Una superficie di 300 ettari e 100 aziende interessate. Sono questi i numeri della coltivazione dell'anguria nella provincia di Trapani. Si tratta di un ortaggio che trova il suo ambiente più idoneo nella fascia costiera tra i comuni di Mazara del Vallo, Petrosino e Campobello di Mazara, nelle cosiddette 'terre rosse mediterranee'. Qui il melonicoltore, nel recente passato, si spostava di anno in anno in nuovi appezzamenti di terreno in affitto che non erano stati interessati dalla stessa coltura al fine di evitare i comuni problemi legati alla stanchezza del suolo.
Ma in modo particolare per ovviare ai danni causati dalla tracheomicosi, malattia vascolare (causata dal fungo terricolo Fusarium oxysporum f. sp. Melonis) largamente diffusa negli areali di coltivazione dell'anguria. Ultimamente, sia per la mancanza di disponibilità di terreni in affitto, sia perché molte aziende orticole hanno acquistato terreni e quindi sono divenute stanziali, si è reso necessario trovare dei metodi di lotta efficaci per eliminare i danni causati dal Fusarium. Infatti nel terreno il fungo è capace di resistere in forma latente saprofiticamente per diversi anni e la lotta con coltura in campo, con formulati chimici appropriati come i benzimidazolici, non è consentita. Una delle azioni più efficaci è l'innesto, più adatto a colture in pieno campo rispetto alla solarizzazione o alla fumigazione del terreno che sarebbero troppo onerose e di non totale efficacia nei confronti del fungo.
Ed è per questo che l'assessorato regionale all'Agricoltura ha avviato un progetto per valutare la capacità dei diversi portinnesti prodotti dal mercato vivaistico di indurre resistenza alla pianta di anguria, verificando l'influenza sulla qualità dei frutti e sulla produttività della pianta. I portinnesti più utilizzati in genere sono il Macis (25%), il Sintosa (25%) e l'Rs 841 (15%). Proprio loro, assieme a una decina di altre specie, sono stati i protagonisti dei due campi collaudo di confronto realizzati dall'Unità operativa di Mazara del Vallo. Uno sotto tunnel e l'altro sotto tunnelino, per valutare la risposta agronomica dei portinnesti con differenti epoche di trapianto e con diverse strutture di forzatura.
Risultato: la produttività delle piante innestate è stata superiore rispetto a quelle non innestate. Più precisamente, sotto tunnelino, la cultivar Farao non innestata ha prodotto un frutto per pianta, gli innesti invece hanno registrato una produttività media fino a 3,77 frutti per pianta, con un picco di oltre mille quintali per ettaro. Sotto tunnel si è passati da 3 frutti per pianta a 6, con un picco di 718 quintali per ettaro. Poco male se si pensa che negli ultimi anni la superficie coltivata con piante innestate è notevolmente aumentata e attualmente si stima che interessi circa l'80% degli impianti.
Autore: Maria Luisa Palermo (Uot 77)
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