L'armonizzazione comunitaria dei limiti massimi di residuo degli antiparassitari sulle derrate alimentari, introdotta lo scorso settembre dal regolamento 148/2008/CE ha, tra i suoi numerosi effetti collaterali, eliminato la possibilità di fissare nuovi limiti a livello nazionale, rendendo di fatto più complicata la procedura per estendere gli impieghi di fitofarmaci già autorizzati, con possibili ripercussioni negative per le colture minori. Due sostanze attive hanno tuttavia completato il nuovo iter: vediamo come è andata.

L'azossistrobina ha appena ottenuto l'innalzamento del limite massimo di residui su rapa da 0,05 (limite inferiore di determinazione analitica) a 0,2 mg/kg. Con questo nuovo limite sarà più semplice mettere a punto linee di difesa che prevedono l'utilizzo di questa strobilurina contro, ad esempio, la Rhizoctonia, e ottenere la relativa autorizzazione da parte degli stati membri.

Il fludioxionil ha invece concluso positivamente la pratica di fissazione di una tolleranza all'importazione di melagrane dagli Stati Uniti con residui sino a 3 mg/kg, contro gli 0,05 (limite inferiore di determinazione analitica) precedentemente autorizzati. Ciò ci consentirà di importare tranquillamente dalla California melagrane trattate in post raccolta contro la Botrytis cinerea.

Queste due procedure, condotte proprio su due colture minori, hanno coinvolto il Portogallo e la Danimarca in qualità di stati membri relatori e l'autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha valutato le relazioni da loro preparate, confermando la sicurezza dei nuovi MRL per i consumatori dell'Europa a 27.

L'adozione del provvedimento mediante regolamento (in questo caso è il 256/2009 del 23 marzo scorso) ne assicura l'immediata applicazione a livello di tutti gli stati membri e la relativa regolarizzazione di tutti i nuovi limiti.

L'estensione di etichetta dei formulati che contengono queste sostanze attive non è tuttavia automatica e rimane una procedura nazionale: i titolari delle relative registrazioni dovranno infatti presentare un'apposita domanda corredata di un dossier in cui dovranno dimostrare l'efficacia della nuova pratica agronomica, oltre a confermarne la sicurezza nei confronti dell'uomo e dell'ambiente.

Tutto ciò comporta ancora dei tempi amministrativi spesso lunghi, che possono però essere drasticamente ridotti se le autorità giudicano l'estensione d'impiego indispensabile per la salvaguardia della coltura: le cosiddette “autorizzazioni eccezionali”, che durano 120 giorni, possono essere infatti rilasciate in poche settimane.

Una ulteriore razionalizzazione delle procedure potrà forse essere ottenuta con la valutazione zonale delle domande, prevista dal regolamento che sostituirà la direttiva 91/414 e di cui abbiamo dibattuto in un precedente articolo. Secondo questo nuovo approccio la valutazione delle domande di autorizzazione e/o di estensione potrà essere suddivisa tra i paesi membri di una stessa zona: la nostra è la cosiddetta “Zona C” – Sud ed è composta da Bulgaria, Grecia, Spagna, Francia, Italia, Cipro, Malta e Portogallo. Anzichè presentare la medesima documentazione in ciascuno degli 8 stati della zona, si sceglie uno stato relatore che la valuta e la discute con gli altri: il risparmio di tempo e di risorse sarebbe in teoria notevole, specialmente se si rinuncerà ai nazionalismi per fornire agli agricoltori mezzi tecnici sempre più efficaci e sostenibili in tempi ragionevoli. Qualsiasi riferimento ai nostri cugini d'oltralpe è assolutamente volontario!