I risultati di una campagna di trasformazione del pomodoro particolarmente lunga e complessa e una serie di criticità che pesano negativamente sull'efficienza e sulla redditività: dalla gestione della governance di filiera fino all'avvento sui mercati internazionali di Paesi competitor che, pur non riguardando il mercato domestico, rischia di sottrarre quote di mercato al nostro export.

 

Sono questi alcuni dei principali temi affrontati durante l'Assemblea pubblica di Anicav, l'associazione tra gli industriali delle conserve alimentari vegetali di Confindustria, tenutasi a Napoli nel corso della tredicesima edizione de "Il Filo Rosso del Pomodoro" a cui hanno partecipato rappresentanti delle istituzioni, i principali player del comparto della trasformazione e dell'intera filiera del pomodoro, dal comparto agricolo al packaging.

 

Quasi negli stessi giorni a Parma si è tenuta l'Assemblea dell'Organismo Interprofessionale Pomodoro da Industria Nord Italia, da dove il presidente Giuseppe Romanini ha rilanciato: "il risultato più importante è lo spirito di collaborazione e l'impegno concreto che ho riscontrato da parte di tutti, nella convinzione che lavorare insieme sia l'unica strada per continuare a crescere e migliorare".

 

Il dibattito lanciato dall'Anicav

A Napoli il dibattito è scaturito dalla presentazione dello studio condotto da The European House - Ambrosetti, per conto di Anicav, dal titolo: "Disegnare il futuro: sfide e opportunità per la filiera del pomodoro", e dalle considerazioni fatte dal ministro dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida, che ha definito la filiera del pomodoro da industria come un "pilastro dell'agroalimentare Italiano".

 

"La nostra annuale assemblea pubblica è l'occasione ideale per riflettere, insieme alle Istituzioni e a tutti gli attori coinvolti nella filiera del pomodoro da industria, sugli scenari attuali, sulle criticità a cui dobbiamo far fronte e sulle strategie da mettere in atto per guardare al futuro con fiducia" ha dichiarato il presidente di Anicav, Marco Serafini "Il primato di assoluta qualità che i nostri prodotti made in Italy hanno conquistato nel corso dei decenni resta saldo; tuttavia, è necessario soffermarsi con attenzione sui cambiamenti in corso, in particolare sull'ingresso di nuovi Paesi produttori che, pur non potendo garantire lo stesso livello qualitativo, puntano sulla leva del prezzo e rischiano di sottrarci quote di mercato importanti".

 

Per il presidente Anicav "Nel lungo periodo questa situazione potrebbe creare difficoltà, anche considerando che il nostro comparto è da sempre fortemente orientato all'export. Per prevenire questi rischi sarà quindi indispensabile rendere più efficiente l'intera filiera, così da ridurre i costi senza intaccare la qualità, intervenendo su alcuni temi specifici".

 

Il presidente Serafini poi propone alcuni esempi pratici: "Penso, ad esempio, alla corretta gestione delle risorse idriche, ambito sul quale il Masaf ha annunciato proprio in questi giorni importanti interventi, dando ascolto alle nostre richieste; al divieto da parte dell'Ue di utilizzare alcuni agrofarmaci e fertilizzanti, che incide negativamente sulle rese agricole e ci pone in una posizione di svantaggio rispetto a Paesi che non sono soggetti alle stesse limitazioni; e, ancora, al forte impatto del sistema Ets, che impone standard su emissioni e consumi senza eguali nel mondo, senza tenere adeguatamente conto della stagionalità del nostro lavoro. Sono questioni complesse, sulle quali dobbiamo confrontarci insieme per individuare soluzioni concrete".

 

"Uno dei temi centrali del dibattito è sicuramente quello della governance della filiera e della necessità di migliorare la relazione tra parte agricola e parte industriale - ha affermato il direttore generale di Anicav, Giovanni De Angelis -. Serve quindi un dialogo più costruttivo, mettendo al centro del processo di rinnovamento l'interprofessione, che va però ripensata nel suo perimetro di competenze e nel modello operativo, in particolare nel bacino Centro Sud. In questo scenario complesso, gli accordi quadro restano lo strumento imprescindibile e centrale per una corretta programmazione. Solo così possiamo pensare di contrastare l'evidente calo delle rese agricole e l'aumento dei costi di produzione, per poi puntare a distribuire in maniera più equilibrata il valore lungo tutta la filiera, garantendone la competitività. Noi siamo pronti a fare la nostra parte, soprattutto se consideriamo che il prezzo pagato in Italia dall'industria di trasformazione agli agricoltori per la materia prima è da sempre il più alto al mondo".

 

Durante il dibattito sono emerse le criticità della filiera del pomodoro che possono essere divise tra interne ed esterne al comparto.

