci si dirigeva verso una formulazione della disciplina dell'utilizzo dei prodotti fitosanitari in agricoltura che prevedesse una maggior tutela della salute dell'ambiente e delle persone.

Infatti, già nel sesto programma quadro di azioni comunitarie in materia di ambiente (per gli anni 2002 - 2012) si poneva salute, salubrità e qualità della vita, nonché natura e biodiversità, tra le priorità che richiedevano un intervento comunitario.
Lo stesso concetto veniva poi ribadito dall'art. 7 della Decisione 1600/2002/CE, che menzionava tra gli obiettivi prioritari per l'ambiente il raggiungimento di un uso più sostenibile dei pesticidi nonché una riduzione globale dei rischi e dell'impiego degli stessi.

E' da queste esigenze ed in questo contesto comunitario che, nel 2009, veniva emanata la Direttiva 2009/128/CE sull'uso sostenibile degli agrofarmaci, che prevedeva di essere attuata mediante il ricorso da parte dei singoli Stati ai Piani nazionali “per definire gli obiettivi quantitativi, gli obiettivi, le misure, i tempi e gli indicatori per la riduzione dei rischi e degli impatti dell'utilizzo dei pesticidi sulla salute umana e sull'ambiente e per incoraggiare lo sviluppo e l'introduzione della difesa integrata e di approcci o tecniche alternativi al fine di ridurre la dipendenza dall'utilizzo di pesticidi” (considerando 5 ed art. 4 Dir. 2009/128/CE).

Le Direttive dell'Unione europea sono strumenti normativi che, per essere recepiti dagli Stati membri, necessitano di una previsione normativa ad hoc predisposta dagli Stati stessi.
A differenza dei Regolamenti, le Direttive non sono obbligatorie in tutti i loro elementi in quanto, dettando un sostanziale obbligo di risultato, lasciano spazio all'iniziativa normativa di ogni singolo Stato membro che, nel predisporla, ha un certo margine di autonomia che, però, non è assoluta in quanto deve garantire l'effetto voluto dall'Unione.

Tornando a noi, l'applicazione italiana della direttiva 2009/128/CE si è avuta mediante il D. Lgs. 150/2012.
Pertanto, visti gli ampi margini temporali che, pur esistenti, non sono stati sfruttati dal potere normativo per interfacciarsi con i destinatari del nuovo Piano e viste, soprattutto, le anticipazioni inerenti alcuni dei contenuti del Pan, sembra legittimo chiedersi se non vi sia stata la volontà di escludere la parte produttiva, per rendere più agevole l'introduzione di criteri e contenuti i quali, probabilmente, avrebbero visto la forte opposizione della parte produttiva del comparto agricolo.

L'ipotesi più probabile è che il "taglio" preventivo degli stakeholders, possa legittimamente indurre gli stessi ad affinare le armi giuridiche per dare battaglia direttamente al provvedimento.

 
A cura di Stefano Fiorentino e Cristina Gaia Giurdanella
Studio Legale Fiorentino


 

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