Non uno scarto, ma un sottoprodotto. La sansa di olive, la pasta che rimane dopo l'estrazione dell'olio, può rappresentare una fonte di energia se correttamente gestita. Può essere infatti conferita ai biodigestori, dove si trasforma in biogas, usato per la produzione di energia elettrica o biometano. Ma può anche essere valorizzata come mangime, destinazione su cui stanno lavorando diversi gruppi di ricerca.
Viene dalla Tunisia la storia di un imprenditore locale, Yassine Khelifi, che grazie ad un macchinario di sua invenzione trasforma la sansa in pellet con una umidità inferiore al 10%, che poi rivende come combustibile in un Paese fortemente dipendente dalle importazioni di gas e petrolio.
La sansa, insomma, non deve essere considerata uno scarto della produzione dell'olio, ma un sottoprodotto da valorizzare. Ma, come ci spiega Stefano Pasquazi, coordinatore nazionale di Foa Italia - Frantoi Oleari Associati, occorre rispettare una normativa, che è stata recentemente modificata (con il Decreto 7 agosto 2024).
La sansa: una risorsa, se ben gestita
La sansa mantiene un valore economico solo se viene trattata correttamente come sottoprodotto e non come rifiuto. Questo significa rispettare i criteri stabiliti dal Decreto Ministeriale del 13 ottobre 2016: la sansa deve avere un impiego certo, deve essere utilizzabile senza trattamenti industriali aggiuntivi, deve essere integrata in un ciclo produttivo e, in generale, l'utilizzo deve rispettare le normative vigenti.
"Quando anche solo uno di questi requisiti viene meno, la sansa perde lo status di sottoprodotto e diventa un rifiuto", spiega Stefano Pasquazi. "Per questo è essenziale che i frantoi comprendano appieno gli obblighi normativi e adottino una gestione documentale e operativa conforme, anche in funzione della destinazione d'uso prescelta".
Dalla sansa è possibile ottenere olio di sansa grezzo (a uso alimentare o industriale), pellet energetico, insilati per l'alimentazione zootecnica e, naturalmente, biogas e biometano. Alcune di queste filiere, però, richiedono un trattamento ulteriore (ad esempio l'essiccazione o la disidratazione), mentre altre, come il conferimento diretto agli impianti di biogas, sono compatibili con l'utilizzo tal quale.
La certificazione di sostenibilità
Per i frantoi che intendono conferire la sansa agli impianti di biogas, la principale novità introdotta dal Decreto del 7 agosto 2024 riguarda l'obbligo di aderire a una certificazione di sostenibilità, condizione indispensabile per accedere agli incentivi riconosciuti alla produzione di biometano e di energia da fonti rinnovabili.
"Non è necessario che il frantoio certifichi autonomamente la propria attività", chiarisce Pasquazi. "La normativa introduce la figura della certificazione di gruppo: è l'impianto di biogas che funge da coordinatore, e il frantoio vi aderisce tramite un contratto".
L'adesione comporta alcuni obblighi precisi. Per ogni lotto di sansa ceduto è richiesta una dichiarazione di sostenibilità, fornita su un modello predefinito dal coordinatore del gruppo. A fine anno, il frantoio deve inoltre produrre una autodichiarazione annuale che certifichi la coerenza tra olive lavorate e sansa conferita.
La tracciabilità è un punto centrale. "Tutti i documenti di trasporto e le fatture devono essere conservati per almeno cinque anni", ricorda Stefano Pasquazi. "Per fortuna, con l'obbligo del Registro Telematico, i frantoi sono già in buona parte attrezzati per adempiere a queste richieste".
Il nodo della sentenza del Consiglio di Stato
Ad alimentare dubbi e incertezze ha contribuito anche una recente sentenza del Consiglio di Stato, che ha stabilito l'esclusione della sansa umida dalla produzione di biometano avanzato destinato al settore dei trasporti, filiera che beneficia del cosiddetto doppio incentivo.
La ratio della sentenza si fonda sul principio europeo del Food First, secondo cui l'uso alimentare dei sottoprodotti deve avere priorità su quello energetico. Tuttavia, come sottolinea Foa Italia - Frantoi Oleari Associati, questa pronuncia non riduce il valore della sansa, che può continuare a essere conferita agli impianti di biogas per la produzione di energia elettrica o biometano per usi diversi dai trasporti.
"È importante non ingenerare confusione: il valore di mercato della sansa resta elevato, e non vi sono motivazioni oggettive per rivedere al ribasso le offerte di acquisto da parte degli impianti", puntualizza Pasquazi. Anzi, in molte aree del Paese, come Sardegna, Liguria e in generale in tutto Nord Italia, l'assenza di sansifici rende l'utilizzo energetico l'unica opzione concreta.
Come sottolinea Pasquazi, Foa Italia - Frantoi Oleari Associati è impegnata su più fronti per aiutare i frantoi ad affrontare questo nuovo scenario. Dalla definizione condivisa dei contratti di cessione fino alla creazione di filiere integrate, in grado di garantire tracciabilità, efficienza economica e rispetto della normativa.
"Stiamo lavorando per diversificare gli usi della sansa, spingendo sulla possibilità di utilizzarla anche ad uso foraggero e nella filiera della mangimistica, dove già esistono esperienze pilota supportate da studi del Crea e dell'Università degli Studi di Perugia", conclude Stefano Pasquazi.