 

Criticità da fattori interni

Governance di filiera: la filiera sconta ancora una governance non pienamente efficace, con un dialogo spesso faticoso tra parte agricola e industriale. L'interprofessione fatica a esprimere tutto il suo potenziale e la presenza di Op piccole e frammentate, soprattutto nel bacino Centro Sud (se ne contano 32, rispetto alle 12 Op del Nord), limita la capacità di programmazione e di concentrazione dell'offerta, indebolendo il potere negoziale complessivo del sistema.

 

Prezzo della materia prima e tensioni lungo la filiera: il pomodoro destinato alla trasformazione viene pagato dall'industria agli agricoltori italiani ad un prezzo che si conferma quello più alto al mondo, a fronte di forti oscillazioni e dinamiche talvolta speculative. Questo genera tensioni lungo la filiera, con il rischio di compromettere la competitività dell'industria, in particolare nel Mezzogiorno, dove i margini sono strutturalmente più ridotti. Nello specifico, il costo del pomodoro è cresciuto del +50% negli ultimi quattro anni, con picchi del +67% al Sud.

 

Tessuto industriale frammentato nel bacino produttivo del Sud: molti stabilimenti sono dimensionati sulle esigenze del mondo agricolo più che sulle logiche industriali, con una capacità produttiva frammentata e difficoltà a sfruttare appieno le economie di scala. Ciò pesa su chi deve confrontarsi con una Gdo che esercita una pressione sempre maggiore nei confronti dei propri fornitori.

 

Criticità da fattori esterni

Quadro regolatorio: le imprese devono operare in un contesto normativo europeo stringente su agrofarmaci e fertilizzanti. La mancanza di alternative rischia di ampliare il divario competitivo rispetto ai Paesi che non sono soggetti agli stessi vincoli e che possono produrre a costi inferiori. Inoltre, è utile ricordare che più dell'80% della produzione agricola di pomodoro andrebbe perso senza una adeguata protezione delle colture. Anche sulla questione delle emissioni, il sistema Ets ha innalzato l'obiettivo di riduzione, generando un impatto economico negativo su un settore caratterizzato da una forte stagionalità. Quello del pomodoro trasformato è l'unico comparto agroalimentare italiano a rientrare in questi obblighi.

 

Emergenza idrica e carenze infrastrutturali: il cambiamento climatico espone il settore a eventi estremi e disomogenei tra Nord e Sud, mentre le infrastrutture idriche risultano ancora incomplete o in ritardo, come nel caso di dighe e collegamenti strategici. Questa situazione si traduce in incertezze sulla disponibilità d'acqua, con impatti diretti su rese, quantità e qualità delle produzioni agricole. A fronte di questo va ricordato il recente impegno del Masaf a investire per creare un'opera infrastrutturale di collegamento tra la diga di Occhito, in provincia di Foggia, e quella del Liscione, in provincia di Campobasso.

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Concorrenza internazionale, dazi e divario di costo: la crescente competizione di Paesi europei ed extra Ue che producono a costi molto inferiori e che si trovano a gestire surplus produttivi destinati all'export (come nel recente caso della Cina), si accompagna alla questione dazi negli Usa. Questa combinazione mette a rischio le quote di mercato dei trasformatori italiani.

 

Il settore in numeri

La campagna di trasformazione del pomodoro 2025 in Italia si è chiusa con una produzione di circa 5,8 milioni di tonnellate, in leggero aumento rispetto al 2024, ma comunque inferiore (-10% circa) al programmato. l'Italia ritorna ad essere il secondo Paese trasformatore di pomodoro a livello mondiale dopo gli Stati Uniti e prima della Cina che, dopo l'exploit degli scorsi anni, ha ridotto drasticamente le produzioni alla luce delle difficoltà legate principalmente al mantenimento delle quote di mercato estero. Il nostro Paese rappresenta il 14,4% della produzione mondiale e il 53,8% del trasformato europeo.

 

L'Italia si conferma saldamente il primo Paese produttore ed esportatore di derivati del pomodoro destinati direttamente al consumatore finale. Nel 2024 i mercati esteri hanno fatto registrare segnali positivi sia in volume (+6,5%) che in valore (+3,8%). Nel primo semestre del 2025, di contro, si rileva, rispetto al primo semestre 2024, una riduzione dell'export in volume (-3,6%) e in valore (-10,7%), legata quasi certamente all'incertezza causata dalla vicenda dazi Usa: fino al 2024 il comparto subiva una tassazione per l'esportazione in Usa tra il 6 e il 12% a seconda dei formati e delle referenze, ora si è passati al 15% per tutti i prodotti.

L'Europa, con la Germania in testa, si conferma, ancora una volta, il principale mercato di sbocco dei nostri derivati. Quote significative sono rappresentate dal Regno Unito, dagli Stati Uniti, dal Giappone e dall'Australia.

