Facendo un rapida ma necessaria parentesi di diritto, ricordiamo che la Direttiva europea è quello strumento normativo adottato dal Parlamento europeo,  congiuntamente con il Consiglio, per perseguire obiettivi di armonizzazione delle normative degli Stati membri in vari settori, con la finalità di assolvere ai compiti previsti dai Trattati: si distingue dal Regolamento per il fatto che quest'ultimo entra in vigore così com'è su tutto il territorio europeo, mentre la Direttiva deve essere recepita dai singoli Stati membri, con eventuale discrezionalità di recepimento pur nei limiti dei "paletti" imposti dall'Europa.

Mentre per quanto riguarda i contenuti fondamentali di tale normativa rimandiamo all’articolo pubblicato su Agronotizie, che ne evidenzia le modifiche salienti apportate dallo stesso rispetto alla precedente normativa, qui ci soffermeremo ad analizzare brevemente i parametri giuridici alla luce dei quali, a nostro parere, andrebbero letti ed interpretati i contenuti di tale previsione di legge.

Le idee base veicolate sotto un profilo giuridico dalla Direttiva (2009/128/CE) sono sostanzialmente tre:
- tutela e salvaguardia della salubrità dell’uomo, inteso come operatore, consumatore ed in tutte le figure professionali facenti parte della filiera;
- tutela e salvaguardia della salubrità dell’ambiente;
- attuazione mirata di un sistema di qualità di produzione integrata.

Sotto quest'ultimo profilo, il Decreto legislativo, infatti, va letto e interpretato anche alla luce della Legge del 3 febbraio 2011, n. 4, nella quale si istituisce il 'Sistema di qualità nazionale di produzione integrata' che si pone come obiettivo quello di garantire una qualità significativamente superiore del prodotto finale (che vada oltre le attuali norme commerciali), assicurando che l’esercizio delle attività agricole e zootecniche vengano esercitate nel rispetto di norme tecniche di produzione integrata la conformità alle quali sarà verificata da organismi terzi accreditati utilizzando uno specifico piano di controllo.

Analizzando le nuove norme con la chiave di lettura sopra evidenziata, capiamo anche il valore estremo dato alla certificazione richiesta in capo agli operatori del settore, intesi sia come rivenditori di fitofarmaci sia come produttori acquirenti degli stessi, i quali dovranno essere muniti di un vero e proprio certificato che li abiliti all’acquisto e all’utilizzo di tali sostanze.
Questo, oltre a garantire la salubrità ad operatori e consumatori, dovrebbe anche ragionevolmente assicurare una scelta maggiormente avveduta e consapevole ab origine delle sostanze utilizzate.

Pertanto riteniamo che sia corretto affermare che il legislatore, europeo prima ed italiano poi, nell’interpretare la Direttiva in un’ottica di maggior rispetto dell’ambiente e dei suoi operatori, compia di fatto un ulteriore passo verso quel cambiamento di mentalità che permea le produzioni normative più recenti del comparto agricolo/agroalimentare.

Ovviamente, il modo migliore per risentire meno dei cambiamenti che, in quanto tali, portano sempre delle difficoltà di adattamento nella fase iniziale, gli operatori del settore dovrebbero sforzarsi di seguire questa nuova 'corrente' (anche perché, comunque, verrebbe loro imposta) rivoluzionando mentalità e modo di lavorare così da rispettare i canoni caratterizzanti di quella che ci piace chiamare la 'nuova agricoltura'.


A cura di Stefano Fiorentino e Cristina Gaia Giurdanella
Studio Legale Fiorentino



 

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Lo Studio Legale Fiorentino, sin dalla sua nascita nel 1999, opera nei principali settori del diritto civile, commerciale e societario, sia in campo giudiziale che stragiudiziale, in ambito nazionale ed internazionale.

Storicamente operante nel settore delle biotecnologie medicali, lo Studio nell’ultimo periodo ha iniziato un percorso regolatorio anche in ambito agri-food ed in particolare nel settore vitivinicolo, regolamentato da una normativa in continua evoluzione e di rilevante interesse giuridico per gli operatori del settore.

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