Non accenna a fermarsi la caduta del prezzo del latte.

Le ultime quotazioni del latte spot, quello venduto fuori contratto, si sono fermate intorno ai 48 euro al quintale.

Un anno fa, in questo stesso periodo, i prezzi erano più alti di circa il 35% e superavano i 68 euro al quintale.

Sembra del tutto fuori controllo questo mercato lattiero caseario, vittima di un eccesso della produzione e non solo.

 

Accade in Italia, ma anche negli altri Paesi europei, dove analogamente si assiste a un crollo delle quotazioni, persino più accentuato.

È il caso delle provenienze francesi che non raggiungono quota 37 euro per quintale, così pure per quelle tedesche che a malapena superano i 38 euro al quintale.

Gli allevatori sono così costretti a produrre in perdita e qualche margine resta soltanto a chi ha la fortuna di produrre per i grandi formaggi a Denominazione di Origine, al momento fuori da questa debacle del mercato.

 

Alla ricerca di un equilibrio

Uscire da questa spirale di continui ribassi non è cosa semplice. Ancora lontano un accordo di filiera che veda i protagonisti di questo settore impegnati nel raggiungere un equilibrio soddisfacente per tutti. Dagli allevatori sino alla grande distribuzione organizzata.

Ma occorre sedersi attorno a un tavolo per delineare strategie comuni e cercare i compromessi capaci di garantire un'equa distribuzione del valore lungo la catena produttiva.

 

È quanto si è ripromesso il Ministero per l'Agricoltura, guidato da Francesco Lollobrigida, che ha aperto un Tavolo del Latte attorno al quale si sono già incontrate alcune rappresentanze del settore.

Siamo solo alle prime battute, ma già si intravedono proposte sui possibili scenari futuri.

Alcune condivisibili, altre non prive di qualche criticità.


Le proposte

Da Copagri, per voce del suo presidente Tommaso Battista, "la risposta alle cicliche e ataviche difficoltà del comparto non può che partire dalla programmazione e dalla periodica e frequente convocazione del Tavolo Latte, le cui attività, prima di oggi, erano ferme a marzo 2022".

Un contesto istituzionale dal quale monitorare il mercato e prevenire effetti distorsivi.

Una partita che dal piano nazionale deve spostarsi su quello comunitario, proponendo a Bruxelles un programma per la riduzione volontaria della produzione.

Minore produzione compensata però da un "premio" e penalità per chi insiste a produrre di più anche di fronte a una situazione di eccedenze.

 

Del governo del mercato del latte dovrebbe farsi carico Bruxelles, rilanciando l'Ocm Latte, Organizzazione Comune di Mercato, mentre si interviene sul mercato interno aggregando l'offerta, consolidando il ruolo delle Op, Organizzazioni di Produttori, e rafforzando la programmazione.

 

Il tutto affiancato da campagne di promozione al consumo di latte e strumenti di gestione delle eccedenze.

Questa è in estrema sintesi la "ricetta" proposta da Cia, che prevede inoltre la difesa del prezzo e il rispetto degli accordi contrattuali fra allevatori e industrie del settore.

"Il settore lattiero caseario è in un momento decisivo - commenta il presidente di Cia, Cristiano Fini - e serve un'assunzione di responsabilità da parte di tutta la filiera e risposte concrete da subito".

 

Un doppio prezzo del latte è quello proposto da Confcooperative Fedagripesca. Da una parte un prezzo indicizzato per determinate quantità e dall'altra un prezzo che penalizzi le produzioni in esubero.

"Una soluzione flessibile - spiega il presidente del settore lattiero caseario di Confcooperative Giovanni Guarneri - che consentirebbe una formazione del prezzo strettamente collegata al fabbisogno produttivo interno".

E poi un vincolo all'aumento del numero di capi in azienda.

Le eccedenze potrebbero trovare sbocco negli aiuti agli indigenti, mentre si auspica che Bruxelles favorisca un riequilibrio con il ritiro dal mercato delle polveri di latte.

 

Qualche criticità

Alcune di queste proposte sembrano ammiccare al regime delle quote latte. Nessuna multa, ma prezzi più bassi per chi preme l'acceleratore. Una strada già percorsa, come pure quella degli "ammassi" di latte in polvere. Le conseguenze sono note.

Meglio gli incentivi a ridurre la produzione. Qualche risultato in passato lo hanno dato.

 

A ridurre il numero di bovini in produzione già ci pensa il mercato.

Uno sguardo all'Anagrafe Zootecnica ci dice che negli ultimi dieci anni hanno chiuso i battenti più di 54mila stalle dove si allevano bovini.

Non va meglio per il numero di capi. Dal 2015 a oggi si contano quasi 250mila bovini in meno. E di questi circa 60mila sono vacche.

Un'emorragia che non va incentivata ma al contrario fermata. Un risultato che solo la stabilità di mercato può consentire.