 

Analizzando i dati di consumo interni, nel canale retail, nel primo semestre 2025 si registra una sostanziale stagnazione dei consumi rispetto allo scorso anno, con una lieve contrazione delle quote di mercato sia in termini di volume (-0,4%) che di valore (-0,5%). La flessione maggiore ha riguardato la polpa e il pelato intero.

La passata continua ad essere il prodotto più venduto, rappresentando il 63,4% del mercato dei derivati. A seguire troviamo la polpa (20,4%), i pomodori pelati (10,9%), i pomodorini (3,8%) e il concentrato (1,7%). Stabile il canale del "fuori casa" che rappresenta la maggior parte (il 67%) del volume totale di derivati del pomodoro consumati in Italia (circa 2,1 milioni di tonnellate).

 

Oi Pomodoro del Nord pronta a sostenere la filiera nel 2026

L'Oi Pomodoro da Industria Nord Italia, l'organizzazione interprofessionale che associa il 100% delle Organizzazioni dei Produttori (Op) e delle industrie di trasformazione del pomodoro del Bacino Nord, il più grande distretto europeo per la produzione e la lavorazione del pomodoro da industria, si prepara alla campagna 2026. Archiviata quella del 2025, conclusa con 3.121.617 tonnellate di prodotto raccolto e lavorato (-13% rispetto al quantitativo contrattato) e una resa media di 69,3 tonnellate/ettaro, inferiore al valore storico quinquennale di 73,2 tonnellate/ettaro ma di ottima qualità (grado Brix pari a 5), la filiera guarda alla prossima stagione con senso di responsabilità.

 

Le criticità degli ultimi anni - dalle alluvioni del 2023 alla bassa produzione del 2024, fino alle basse rese del 2025, determinate dal cambiamento climatico in atto - richiedono approfondite analisi ma, soprattutto, una attenta e condivisa pianificazione. Con questo intento, nel corso dell'Assemblea dei soci dell'Oi, tenutasi il 26 novembre scorso a Parma, sono state approvate le ultime modifiche allo Statuto e aggiornate le Regole Condivise, frutto di un ampio lavoro di confronto e condivisione con tutti gli associati.

 

Le Regole Condivise - che promuovono il rispetto degli impegni contrattuali e le relative attività dell'Organizzazione Interprofessionale - sono uno strumento cardine per una corretta, leale e trasparente attività della filiera e rappresentano un elemento di garanzia per tutti gli operatori di un distretto, come quello del pomodoro da industria del Nord Italia, riconosciuto a livello internazionale per efficienza, organizzazione e affidabilità.

 

Le modifiche sono state approvate in un clima di collaborazione e rinnovata fiducia, nella convinzione che un lavoro congiunto e una governance condivisa siano condizioni imprescindibili per affrontare in modo efficace le sfide che attendono il comparto.

 

La collaborazione sarà elemento fondamentale anche nella prima fase della campagna 2026, in particolare nel supporto dell'Oi alla filiera per la programmazione produttiva. Nelle Regole Condivise è stata introdotta la raccolta di nuovi dati dai soci come quelli degli stock di prodotto finito, rapportato, quantitativamente, alla materia prima equivalente, utile a costruire una efficace programmazione a partire dal fabbisogno di materia prima da parte dei trasformatori e, di conseguenza, delle superfici da mettere in coltivazione da parte degli agricoltori. Informazioni su scorte, andamento del mercato interno ed evoluzione dei mercati internazionali devono costituire la base del confronto per decisioni puntuali e tempestive.

 

Nel corso dell'Assemblea è stato inoltre approvato il Programma Triennale delle Attività dell'Oi, che rafforza le iniziative già avviate negli scorsi anni e definisce le linee di sviluppo con l'obiettivo di accompagnare la filiera in un contesto competitivo sempre più complesso.

 

Tra queste, meritano di essere citate quelle riferite alla attività di lobby istituzionale (reciprocità negli scambi commerciali, approvazione delle Tecniche di Evoluzione Assistita nella ricerca varietale, impiego di agrofarmaci efficaci, disponibilità di risorsa idrica, definizione della Pac 2028-2034), lo sviluppo di una piattaforma digitale di scambio dei dati all'interno della filiera, l'utilizzo dei dati storici di produzione per modelli di gestione del rischio a fini assicurativi, la redazione di un Bilancio di Sostenibilità della filiera territoriale quale somma delle attività di Op e imprese di trasformazione in tema di sostenibilità ambientale.

 

"La revisione dello Statuto, l'aggiornamento delle Regole Condivise e la definizione del Programma Triennale sono obiettivi raggiunti - ha dichiarato Giuseppe Romanini, presidente dell'Oi Pomodoro da Industria Nord Italia - ma il risultato più importante è lo spirito di collaborazione e l'impegno concreto che ho riscontrato da parte di tutti, nella convinzione che lavorare insieme sia l'unica strada per continuare a crescere e migliorare".